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Working memory, prestazioni scolastiche e la paura di sbagliare.

La consapevolezza che sbagliare è possibile e fa parte del processo di apprendimento migliora la working memory e le prestazioni scolastiche

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 14 Mar. 2012

– Rassegna Stampa – 

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze PsicologicheIn psicoterapia si sa, moltissime volte ci troviamo alle prese con il perfezionismo patologico del paziente (si spera non anche del terapeuta..), con il criticismo genitoriale e con tutti gli svantaggi che ne derivano a livello emotivo e sintomatologico. Una nuova ricerca pubblicata online su Journal of Experimental Psychology: General ce ne fornisce un’ulteriore riscontro empirico.

In un primo esperimento a un centinaio di studenti francesi (frequentanti la sesta classe, corrispondente alla nostra cosiddetta prima media) è stato chiesto di risolvere un anagramma molto complesso che nessuno di essi sarebbe stato in grado di risolvere: a un gruppo di studenti è stato dedicato uno spazio di riflessione in cui è stato loro detto che l’apprendimento può essere faticoso, che gli errori sono frequenti e parte dell’apprendimento stesso, e che con l’esercizio poi è possibile migliorare; agli altri è stato semplicemente chiesto di risolvere l’anagramma. I ricercatori hanno quindi misurato la capacità di working memory degli studenti, funzione essenziale per l’elaborazione delle informazioni e buon predittore di diversi aspetti del funzionamento scolastico.

I risultati hanno dimostrato che gli studenti cui era stato specificato che l’apprendimento implica l’errore hanno fornito prestazioni significativamente migliori nei test di working memory rispetto a coloro cui era stato solo chiesto di risolvere l’anagramma così come anche rispetto a un terzo gruppo di controllo che non aveva risolto nessun tipo di compito né aveva avuto momenti di riflessione riguardi i processi di apprendimento.

Simili risultati si sono riscontrati in un secondo e terzo esperimento in cui le variabili di outcome erano la comprensione di testi scritti e le proprie emozioni e credenze riguardo la propria competenza scolastica: coloro che avevano condiviso un breve momento di riflessione sui possibili errori e difficoltà insite nei processi di apprendimento, non solo presentavano migliori prestazioni nelle prove di comprensione scritta ma riportavano un minor senso di incompetenza in ambito scolastico.

Certamente lo studio dimostra un miglioramento che è temporaneo nei test di working memory e comprensione scritta ma è pur provato in letteratura che la working memory è uno tra i predittori di buon funzionamento scolastico; inoltre da questa ricerca sembrerebbe che favorendo l’autoefficacia e riducendo il timore dell’errore sia possibile impattare anche su abilità prettamente cognitive quali la working memory.

Speriamo che studi come questi raggiungendo non solo gli psicologi, ma anche un pubblico più ampio possano demolire la diffusa credenza che equipara l’errore all’inferiorità intellettuale e che alimenta sia negli adulti che nei bambini forti pressioni prestazionali e perfezionistiche e relativi vissuti ansioso-depressivi, innestando quindi circoli viziosi disfunzionali sia per il benessere psicologico che per la performance.

 

 

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Linda Confalonieri
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Redattrice di State of Mind

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