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La lotta all’AIDS non è più cool. Ma se non lo conosci non lo eviti.

-1 Dicembre: GIORNATA MONDIALE CONTRO L'AIDS- "AIDS, la guerra dimenticata dalle istituzioni. Troppi giovani non sanno cos'è l'HIV". A vent'anni dalle ultime grandi campagne di informazione, oggi poco si fa per la prevenzione. Un malato su 4 non sa di esserlo. Ma quello che principalmente mi turba è che i giovani ne sanno pochissimo

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 01 Dic. 2011

-1 Dicembre: GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ AIDS –

Se lo conosci, lo eviti, ricordate questo motto? Da tempo è di uso comune, percolato nella lingua di tutti i giorni, tutti lo utilizzano nei contesti più disparati, ma molti hanno anche dimenticato a chi era inizialmente riferito. AIDS: se lo conosci, lo eviti!

Giornata Mondiale contro l'AIDS - HIV RibbonQuesta mattina, leggendo un quotidiano, mi ha colpito un articolo: “AIDS, la guerra dimenticata dalle istituzioni. Troppi giovani non sanno cos’è l’HIV”. A vent’anni dalle ultime grandi campagne di informazione, oggi poco si fa per la prevenzione. Un malato su 4 non sa di esserlo. Ma quello che principalmente mi turba è che i giovani ne sanno pochissimo. Come mai? Quando ero adolescente, ricordo, la televisione ci bombardava di pubblicità progresso, in particolare ce n’era una sull’AIDS dalla musica inquietante, bastava ascoltare la prima nota e già si era terrorizzati, indicatore di dover stare attenti a questa brutta malattia. Ora, invece, il nulla! Certo passare dal TERRORE al SILENZIO è un grosso salto nel vuoto. Prova ne sia, facendo un giro al centro di Milano non c’è nessuno che ne parli , nessun gazebo, nessun ragazzo che prova a fermarti, NESSUNO! Anzi, qualcuno in giro c’è ma si tratta di Greenpeace. Allora, perché Greenpeace è presente e la lega italiana per la lotta contro l’AIDS no. Eppure siamo a Milano, città mondana e nevralgica, nel giorno indetto alla lotta contro questa malttia!

Tutto questo buio sceso sull’infezione da HIV contribuisce a sostenere l’idea terribilmente sbagliata che l’AIDS sia ormai solo un problema dei paesi del terzo mondo, e quindi distante da noi. Sbagliatissimo! In realtà assistiamo a una diminuzione delle morti per AIDS e al contestuale aumento del numero di persone sieropositive. Un sieropositivo su 4 non sa di esserlo, finché la malattia si manifesta con virulenza, allora è troppo tardi per limitare i danni. Il contagio è in aumento. Perché si è abbassata la guardia?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare un salto cronologico, visto l’ incremento di malattia tra gli adolescenti. Questi ultimi considerano le precauzioni nei rapporti un optional, ” …tanto ci sono i farmaci!”. Ma come, anziché fare dai passi aventi si è tornati in dietro di decenni? I farmaci: migliorano la qualità della vita, ma non guariscono dalla malattia.

Tutto questo implica la necessità di potenziare gli interventi preventivi mirati ai diversi gruppi di popolazione, autoctoni e non, tutti in egual modo soggetti a infettarsi in assenza di comportamenti sicuri. Parallelamente assistiamo a un aumento della domanda da parte delle persone con HIV di consulenze, sostegno psicologico e psicoterapia, sia per problemi di adattamento alla malattia, che per qualunque altro disturbo mentale.

Oggi, come è noto, una diagnosi di infezione da HIV non rappresenta più una condanna a morte come invece accadeva nei primi anni dell’epidemia. Grazie all’introduzione e alla diffusione nei paesi sviluppati dei nuovi trattamenti farmacologici, dimostratisi sempre più efficaci, assistiamo a una considerevole riduzione di morbilità e mortalità tra le persone sieropositive e alla trasformazione dell’infezione in una malattia cronica. Questo, tuttavia, non vuol dire che si siano parallelamente risolti i problemi di chi con questo virus deve convivere.

Infatti, proprio in quanto malattia cronica, essa richiede controlli periodici e trattamento farmacologico proiettati a lungo termine e, di conseguenza, una serie di compiti adattativi per il paziente con i quali è difficile confrontarsi e da cui possono derivare uno stress notevole e dei disturbi psicologici di gravità variabile.

I nodi che generalmente si affrontano nell’intervento psicologico clinico riguardano l’accettazione della malattia, della nuova condizione e l’adattamento alla convivenza con il virus, la rivelazione della sieropositività ad altri significativi, l’adozione di comportamenti sicuri nei riguardi di sé e degli altri (Spizzichino, 2008).

L’adattamento, in ogni caso, non è una conquista stabile a causa della natura intrinsecamente evolutiva dell’infezione da HIV: si pensi, infatti, allo stress dei controlli clinici e laboratoristici per monitorarne la progressione, alla comparsa di una qualsivoglia sintomatologia, alla necessità di iniziare il trattamento farmacologico.

Per questi pazienti si potrebbe parlare di sindrome di Prometeo, dal nome del titano che Zeus fece incatenare alla cima più alta del Caucaso. Essa è caratterizzata da senso di sradicamento, vissuto di perdita, isolamento, impotenza, perdita di fiducia nel futuro nonostante l’aspettativa di sopravvivenza, ansia, tristezza, depressione. Si sentono incatenati, impossibilitati a far ritorno nel paese di origine, pena l’interruzione del trattamento salvifico. Continuando a seguire il filo del mito, il riferimento a Prometeo assume un significato ulteriore poiché egli venne posto in quella dolorosa situazione senza speranza – Zeus giurò che non lo avrebbe mai liberato – per punirlo di aver ridato il fuoco agli uomini. E il tema della punizione ricorre spesso nel lavoro clinico con le persone con HIV, che sentono la malattia come una punizione di Dio per una “cattiva” condotta, per i comportamenti rischiosi o incoscienti avuti.

E tu, cosa sai dell’HIV?

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Giuliano, M., & Vella, S. (2007). Inequalities in health: access to treatment for HIV/AIDS. Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, 43 (4), 313-6. Retrieved June 22, 2009
  • Nachega, J.B., Hislop, M., Dowdy, D.W., Chaisson, R.E., Regensberg, L., & Maartens, G. (2007). Adherence to no nucleoside reverse transcriptase inhibitor–based HIV therapy and virologic outcomes. Annals of Internal Medicine, 146 (8), 564-73.
  • Spizzichino L. (2008). Counselling e psicoterapia nell’infezione da HIV. Dall’intervento preventivo al sostegno psicologico. Roma: Franco Angeli.
  • World Health Organization/UNAIDS/UNICEF (2007). Towards universal access. Scaling up priorities HIV/AIDS interventions in the health sector. Progress Report, April 2007. Geneva, Switzerland: World Health Organization. Retrieved June 22, 2009, from http://data.unaids.org/pub/Report/2007/20070925_oms_progress_report_en.pdf

 

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