Gli studi più curiosi che hanno fatto la storia della Scienza delle Emozioni.
Natura o cultura? Questo è il dilemma. Da sempre.
Chissà se Charles Darwin era consapevole della bagarre che avrebbe scatenato nei secoli a venire, quando in The expression of emotion in man and animals (1872) avanzò l’ipotesi che le espressioni facciali emotive fossero universali, biologicamente innate e adattive dal punto di vista evolutivo.
Darwin fu tacciato di scarsa scientificità dai neopositivisti “hard”, che trovavano inaccettabile una teoria inferita da meri dati osservativi. Fu così che per diversi decenni l’idea predominante rimase quella sulle origini culturali delle espressioni emotive: così come ogni cultura ha il proprio linguaggio verbale, allo stesso modo ha anche un proprio linguaggio delle espressioni facciali.
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Si dovette aspettare Tomskin per riabilitare il povero Darwin: partendo dalla teoria che le emozioni sono alla base della motivazione umana e che la loro sede principe è il volto, Tomskin e McCarter (1964) dimostrarono che le espressioni facciali erano associate in maniera affidabile a determinati stati emotivi.
La loro ricerca fece da apripista a quelli che furono successivamente definiti gli “universality studies”. Questi studi rilevarono, per esempio, un elevato accordo nella valutazione delle espressioni emotive facciali sia nelle culture letterate che pre-letterate, e documentarono come membri appartenenti a culture differenti producessero spontaneamente, di fronte a video emotivi, le medesime espressioni facciali.
Da quel dì è stato un impressionante susseguirsi di ricerche svolte in tutto il mondo, in diversi laboratori, con metodologie differenti, su soggetti appartenenti a svariate culture, che hanno confermato l’universalità di sette espressioni facciali emotive: rabbia, tristezza, disprezzo, disgusto, paura, felicità e sorpresa.
Ma non è finita qui! Per la gioia di Darwin diversi studi hanno portato prove a favore dell’ipotesi dell’origine biologica e genetica delle espressioni: per esempio, persone cieche dalla nascita producono spontaneamente le stesse espressioni facciali emotive di persone vedenti; inoltre le loro espressioni sono molto più simili a quelle dei loro familiari rispetto a quelle di estranei.
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La teoria che le espressioni emotive siano innate, universali e abbiano origine biologica sembra pertanto fondarsi su un solido corpus di ricerche scientifiche (per una panoramica più esaustiva vedi Matsumoto & Hwang, 2011).
Ciò però non significa che la cultura non giochi anch’essa un ruolo importante! Secondo Paul Ekman esistono una serie di “display rules”, regole di esibizione culturalmente apprese che prescrivono come manifestare le espressioni emotive in base al contesto sociale: intensificandole, attenuandole, inibendole o mascherandole.
A tal proposito, è passato alla storia l’esilarante studio condotto da Friesen (1972) in cui ad un gruppo di Americani e ad un gruppo di Giapponesi furono mostrati dei filmati di raccapriccianti operazioni chirurgiche. Se gli individui erano da soli, non vi erano differenze tra i gruppi circa l’espressione di disgusto mostrata. Ma in presenza dello sperimentatore era tutto un altro discorso: i Giapponesi mascheravano l’espressione di disgusto stampandosi un finto sorrisone sul volto, mentre sullo schermo comparivano scene non adatte a stomaci sensibili. La spiegazione di questo comportamento sembra risiedere nell’influenza che la cultura esercita sulla manifestazione delle emozioni: mostrare emozioni negative in pubblico in Giappone è considerato disdicevole e viene mascherato tramite un sorriso.
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Natura o cultura, quindi? Natura E cultura!
Dato un substrato biologico (per la gioia di Darwin) “praticamente tutti gli aspetti della comunicazione delle emozioni, dall’accuratezza del riconoscimento delle emozioni universali fino alle differenze nell’attribuzione di intensità dell’espressioni emozionali o ai diversi significati associati a certe emozioni, sono influenzati da aspetti culturali specifici” (Matsumoto & Crtini, 2001) che non possono essere trascurati, anche solo per evitare gaffes o incidenti diplomatici. Infatti, persino un sorriso può acquisire significati diversi a seconda del contesto culturale (Furo, 2009). Insomma, se vi trovate in Giappone a cena, non sorridete troppo di fronte ad un bel pezzo di sashimi: voi sarete anche felicissimi di strafogarvi di sushi, ma loro potrebbero pensare che vi faccia veramente schifo!
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ESPRESSIONI FACCIALI – GENETICA & PSICHE
BIBLIOGRAFIA:
- Darwin, C. (1872). The expression of emotion in man and animals. New York: Oxford University Press.
- Friesen, W. V. (1972). Cultural differences in facial expressions in a social situation: An experimental test of the concept of display rules. Doctoral dissertation, University of California, San Francisco. (DOWNLOAD)
- Furo, H. (2009). Smiles and Laughter in English and Japanese Conversations: Receptive and Productive Skills and Communicative Competence.” Ubiquitous Learning: An International Journal, Vol. 1, No. 3
- Matsumoto, D. & Cortini, M. (2001). La Sfida della Psicologia (Cross) – Culturale allo studio delle emozioni. Psycophenia
- Matsumoto, D. & Hwang H.S. (2011). Reading facial expressions of emotion. In Psychological Science Agenda | May 2011
- Tomkin, S. S., & McCarter, R. (1964). What and where are the primary affects? Some evidence for a theory. Perceptual and Motor Skills, 18(1), 119-158. (DOWNLOAD)