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“L’ autoconsapevolezza corrisponde a processi neuronali che non possono essere localizzati in una o più regioni distinte del cervello. Con tutta probabilità, l’autoconsapevolezza emerge da interazioni molto più distribuite tra network di diverse regioni cerebrali”
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L’autoconsapevolezza è un fenomeno complesso, ricco e integrato che fa parte della più estesa conoscenza di sé.
Il riconoscimento di sé stessi, a sua volta, può essere brevemente definito come un “fenomeno qualitativo della psiche che si enuncia come l’essere coscienti di se stessi, di autoriferirsi, di esser coscienti del mondo e degli altri”[1.] .
Questa capacità è stata lungamente considerata una qualità prettamente umana ed è stata profondamente analizzata. Gli studi di psicologia in questo campo hanno fatto uso di test classici, quali ad esempio il riconoscimento allo specchio. Gli esiti prodotti hanno permesso l’allargamento dello spettro delle specie animali che sono in possesso di un certo grado della consapevolezza di sé, estendendolo così non solo alle scimmie antropomorfe, ma anche ai delfini, elefanti e polpi.
Negli esseri umani, i neuroscienziati ne hanno individuato il correlato neurologico in tre regioni: nella corteccia dell’insula, nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia prefrontale mediale.
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Questi risultati, di una localizzazione precisa della consapevolezza di sé, vengono oggi messi in discussione da un recente studio condotto da gruppo di ricerca dell’Università dell’Iowa guidato da David Rudrauf e apparso sulle pagine della rivista PLOS ONE.
La ricerca è stata condotta su un singolo soggetto, definito “paziente R”, in cui tutte e tre le regioni cerebrali elencate precedentemente sono state danneggiate a causa dell’encefalite da Herpes Simplex. Secondo il modello in vigore, gli estesi danni cerebrali avrebbero dovuto compromettere la sua autoconsapevolezza. Invece il soggetto, sottoposto a test, ne ha dimostrato una buona facoltà , seppur con gravi amnesie dovute al danno ai lobi temporali, i quali compromettono normalmente il sé autobiografico.
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Il paziente R ha dato prova di riconoscersi sia quando si guardava allo specchio, sia quando esaminava alcune fotografie realizzate in periodi differenti della sua vita. Inoltre, manifestava di percepire un’azione compiuta come la conseguenza delle proprie intenzioni. La somministrazione di test di personalità (tra i quali il Big Five Inventory, Modified Patient Competency Rating Scale e il Self-Consciousness Scale Revised) ha messo in luce che egli aveva una capacità stabile di pensare a se stesso e di auto percepirsi. Infine egli manifestò una profonda capacità d’introspezione, considerato uno degli aspetti più sofisticati dell’autoconsapevolezza.
I dati ottenuti permettono un avanzamento delle conoscenze fino ad ora condivise, ipotizzando che il tronco encefalico, il talamo e la corteccia posteromediale possano sopperire alle mancanze funzionali delle tre regioni danneggiate.
In conclusione, riportando le parole di David Rudrauf, possiamo affermare che: “l’autoconsapevolezza corrisponde a processi neuronali che non possono essere localizzati in una o più regioni distinte del cervello. Con tutta probabilità, l’autoconsapevolezza emerge da interazioni molto più distribuite tra network di diverse regioni cerebrali”.
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BIBLIOGRAFIA:
- Galimberti, U. (1999). Enciclopedia di psicologia, Milano, Garzanti libri. pag. 252
- C. L. Philippi, J. S. Feinstein, S. S. Khalsa, A. Damasio, D. Tranel, G. Landini, K. Williford, D. Rudrauf (2012). Self-Awareness following Extensive Bilateral Brain Damage to the Insula, Anterior Cingulate, and Medial Prefrontal Cortices. PLOS ONE. 10.1371/journal.pone.0038413.