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Disconnect (2012): oggi che siamo sempre connessi ci sentiamo più soli che mai – Cinema & Psicologia

Un film drammatico con sfumature thriller che offre uno sguardo attento e critico sull’invasione della tecnologia virtuale all’ interno della vita reale.

Di Manuela Ramundo

Pubblicato il 21 Mag. 2015

Aggiornato il 17 Giu. 2015 09:42

Diretto dal documentarista Henry Alex Rubin, “Disconnect” è un film drammatico con sfumature thriller, la cui visione è suggerita a tutti per lo sguardo attento e critico che offre rispetto ad una tematica tanto attuale quanto discussa, l’invasione della tecnologia virtuale all’ interno della vita reale.

Partendo da fatti di cronaca interpretati dai protagonisti delle cinque storie raccontate, la pellicola descrive le distorsioni del “mondo cyber”, un mondo invisibile che silenziosamente scorre sotterraneo e insospettabile nei meandri della quotidianità. Le vicende si sviluppano e si intrecciano accomunate da un profondo senso di solitudine, smarrimento ed incomunicabilità che ha l’illusione di appagarsi abbuffandosi di web.

C’è la storia di un padre vedovo, investigatore privato, che scopre gli atti di cyberbullismo compiuti dal figlio e da un suo amico ai danni di un coetaneo che frequenta la stessa scuola; quella della famiglia di Ben, l’adolescente vittima, il cui padre, un avvocato di successo, trascura gli affetti per la carriera salvo accorgersene quando la situazione è ormai compromessa. E ancora, la vicenda di una giovane coppia in crisi, derubata non solo della serenità dopo la perdita del loro primogenito neonato, ma anche del conto in banca con i risparmi di una vita, causa clonazione della loro carta di credito. C’è, infine, l’avventura della giornalista Nina che, alla ricerca di un reportage esclusivo che le possa garantire un maggior riconoscimento professionale, si addentra nell’ esplorazione dell’ universo del cybersesso riuscendo a conoscere e intervistare un ragazzo che sbarca il lunario con delle chat erotiche per adulti.

Tutto avviene davanti ad un pc, tramite privilegiato con l’ignoto, capace di attrarre magneticamente la solitudine dei personaggi che, nel riflesso dello schermo, sembrano cercare quell’ attenzione mancata verso i loro difficili vissuti emotivi.

I finali delle singole storie, forse prevedibili, lasciano un amaro in bocca che si esaurisce lentamente insieme alla suspance del film quasi ad accompagnare i protagonisti nei loro percorsi oltre la pellicola.

Un compendio dei più frequenti crimini informatici che intende evidenziare le subdole trappole della rete e le loro potenziali conseguenze negative in un’ottica preventiva. Una sceneggiatura che invita alla “disconnessione” per dare maggiore spazio alla riflessione, all’ ascolto e al dialogo off-line.

TRAILER:

 

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Manuela Ramundo
Manuela Ramundo

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale

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