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Intervista a Claudio Longhi, professore, regista e direttore del Progetto Carissimi Padri

Claudio Longhi è professore presso il Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna e direttore del progetto Carissimi Padri della Fondazione ERT.

Di Mara Fantinati

Pubblicato il 24 Mar. 2016

La Redazione di State of Mind ha intervistato il Professore e Regista Claudio Longhi, direttore del Progetto ‘Carissimi Padri’ promosso da Emilia Romagna Teatro Fondazione ERT.

Claudio Longhi è professore ordinario all’Università di Bologna, Dipartimento delle Arti, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Discipline della Musica e del Teatro. Dopo il Progetto ‘Il Ratto d’Europa’ (2012-2013) sta portando avanti il Progetto ‘Carissimi Padri’, pensato in occasione del centenario della Grande Guerra e della morte di Renato Serra.

Il Progetto è iniziato a Modena nel 2014, proseguito a Cesena e ora sta facendo tappa a Firenze. Attraverso numerose iniziative si sta sviluppando un’esperienza di Teatro Partecipato/ante, che permette alla popolazione di conoscere da vicino le premesse storiche e di riflettere sugli effetti traumatici della guerra. Un progetto di divulgazione di cultura e di riscoperta del teatro come luogo in cui la città si incontra.

 

1. Il Progetto indaga gli anni che portarono l’Europa a una guerra, con conseguenze drammatiche in tutto il mondo. Perché il titolo ‘Carissimi Padri’?

Il titolo è tratto dalla citazione alla Lettera al padre di Kafka, testo steso nel 1919, in cui l’autore critica aspramente, partendo dal suo caso, quella generazione di padri che, di fatto, cento anni fa mandarono in guerra i propri figli con grande leggerezza e incoscienza. Furono così dei padri ‘Carissimi’, amati e temuti alla follia da quei figli; nonché dei padri effettivamente costosi, vuoi per le vite sacrificate al conflitto vuoi per l’impatto economico devastante che la Grande Guerra ebbe sull’Europa.

2. Il Progetto si sviluppa raccogliendo diverse testimonianze dell’epoca e dislocando in diverse parti della città gli incontri aperti al pubblico. Perché questa scelta?

Sia ERT e il Teatro della Toscana che hanno prodotto il progetto sia io e il gruppo di lavoro di Carissimi Padri siamo convinti dalla funzione del teatro come crocevia della città: luogo d’incontro per riflettere sul futuro che ci aspetta. Il progetto nasce dal desiderio di rimettere la comunità al centro della pratica scenica, ma per fare ciò il teatro deve anzitutto dislocarsi nella città, ovvero uscire dai suoi spazi, per ritornare infine ad essere il luogo in cui far confluire il tutto: il progetto così si sviluppa in diverse parti della città, che si ritrovano successivamente in teatro.

 

3. Gli attori che Lei guida (Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele dell’Utri, Simone Francia, Lino Guanciale, Diana Menea, Eugenio Papalia, Simone Tangolo e la fisarmonicista Olimpia Greco) coinvolgono la città: sono presenti in laboratori teatrali scolastici, dalle elementari alle superiori, all’interno di comunità psichiatriche, nei carceri, tra i mercati e le biblioteche. Un forte impegno alla divulgazione di un contenuto storico complesso. Come si è sviluppata questa idea?

L’idea è maturata nel tempo, attraverso diverse esperienze. Come assistente di Luca Ronconi mi sono occupato del ‘Pasticciaccio’ (ndr riscrittura drammaturgica di ‘Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana’ di Gadda), che ha accresciuto la mia sensibilità al tema dell’educazione al pubblico; oggi gli attori con cui lavoro hanno la medesima sensibilità. Un passaggio importante è stato poi il progetto ‘Il Ratto d’Europa’, costruito sempre con ERT, in occasione del quale sono iniziate le diverse esperienze che proseguono con Carissimi Padri, accomunate dall’idea che lo spettatore sia il depositario di un lavoro complesso, quello della decodifica del linguaggio teatrale. Questi progetti nascono dunque dal desiderio di far recuperare l’abitudine al linguaggio teatrale, importantissima ma persa negli anni.

 

4. Al Teatro Storchi di Modena e al Teatro Bonci di Cesena sono andati in scena gli spettacoli del progetto, con il coinvolgimento di partecipanti non professionisti, di ogni età e anche con nessuna esperienza teatrale. Questi atelier teatrali permettono l’incontro di persone e la riflessione su tematiche passate (e presenti!) come nel teatro greco. Ci può dire qualcosa in merito?

Sicuramente gli atelier (ovvero quegli spettacoli che facciamo coinvolgendo direttamente i cittadini in scena) hanno come riferimento il teatro greco: a misura della città e volto a uno scopo culturale, prima che estetico. Mi sta a cuore l’idea di uno spettacolo che accenda i pensieri, prima che esser bello. Come affermava Ronconi “il teatro è una forma di conoscenza che matura con l’esperienza”.

 

5. La rappresentazione teatrale è spesso stata considerata un’esperienza di catarsi o di sublimazione dell’esperire umano. Oltre a ciò, in passato, era l’unica occasione di divulgazione e discussione di idee. A mio parere, il Progetto Carissimi Padri mostra che il teatro può tornare ad avere anche queste funzioni, crede sia possibile riscoprirlo oggi in questi termini, considerando il successo catalizzante evidente tra i partecipanti?

Direi di sì. L’unica parola che mi vede perplesso è ‘catarsi’, perché è da capire bene cosa intendessero i greci per ‘catarsi’. Mi trovo più vicino alle opinioni di Brecht e Sanguineti. Penserei piuttosto al teatro come a un luogo di messa in evidenza, diciamo di espressione: un’emozione fortissima che nasca però dal ragionamento. È importante che emerga il potenziale riflessivo del teatro, senza tralasciare l’importanza del resto.

 

6. L’esperienza di questo Progetto verrà presto replicata anche in Toscana, al Teatro Niccolini di Firenze. Spero che la divulgazione culturale, attraverso la partecipazione attiva e divertita della popolazione (nonostante l’argomento), possa procedere su tutta Italia. Crede sia possibile?

Credo che operazioni di questo genere siano necessarie. Credo ci sia la necessità di ricostruire la relazione col pubblico, di radicare il teatro nel territorio e restituirlo alla comunità. Credo ci sia bisogno di questo.

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Mara Fantinati
Mara Fantinati

Psicoterapeuta Sessuologo Cognitivo-Comportamentale, Studi Cognitivi, Modena

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