Come società abbiamo certamente equiparato la velocità all’intelligenza, e l’intelligenza ha probabilmente molto a che fare con fare collegamenti veloci, ma ha sicuramente altrettanto molto a che fare con fare i giusti collegamenti.
Nel 1884 Sir Francis Galton, noto anche come il padre della psicometria e dell’eugenetica, chiedeva tre pence a chi si sottoponeva a semplici test che misuravano la sua altezza, il peso, l’acutezza della vista e la rapidità nel colpire con il pugno; Galton raccolse così i dati di 17.000 individui.
Il dato che più lo interessava era la velocità di reazione di un soggetto, che credeva fosse fortemente correlata all’intelligenza.
Per decenni molti ricercatori hanno perseguito l’idea di Galton per la quale velocità è uguale a intelligenza e, mentre molti test recenti non hanno trovato alcuna relazione coerente tra queste due misure, alcuni hanno dimostrato una correlazione debole ma inconfondibile tra tempi di reazione brevi e punteggi più alti nei test di intelligenza.
Se c’è una logica a cui questa correlazione risponde, è che i segnali nervosi viaggiano veloci tra gli occhi, il cervello e i circuiti che attivano i nostri neuroni motori: più velocemente il nostro cervello elabora le informazioni che riceve e più acuto è il nostro intelletto.
Lo psicologo Michael Woodley della Umea University (Svezia) ha avuto abbastanza fiducia in questa correlazione, da utilizzare più di un secolo di dati sui tempi di reazione per confrontare la nostra intelligenza con quella dei vittoriani. Le sue scoperte mettono in discussione la convinzione, a noi cara, che la vita frenetica che conduciamo sia un segno della nostra produttività e del nostro benessere mentale. Infatti quando i ricercatori hanno esaminato tempi di reazione di 14 studi condotti tra il 1880 e il 2004, hanno trovato un declino preoccupante, che corrisponderebbe ad una perdita di una media di 1.16 punti di QI a decennio.
Facendo due conti siamo mentalmente inferiori ai nostri predecessori vittoriani di circa 13 punti di QI .
Come società abbiamo certamente equiparato la velocità all’intelligenza, e l’intelligenza ha probabilmente molto a che fare con fare collegamenti veloci, ma ha sicuramente altrettanto molto a che fare con fare i giusti collegamenti.
Infine anche la percezione della velocità può essere ingannevole. Quando le cose vengono facilmente o velocemente, quando non dobbiamo lottare, tendiamo a sentirci più intelligenti. In uno studio, Adam Alter e altri psicologi della New York University hanno chiesto a dei volontari di rispondere a una serie di domande scritte con un font chiaro e nitido o leggermente sfocato, difficile da leggere. Le persone che hanno dovuto sforzarsi di più hanno finito per elaborare il testo più profondamente, rispondendo anche alle domande in modo più accurato .
Insomma, quando dobbiamo prendere una decisione ponderata, ci pensiamo a lungo e fatichiamo, e questo non è poi così diverso dal pensare lento.
ARGOMENTO CORRELATO:
INTELLIGENZA -QI
BIBLIOGRAFIA:
- Woodley,M.A.,et al.,Were the Victorians cleverer than us? The decline in general intelligence estimated from a meta-analysis of the slowing of simple reaction time, Intelligence, (2013),
- Adam L. Alter and Daniel M. Oppenheimer Uniting the Tribes of Fluency to Form a Metacognitive Nation Pers Soc Psychol Rev 2009; 13; 219 originally published online Jul 28, 2009; DOI: 10.1177/1088868309341564 (DOWNLOAD)