Un ragazzo di 23 anni, con precedenti per stupefacenti insieme a un complice di cui il ruolo non è ben chiaro, attira un coetaneo in una trappola in una casa abbandonata, lo lega, lo brucia con le sigarette dopo averlo legato e lo uccide, poi brucia il cadavere. Motivo: passionale. Questa la storia, che viene riportata dall’Ansa. E’ stato arrestato, ma perché è stato arrestato? Perché la madre, appena lui al telefono l’avverte di ciò che ha fatto, chiedendo soldi e complicità, butta giù il telefono e chiama la polizia. Ad un figlio accecato dalla passione che in questa cecità emotiva si perde e perde un ragazzo alla vita, lei contrappone un’indipendenza dalla passione e dall’emozione che desta ammirazione, ma prima di questo, stupore. E’ una cosa rara, è uscita dal ruolo di madre cieca che il mondo le ha dato. E questa è la vera notizia che il giornalista non sottolinea, la donna non cade senza pensieri nel suo ruolo di complice, ma mantiene la capacità di discernere e sceglie un’altra strada. Noi non sappiamo le sue motivazioni, se l’ha fatto per proteggerlo da se stesso, se ha avuto un forte e indipendente sentimento morale, sappiamo che non c’è stata. Non c’è stata ad un’omertà degli affetti che è destinata secondo il senso comune a oscurare la bussola morale delle madri e a renderle complici dei peggiori delitti. Ci piace che sia rimasta una donna forte e indipendente, che non sia divenuta cieca. Per la sua vista acuta. Per la sua indipendenza. Certo ci chiediamo anche come può una madre così capace di discernimento avere un figlio così malnato. Questione di genetica? Questione di padri? Di ambiente sociale? Di sfortuna? Questo l’articolo non dice, ma è bello pensare questa madre che combatte contro il senso comune che la vuole in un ruolo che le sta stretto. Vorremmo che avesse un premio dalla nostra Repubblica per il suo senso dell’onore e per la sua forza morale.
Le madri non sono cieche
Pubblicato il 05 Ott. 2011
