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Lo Psicologo? Una Risorsa Preziosa, Purché sia Gratis

Psicologo: unico professionista all’interno di un’equipe sanitaria a vivere di carità e non di una regolare assunzione.

Di Silvia Dioni

Pubblicato il 22 Nov. 2012

 

“Il Fil Rouge: appropriatezza e sostenibilità della psico-oncologia nei dipartimenti oncologici.”

Convegno. 16 Novenbre 2012

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Il Fil Rouge. Convegno. LocandinaLo psicologo continua ad essere nella maggior parte dei casi  l’unico professionista all’interno di un’equipe sanitaria a vivere di carità e non di una regolare assunzione, il che si ripercuote negativamente sul professionista non soltanto in ovvi termini economici ma anche sulla sfera del riconoscimento e rispetto  della propria professionalità, autorevolezza e appartenenza al proprio gruppo di lavoro.

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Lo scorso 16 novembre a Lodi si è tenuto un convegno organizzato da CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) dal titolo evocativo: “Le Fil Rouge: appropriatezza e sostenibilità della psico-oncologia nei dipartimenti oncologici”, dove per fil rouge si intendeva la preziosa funzione di collante e di garante della continuità assistenziale assunta dallo psicologo che opera nei reparti oncologici.

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Il clima tra i medici relatori presenti e la platea di psicologi era quindi (stranamente) molto amichevole, condito forse addirittura da un tantino di melassa di troppo in certe ridondanti manifestazioni di reciproca stima. Comunque, per fortuna, non il solito desolante parapiglia tra gli psicologi da una parte che rivendicano un’umanizzazione delle cure e i medici dall’altra che pretendono di utilizzare i fondi per un ciclo di chemioterapia in più piuttosto che destinarli ai pazienti che vogliano “fare quattro chiacchere” con uno specialista di dubbia utilità.

Un concetto fondamentale era insomma assodato e condiviso: il supporto psicologico offerto ai pazienti oncologici e ai loro famigliari, nonché la formazione e supervisione delle equipe curanti coinvolte è un servizio il cui valore e la cui irrinunciabilità sono ormai riconosciuti a livello regionale, nazionale e istituzionale.

Peccato che su questa rassicurante presa di posizione gravi una pesantissima anomalia, ben nota alla stragrande maggioranza di chi voglia operare in ambito psicologico: per quanto sia gradito il contributo dello psicologo, puntualmente mancano i fondi affinché alla sua prestazione corrisponda una (dignitosa) retribuzione.

I dati provvisori del censimento SIPO (Società Italiana di Psico-oncologia) sui servizi di psico-oncologia fotografano un panorama desolante, da cui emerge che la maggior parte degli psicologi operanti nel settore sono sostenuti economicamente da associazioni di volontariato, e che a questi più “fortunati” si affianca il solito sottobosco di borse di studio da fame e a rapida scadenza, tirocini gratuiti, collaborazioni volontarie.

Lo psicologo continua ad essere nella maggior parte dei casi  l’unico professionista all’interno di un’equipe sanitaria a vivere di carità e non di una regolare assunzione, il che si ripercuote negativamente sul professionista non soltanto in ovvi termini economici ma anche sulla sfera del riconoscimento e rispetto  della propria professionalità, autorevolezza e appartenenza al proprio gruppo di lavoro.

Al di là delle buone intenzioni manca insomma quel cambiamento culturale che spinga le istituzioni a considerare il supporto psicologico non più solo come un costo (se necessario prescindibile) bensì come un investimento; si continua a sottostimare il fatto che pazienti, famigliari e operatori sanitari che sviluppano sindromi psicopatologiche gravano pesantemente sul sistema sanitario in termini di comorbilità, accessi al pronto soccorso, abuso di psicofarmaci, assenze dal lavoro, senza considerare l’ovvio deterioramento della qualità di vita. 

Ed è un’anomalia squisitamente italiana che la sostenibilità del lavoro psicologico sia garantita quasi esclusivamente dalle associazioni di volontari, che spesso si sostituiscono alle istituzioni nella gestione dei professionisti pur magari non avendo al proprio interno un adeguato comitato scientifico che diriga le scelte e monitori i progetti.

Insomma, ci si congedava dal convegno con un po’ di amaro in bocca, con la sensazione di aver insistito in coro sull’importanza del proprio ruolo, forse proprio perché un ruolo non lo si ha.

Cosa potrebbero fare gli psicologi per tentare di invertire questa tendenza, soprattutto in tempi di spending review e di imminente, ulteriore contrazione delle risorse destinate al servizio sanitario?

Un buon punto di partenza potrebbe essere un’analisi e individuazione documentata dei bisogni e del disagio psicologico nei reparti oncologici, al fine di motivare con dati accertati e accuratamente censiti la necessità del proprio intervento; con il rischio però, ahimè, di trovarsi a dover fare tutto il lavoro gratis.

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Silvia Dioni
Silvia Dioni

Psicologa Psicoterapeuta laureata presso l’Università degli Studi di Parma e specializzata in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale all’Istituto “Studi Cognitivi” di Modena.

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