La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:
I risultati di una Ricerca dell’Università di Milano sulle aree cerebrali coinvolte durante la lettura possono essere utili anche in ambito riabilitativo. Qui di seguiito l’abstract della ricerca:
La cosiddetta neurolettura, ossia l’indagine dell’attività del leggere alla luce delle neuroscienze, può dirsi iniziata già alla fine dell’Ottocento, tuttavia solo in tempi recenti si sono compiute importanti scoperte grazie alle tecniche di neuroimaging. Esaminando alcune ricerche neuroscientifiche, da una parte emerge con forza l’estrema complessità dell’atto del leggere, che dal punto di vista filogenetico parrebbe il frutto di una sorta di riciclaggio neuronale (il nostro cervello non è fatto per la lettura, ma in un modo o nell’altro vi si riconverte grazie alla sua innata plasticità); dall’altra si delinea un’universalità delle basi cerebrali della lettura per cui, qualunque sia la lingua in cui si legge, una sola e medesima area cerebrale viene coinvolta, la regione occipito-temporale sinistra. Tale universalità non pare essere messa in discussione neppure dalla rivoluzione digitale in atto: se è vero che la lettura digitale apre nuove prospettive e nuove frontiere, offrendo vantaggi soprattutto in sede di apprendimento, essa non pare al momento avere una significativa incidenza sui meccanismi cerebrali sottesi alla prima fase del leggere (quella della decodifica), mentre potrebbe avere delle ricadute maggiori sui due momenti successivi, la comprensione di un testo e la nostra risposta ad esso, per quanto in quest’ambito le ricerche siano solo all’inizio.
Neuroscienze e lettura | Fioroni | ENTHYMEMAConsigliato dalla Redazione
La cosiddetta neurolettura, ossia l\’indagine dell\’attività del leggere alla luce delle neuroscienze, può dirsi iniziata già alla fine dell\’Ottocento, tuttavia solo in tempi recenti si sono compiute importanti scoperte grazie alle tecniche di neuroimaging . Esaminando alcune ricerche neuroscientifiche, da una parte emerge con forza l\’estrema complessità dell\’atto del leggere, che dal punto di vista filogenetico parrebbe il frutto di una sorta di riciclaggio neuronale (il nostro cervello non è fatto per la lettura, ma in un modo o nell\’altro vi si riconverte grazie alla sua innata plasticità); dall\’altra si delinea un\’universalità delle basi cerebrali della lettura per cui, qualunque sia la lingua in cui si legge, una sola e medesima area cerebrale viene coinvolta, la regione occipito-temporale sinistra. Tale universalità non pare essere messa in discussione neppure dalla rivoluzione digitale in atto: se è vero che la lettura digitale apre nuove prospettive e nuove frontiere, offrendo vantaggi soprattutto in sede di apprendimento, essa non pare al momento avere una significativa incidenza sui meccanismi cerebrali sottesi alla prima fase del leggere (quella della decodifica), mentre potrebbe avere delle ricadute maggiori sui due momenti successivi, la comprensione di un testo e la nostra risposta ad esso, per quanto in quest\’ambito le ricerche siano solo all\’inizio. (…)
Tratto da: Università di Milano
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