La scelta del Partner – Parte 2
La caratteristica saliente della “fase” di innamoramento è una particolare “permeabilità del sé” che mette a rischio i confini soggettivi, fa sentire fragili e bisognosi dell’altro; la sensazione è quella di non bastare più a sé stessi, di avere continuamente bisogno che l’altro, con la sua presenza, ci completi: abbiamo scelto il partner adatto a contenere alcune parti di noi, ne abbiamo fatto il nostro complemento e la sua assenza ci fa subito sentire la mancanza di qualcosa di vitale e insostituibile. In realtà quel senso di vuoto preesisteva, ma è solo con la presenza dell’altro che riusciamo a entrarvi in contatto: due mondi si incontrano a due diversi livelli, quello del quotidiano e quello interno. (Menghi, 1999).
La scelta del partner avviene anche grazie alla possibilità di riconoscere nella neo relazione, qualcosa di “familiare” che garantisca un senso di continuità dell’esperienza interna. L’idealizzazione, tipica di questa fase, si esprime infatti nell’illusione di far combaciare il compagno di interazione interno (Norsa e Zavattini, 1977), con la persona reale: tanto più l’altro corrisponde a tale illusione tanto maggiore sarà il sentimento di unità e coesione del sé .
La tendenza all’idealizzazione ha quindi due componenti psichiche: la coazione a ripetere, che porta a riconoscere nel presente ciò che è già stato sperimentato affettivamente nel passato, e una spinta al cambiamento, cioè la possibilità di proiettarsi nel futuro; la coppia appena formata condivide l’illusione di poter costruire insieme qualcosa di nuovo e diverso dalla condizione iniziale, superando limiti e confini precedenti. Questo avviene attraverso un processo che passa continuamente da momenti di coinvolgimento nella relazione a momenti di svincolo da essa, durante i quali ciascuno torna a una propria dimensione intrapsichica modificato dall’incontro con il partner.
Il passaggio dalla fase di innamoramento alla scelta di un rapporto più duraturo e stabile comporta il superamento di momenti di crisi: scegliere un partner comporta inevitabilmente la separazione da alcune parti di noi. L’incontro con quell’altra parte del nostro mondo interno, che prima ignoravamo, e la progressiva attenzione del partner ad alcune parti di noi che inaspettatamente vengono valorizzate o attaccate e criticate, ci spingono inevitabilmente, pena la fine della relazione e la perdita di un’occasione importante per imparare qualcosa su di noi, a riorganizzare e ricostruire l’immagine che abbiamo di noi stessi.
Riorganizzare il proprio mondo interno è un processo spesso doloroso e difficile perché costringe a separarsi da quelle parti di noi alle quali siamo “attaccati con la colla” per dare spazio ad un unione ad un altro livello (Menghi, 1999).
Superata la fase di innamoramento il rapporto subisce, nei migliore dei casi, una trasformazione, ricomponendosi in modo tale che ciascuno abbia una visione più integrata di sé, separato dall’altro (Freud, 1921). La consuetudine alla vita in comune porta infatti alla costruzione di un clima di intimità che permette di tollerare sia la fine dell’idealizzazione sia la fine delle dinamiche di coinvolgimento e separazione. Il sentimento di intimità, che è la consapevolezza della disponibilità affettiva reciproca all’interno della relazione, è infatti fortemente ancorato al senso di appartenenza reciproco e si esprime in regole condivise che tengono conto di compiti reali e ruoli derivanti anche dal contesto sociale e culturale di appartenenza.
L’intimità si costruisce e viene mantenuta attraverso un monitoraggio affettivo reciproco (Norsa e Zavattini, 1997), cioè grazie a un continuo processo di “scannerizzazione” dei propri stati interni e di quelli del partner; questo continuo processo di verifica e ricerca di sintonizzazione lascia spazio a conferme, ma anche a revisioni e riparazioni delle proprie aspettative. Da questo punto di vista tutti quei micro-agiti (regole, abitudini, routine, modalità tipiche di comunicazione) che caratterizzano l’assetto stabile della relazione di coppia, veicolano comunicazioni significative leggibili all’interno della storia di coppia e dei significati condivisi; questi piccoli eventi quotidiani hanno il potere di risvegliare rappresentazioni interne individuali di eventi con un particolare scenario affettivo e permettono a ciascun partner di rielaborare, attraverso la relazione, le varie rappresentazioni di “sé con l’altro” che alimentano il senso di identità soggettiva. La complicità che si stabilisce tra i partner inoltre offre l’opportunità di usare l’altro come estensione del sé, nel senso che stare in coppia permette di continuare quel processo di svincolo da certi aspetti di sé identificati con alcuni modelli familiari criticati o rifiutati, e allo stesso tempo permette di definire meglio altri aspetti di sé collegati ai modelli della famiglia di origine che invece si vuole conservare e approfondire in accordo con la scelta del partner.
BIBLIOGRAFIA:
- Freud S, Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia, omosessualità (1921, in Opere, vol.IX, Boringhieri, Torino)
- Menghi P (1999) “La coppia utile”, in “La crisi della coppia”, Raffaello Cortina, Milano
- Norsa D, Zavattini G C (1997) “Intimità e collusione. Teoria e tecnica della psicoterapia psicoanalitica di coppia”, Ragffaello Cortina Editore, Milano
- Sandler, J. (1993) Note psicoanalitiche sull’amore In D.N. Stern e M. Ammaniti (A cura di) Psicoanalisi dell’amore. Bari: Laterza, .46-57.
- Zavattini G.C. (1999 a) Identificazioni genitoriali e trasmissione transgenerazionale delle relazioni rappresentate, in Loriedo C., Solfaroli Camillocci D., Micheli M. (a cura di) Genitori. Individui e relazioni intergenerazionali nella famiglia, Milano, Angeli, pp. 50-58).