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Vite senza immaginazione: cosa sono?

Si tratta di una incapacità di immaginare intenzionalmente qualcosa a causa di un'alterazione funzionale di una o più aree cerebrali

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 14 Set. 2015

Vite senza immaginazione: questo è il titolo di un contributo che dedica attenzione a quelle persone che hanno difficoltà proprio nel visualizzare con l’occhio della mente diversi aspetti dell’esperienza: dall’immaginarsi qualcosa a partire da una lettura, da un racconto o dai propri ricordi. 

Il professor Zeman ha rivisitato il fenomeno approfondito Francis Galton alla fine dell’800 secondo cui si stimava che circa il 2,5% della popolazione potesse essere affetto da questo deficit; ad oggi anche a livello epidemiologico questo fenomeno risulta ancora scarsamente esplorato e non possiamo sbilanciarci sulle percentuali.

L’immaginazione mentale visiva è il risultato dell’attività di un network di regioni cerebrali ampiamente distribuite nel cervello che lavorano in interazione per generare le immagini mentali a partire anche dalle nostre memorie e ricordi: i lobi parietale e frontale “preparano” il processo della visualizzazione che viene effettivamente riprodotto dai lobi temporale e occipitale – attraverso quello che in gergo viene chiamato “l’occhio della mente”.

Dunque la difficoltà nell’immaginazione può risultare a seguito dell’alterazione funzionale di una di queste aree o della loro interazione, può trattarsi di un difetto presente dalla nascita o di un deficit a seguito di danni cerebrali.

La storia di questo articolo è bizzarra, poiché a partire dalla divulgazione su un giornale americano non specialistico di un report scientifico di un single-case study che raccontava il caso di un uomo con questo deficit di immaginazione visiva, ben 21 persone hanno contattato l’autore dell’articolo riconoscendosi nei sintomi descritti.

L’esperienza e la fenomenologia descritta da questi 21 soggetti è stata ora pubblicata sulla rivista scientifica Cortex: dal terribile impatto emotivo di Tom nel realizzare che a differenza degli altri non riesce a dare un volto alle persone nei suoi ricordi; o di Neil che fin dall’infanzia non è mai riuscito a contare le pecorelle per addormentarsi e che pur amando la lettura evita quei libri che si dilungano in descrizioni paesaggistiche che per lui rimangono pure astrazioni non traducendosi in immagini mentali.

E’ interessante notare che in quella che viene definita aphantasia congenita vi è una dissociazione tra l’incapacità di immaginare intenzionalmente qualcosa e invece quella che viene definita immaginazione involontaria, per esempio nei sogni che è generalmente preservata.

 

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Redattrice di State of Mind

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