La terapia metacognitiva si focalizza sui fattori che contribuiscono allo sviluppo del disturbo, tra cui le credenze negative riguardo la pericolosità e l’ incontrollabilità del rimuginio, le credenze metacognitive positive riguardo il rimuginio come modalità di coping efficace e alcuni aspetti comportamentali quali i tentativi di evitare il rimuginio e di controllo dei propri pensieri.
Che cosa e’ il disturbo d’ansia generalizzato
Il disturbo d’ansia generalizzato (in inglese Generalized Anxiety Disorder – GAD) è un disturbo psicopatologico caratterizzato da ansia eccessiva (sia in termini di intensità che di frequenza), preoccupazioni e rimuginio percepito dal soggetto come incontrollabile e dilagante (APA, 2000) e presente per almeno sei mesi. Per diagnosticare il disturbo devono essere presenti anche altri sintomi (almeno tre): difficoltà di concentrazione, insonnia, irritabilità e irrequietezza e generalmente una serie di sintomi fisici tra cui ad esempio facile affaticabilità, mal di testa, tensione muscolare, nausea, etc.
I sintomi possono oscillare – in termini di miglioramento o peggioramento – nei diversi periodi della vita della persona. Nel momento in cui la sintomatologia è medio-lieve il paziente con disturbo d’ansia generalizzato può avere un buon funzionamento sociale e lavorativo, mentre in altri casi gli evitamenti ansiosi e il rimuginio eccessivo possono compromettere la qualità della vita del soggetto (Lieb et al., 2005; Wittchen, 2002). Nei casi in cui il disturbo non venga trattato e si cristallizzi in modo cronico e grave la prognosi è negativa, nel senso che secondo alcuni studi (Kessler, 2002; Ballenger et al., 2001) il disturbo d’ansia generalizzato cronico e non trattato sarebbe un predittore dell’insorgenza del disturbo depressivo maggiore e di un peggioramento della sintomatologia fisica cronica connessa all’ansia.
La concettualizzazione metacognitiva del disturbo d’ansia generalizzato
I modelli più recenti nell’ambito della psicoterapia cognitiva enfatizzano l’evitamento degli stati affettivi interni nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo d’ansia generalizzato. Il modello metacognitivo (Wells, 1995) presuppone che alcuni processi cognitivi disfunzionali giochino un ruolo chiave in questo disturbo. In particolare, secondo il modello di Wells vi sarebbero delle credenze negative e maladittive (potremmo dire secondarie) riguardanti il rimuginio stesso e definibili come “metarimuginio” o “rimuginare sul proprio rimuginio” (ad esempio “Se non smetto di rimuginare e di preoccuparmi impazzirò”). Queste metacognizioni negative iniziano ad insinuarsi quando il rimuginio diventa inflessibile, rigido e persistente: i pazienti iniziano a preoccuparsi del fatto che sono spesso preoccupati e rimuginanti. Di conseguenza ciò innesca ulteriore ansia generalizzata e rimuginio, esitando in ultima analisi in alcune strategie di regolazione mentale controproducenti quali ad esempio i tentativi di soppressione dei pensieri e di evitamento. L’utilizzo di queste strategie è controproducente poichè rinforza le metacognizioni negative sul rimuginio, preclude la disconferma di esse, diminuendo la percezione di autoefficacia del paziente nel regolare i propri stati interni (Wells, 2005) e aumentando la quota di ansia esperita.
Il trattamento del disturbo d’ansia generalizzato: terapia metacognitiva (TMC) e terapia focalizzata sull’intolleranza dell’incertezza (IUT) a confronto
Un trial controllato olandese (van der Heiden, Muris & van der Molen, 2012) si è posto l’obiettivo di confrontare l’efficacia del modello della terapia metacognitiva (MCT) e del modello dell’intolleranza dell’incertezza (IUT) nel trattamento del disturbo d’ansia generalizzato. Lo studio ha coinvolto 126 soggetti con diagnosi di disturbo d’ansia generalizzato. I soggetti sono stati randomicamente assegnati a tre tipologie di trattamento ambulatoriale della durata di 14 sedute: terapia metacognitiva, terapia focalizzata sull’intolleranza dell’incertezza e condizione di assenza di trattamento (pazienti in lista d’attesa). Un aspetto rilevante di questo studio è che è stato condotto da un gruppo indipendente rispetto a coloro che hanno sviluppato i due approcci terapeutici a confronto.
La terapia metacognitiva si focalizza sui fattori che contribuiscono allo sviluppo del disturbo, tra cui le credenze negative riguardo la pericolosità e l’ incontrollabilità del rimuginio, le credenze metacognitive positive riguardo il rimuginio come modalità di coping efficace e alcuni aspetti comportamentali quali i tentativi di evitare il rimuginio e di controllo dei propri pensieri. Quindi non si trattano i contenuti dell’ansia e del rimuginio di per sè ma le proprie credenze sul rimuginio e sui propri stati interni. Le tecniche spaziano dalla ristrutturazione cognitiva verbale alla detached mindfulness, a esperimenti comportamentali sulle funzioni del rimuginio e su modalità alternative di gestione del rimuginio.
La terapia focalizzata sull’intolleranza dell’ incertezza interviene invece sulla diminuzione dell’ansia e del rimuginio aiutando i pazienti a migliorare la capacità di tollerare, affrontare e accettare l’inevitabile incertezza insista nella quotidianità (Dugas & Robichaud, 2007). Le strategie e le tecniche utilizzate includono ad esempio i training di consapevolezza dei propri stati ansiosi, le esposizioni in vivo e immaginative, le ristrutturazioni cognitive delle credenze irrazionali e gli esercizi di problem-solving.
Per la valutazione dell’efficacia dei diversi protocolli di trattamento sono state impiegati il Penn State Worry Questionnaire (PSWQ) e lo State Trait Anxiety Inventory (STAI-T).
Nella fase post-assessment e nel follow up (a sei mesi dal termine delle terapie) si sono registrati sostanziali miglioramenti in entrambe le condizioni di trattamento (terapia metacognitiva e terapia dell’intolleranza dell’incertezza) in tutte le variabili di outcome considerate. Cio’ significa che entrambi i protocolli hanno favorito un significativo e notevole miglioramento della sintomatologia del disturbo d’ansia generalizzato. Addirittura al termine della terapia il 91% dei pazienti trattati con terapia metacognitiva e l’80% dei pazienti sottoposti a terapia focalizzata sull’intolleranza all’incertezza non soddisfacevano più i criteri per la diagnosi di DAG nella fase di post-assessment.
Inoltre nel confronto tra le condizioni di terapia metacognitiva e terapia focalizzata sull’intolleranza all’incertezza i risultati indicano che la terapia metacognitiva avrebbe risultati anche migliori in termini di efficacia clinica, dimostrati da indici di effect size più elevati rispetto alla terapia sull’intolleranza all’incertezza sia nel post-assessment che nel follow-up.