di Liria Valenti
Prevenire o Curare: Modalità di Intervento in Ambito Clinico. I tre distinti livelli di prevenzione, con obiettivi e destinatari differenti.
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La prevenzione mira ad anticipare l’azione negativa esercitata da eventuali fattori di rischio sullo sviluppo dell’individuo, con lo scopo di evitare l’insorgenza di comportamenti disadattivi o patologici. Generalmente, vengono distinti tre livelli di prevenzione – primario, secondario e terziario – ad ognuno dei quali corrispondono obiettivi, caratteristiche, metodi e destinatari differenti.
Attraverso la programmazione e l’attuazione di interventi di prevenzione primaria si vogliono individuare e promuovere le risorse personali ed ambientali, la cui azione può tutelare la salute ed il benessere del singolo e della famiglia.
Nello specifico, la prevenzione primaria favorisce percorsi evolutivi resilienti, mediante la promozione di competenze specifiche, quali, ad esempio, quelle comunicative, socio-relazionali e emotivo-affettive. In sostanza, si tratta di interventi proattivi, rivolti a tutti gli individui, e, più precisamente, a quella fascia della popolazione che, seppur caratterizzata da una bassa probabilità di psicopatologia, può potenzialmente manifestare un disagio.
In ambito clinico, un esempio di prevenzione primaria può essere rappresentato da un ciclo di incontri informativi relativo alle modalità di comunicazione efficace, che promuove nei partecipanti l’apprendimento e l’attivazione di competenze specifiche, con il fine di prevenire possibili disturbi della comunicazione nell’ambito delle relazioni interpersonali.
Il ricorso ad interventi di prevenzione secondaria si rivela necessario, invece, nei casi in cui viene precocemente identificata o diagnosticata una condotta sintomatica, ma prima che questa degeneri in un disturbo psichiatrico. In quest’ottica, la prevenzione secondaria mira a riconoscere gli indici predittivi del disagio, e a progettare interventi finalizzati a ridurre l’impatto dei fattori di rischio sullo sviluppo dell’individuo. Tale livello di prevenzione può essere definito para-attivo, in quanto avviene accanto ad attività proattive, tipiche della prevenzione primaria, e ad altre reattive, caratteristiche, invece, della prevenzione terziaria. Un esempio concreto di questo tipo di intervento è rappresentato da progetti rivolti ad adolescenti devianti, e finalizzati, da un lato, a promuovere la conoscenza delle abilità prosociali e dei relativi comportamenti, e dall’altro, a favorire la consapevolezza della propria condotta e a guidare l’apprendimento delle nuove conoscenze.
La prevenzione terziaria, infine, mira alla riabilitazione di individui problematici, il cui disagio richiede un intervento terapeutico specifico. Il trattamento dei disturbi d’ansia, depressivi, alimentari e di tutti gli altri quadri psicopatologici, rientra in questo livello di prevenzione.
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BIBLIOGRAFIA:
- Giusti, E., Montanari, C., Iannazzo, A. (2000). Psicoterapie integrate. Piani di trattamento per psicoterapeuti con interventi a breve, medio e lungo termine. Milano: Masson. (LEGGI SU GOOGLE BOOKS)
- L’Abate, L. (1990). Le risorse della famiglia. Prospettive di prevenzione primaria e secondaria. Bologna: Il Mulino.
- Regogliosi, L. (1998). La prevenzione del disagio giovanile. Roma: Carocci.
- Roche-Olivar, R. (a cura di)(1997). La condotta prosociale. Basi teoriche e metodologie di intervento. Roma: Bulzoni.