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Psicoterapia & Desiderio: Costi e Benefici del Pensiero Desiderante

Pensiero desiderante: stile cognitivo cosciente, responsabile dell’esperienza di craving e di una bassa percezione di controllo sugli impulsi

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 10 Lug. 2012

 

Psicoterapia & Desiderio- Costi e Benefici del Pensiero Desiderante. - Immagine: © dpaint - Fotolia.comIn diversi articoli ho descritto il pensiero desiderante come uno stile cognitivo cosciente che può essere responsabile dell’esperienza di Craving e di una scarsa percezione di controllo sui propri impulsi (Caselli, Soliani & Spada, 2012).

Ricordiamo di cosa si tratta: un modo di pensare focalizzato su un oggetto o un’attività desiderati con due componenti: (1) prefigurazione sensoriale e immaginativa dell’esperienza positiva connessa con l’oggetto del desiderio e (2) pianificazione operativa e concreta delle modalità per ottenerla (Caselli & Spada, 2011). Il pensiero desiderante e le sue conseguenze sono state evidenziate in molteplici disturbi: abuso di alcool, dipendenza da nicotina, gioco d’azzardo patologico, bulimia nervosa (Caselli & Spada, 2010; Caselli, Ferla, Mezzaluna, Rovetto & Spada, 2012; Caselli, Nikcevic, Fiore, Mezzaluna & Spada, 2012).

Ma il pensiero desiderante è una facoltà dell’essere umano anche molto utile. Come per la maggior parte delle funzioni cognitive il problema non sta tanto nel processo stesso ma nel suo uso e nelle regole metacognitive che lo governano. 

Riflettiamo su quali possono essere i vantaggi del pensiero desiderante:

1. è un ottima strategia per automotivarsi e tenersi attivi in un impegno immediato verso un obiettivo specifico

2. permette di pianificare azioni complesse per raggiungere l’obiettivo

Psicoterapia cognitiva: le dipendenze patologiche e il lato oscuro del desiderio. - Immagine: © Andrea Danti - Fotolia.com
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3. garantisce una forma di anticipazione della gratificazione immediata (permette di assaporare già ora un po’ del piacere che verrà)

4. mantiene la concentrazione e rende resistenti alle distrazioni.

Quando diventa un problema? Al momento possiamo lanciare solo qualche plausibile ipotesi. Un primo problema può essere il target, cioè l’oggetto del desiderio. Abbiamo verosimilmente un problema se usiamo il pensiero desiderante per oggetti o attività (1) dannosi e/o pericolosi (es: droghe), (2) che non sono accessibili o non raggiungibili, (3) che non vogliamo realmente raggiungere perché a un’accurata e più astratta osservazione li troviamo in contrasto con altri nostri valori (es: desiderare il ragazzo dell’amica).

In queste condizioni siamo in pericolo e abbiamo bisogno di avere una certa consapevolezza distaccata per cambiare lo stile di pensiero; restare nel pensiero desiderante in queste condizioni ci esporrebbe a pericoli e frustrazioni.

Il secondo problema è l’uso autoregolatorio del pensiero desiderante. Il desiderio può diventare lo strumento per (1) indurre un immediato piacere virtuale o (2) distrarsi da altre preoccupazioni o pensieri negativi.

Certo nell’immediato tiene occupata la mente, la cattura e la dirige verso un obiettivo piacevole, la sostiene con una forma di piacere virtuale molto simile per il nostro cervello a quello reale. Ma per non ricadere nei pensieri negativi l’individuo è costretto a rimanere dentro il desiderio e con il tempo il piacere dell’ipotesi di avere qualcosa di bello diventa il dolore di non averlo davvero. E allora nella percezione individuale, semmai vi fossero stati dei freni, a questo punto non resta che affogare nell’azione concreta, apparentemente impulsiva, un azione di ricerca fisica, controparte della ricerca mentale del pensiero desiderante.

Molte cose ancora restano da scrivere. Tuttavia è sempre più chiaro come la conoscenza del modo in cui pensiamo ai nostri desideri e la capacità di regolare il proprio stile cognitivo-attentivo, rappresentano un’interessante frontiera per la psicoterapia cognitiva di questi disturbi.

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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