L’associazione tra dolore fisico e dolore emotivo non è solo metaforica, l’espressione avere il cuore spezzato è stata scientificamente confermata da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine e condotto da un gruppo di medici della Johns Hopkins University (Wittstein et al., 2005).
Vi sarebbe una rara ma grave condizione di compromissione della funzionalità cardiaca causata da uno stress emotivo acuto, condizione tecnicamente nota come “cardiomiopatia da stress”, più volgarmente detta “sindrome del cuore spezzato”.
Dal punto di vista neurobiologico, diverse evidenze dimostrano una stretta connessione tra dolore fisico ed emotivo: dagli studi di Panksepp (1978) sui cuccioli di cane in cui una minima dose di morfina (oppioide in grado di ridurre il dolore fisico) era in grado di alleviare il distress emotivo al momento della separazione dalla madre, agli studi di neuro imaging di Naomi Eisenberger (Eisenberg et al., 2003; Eisenberg et al., 2012) in cui le aree della corteccia cingolata anteriore (ACC) e della corteccia prefrontale ventrale destrale – aree tipicamente attivate nelle condizioni di dolore fisico- si attivavano anche in relazione alla sensazione di esclusione sociale (in qualche modo intesa come forma di dolore emotivo).
Eisenberger propone dunque una lettura evolutiva di tale stretto legame: i piccoli di umano nati in condizioni di neotenia necessitano di legami sociali per sopravvivere fisicamente: recuperare nutrimento e ricevere protezione dai pericoli sono necessità evolutive possibili per il cucciolo di umano solo nella relazione con il caregiver: dunque può essere che nel corso degli anni si sarebbero evoluti di pari passo il sistema di allerta sociale e il sistema di processamento del dolore fisico.
Sulla scia di tali studi, alcune ricerche più recenti (Kross, et al., 2011) si sono poste l’obiettivo di indagare ulteriormente tale legame neurobiologico tra dolore fisico ed emotivo, tentando di indurre nei soggetti un dolore emotivo più intenso e autobiografico presentando ai soggetti fotografie di ex-fidanzati e chiedendo loro di pensare al momento della fine della relazione; in secondo luogo i partecipanti venivano sottoposti anche ad una stimolazione fisica di calore intenso sull’avambraccio che causasse loro una condizione di dolore fisico. Dai risultati è emerso che, oltre alla corteccia cingolata anteriore, il dolore fisico e quello emotivo condividono anche l’attivazione di aree della corteccia somatosensoriale.
Prendendo in considerazione l’aspetto della cura e del trattamento, dunque una nuova linea di ricerca si sta chiedendo se i rimedi dell’uno possano essere utili anche per l’altro. Una ricerca americana (DeWall et al., 2010) ha testato la somministrazione di 1000mg al giorno di paracetamolo – tipicamente usato come antidolorifico- per due settimane in relazione alla riduzione del dolore emotivo (inteso qui in relazione all’esclusione sociale): i soggetti sottoposti a trattamento farmacologico con paracetamolo riportavano minori livelli di dolore emotivo e una minore attivazione della corteccia cingolata anteriore rispetto al gruppo placebo.
In uno studio del 2009 (Master et al., 2009) è stato dimostrato che il supporto sociale è in grado di ridurre l’intensità del dolore fisico: una ventina di donne sono state invitate in laboratorio con i loro partner, e sono state sottoposte a stimolazioni fisicamente dolorose in condizioni di contatto con il partner di diverso livello (dalla presenza fisica alla visione di una fotografia del partner alla totale assenza). Stare in contatto diretto con il proprio partner riduce la sensazione di dolore fisico, così come visualizzarne la fotografia anche se in misura meno intensa.
Dunque tale legame anche in termini di cura sembra essere bidirezionale: i rimedi del dolore fisico possono modulare quello emotivo, e viceversa. E’ importante però fare attenzione a veloci e pericolose implicazioni applicative: cautela – come minimo- rispetto all’uso di terapie per il dolore fisico per la diminuzione di intensità del dolore emotivo: l’assunzione indiscriminata, non prescritta e non controllata di farmaci – tra cui anche antidolorifici- può rispondere al bisogno di spegnere e inibire completamente le emozioni dolorose intense. Tale modalità è sconsigliata e controproducente poiché non consente un’adeguata e funzionale regolazione emotiva spesso con diverse conseguenze negative per il benessere della persona.
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BIBLIOGRAFIA:
- Wittstein, I. S., Thiemann, D. R., Lima, J. A., Baughman, K. L., Schulman, S. P., Gerstenblith, G., Wu, K. C., Rae, J. J., Bivalacqua, T. J., & Champion, H. C. (2005). Neurohumoral features of myocardial stunning due to sudden emotional stress. New England Journal of Medicine, 352, 539–548. DOWNLOAD
- Kross, E., Berman, M. G., Mischel, W., Smith, E. E., & Wager, T. D. (2011). Social rejection shares somatosensory representations with physical pain. Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, 108, 6270–6275. DOWNLOAD
- Master, S. L., Eisenberger, N. I., Taylor, S. E., Naliboff, B. D., Shirinyan, D., & Lieberman, M. D. (2009). A picture’s worth: Partner photographs reduce experimentally induced pain. Psychological Science, 20, 1316–1318. DOWNLOAD
- Eisenberger, N. I., Lieberman, M. D., & Williams, K. D. (2003). Does rejection hurt: An fMRI study of social exclusion. Science, 302, 290–292. DOWNLOAD
- Panksepp, J., Herman, B., Conner, R., Bishop, P., & Scott, J. P. (1978). The biology of social attachments: opiates alleviate separation distress. Biological Psychiatry, 13(5), 607–618.
- DeWall, C. N., MacDonald, G., Webster, G. D., Masten, C. L., Baumeister, R. F., Powell, C., . . . Eisenberger, N. I. (2010). Acetaminophen reduces social pain: Behavioral and neural evidence. Psychological Science, 21, 931–937.
- Eisenberger, N. I. (2012). Broken hearts and broken bones: A neural perspective on the similarities between social and physical pain. Current Directions in Psychological Science 21, 42–47.