Prosegue dall’articolo di ieri: Il Potere Politico dei Social Media – Prima Parte – .
E in Italia?
Come giustamente cantano i Daft Punk, Television Rules the Nation. Il duopolio televisivo concentrato e controllato dal potere centrale restituisce un’immagine a dir poco parziale della situazione del paese, i quotidiani -con la sola eccezione de Il Fatto Quotidiano– sono controllati da gruppi di potere, dipendenti in maniera morbosa da introiti pubblicitari e finanziamenti pubblici, così tornando al punto di partenza. Poi c’è un altra Italia, che davvero pare un paese diverso, l’Italia online, dei social network, della politica dal basso, della cittadinanza attiva. Anche nel Belpaese abbiamo la nostra brava fetta di slacktivists, di pigri cliccatori di “Salviamo la foca monaca” ma questa non è che la punta visibile e banale dell’iceberg. Alienati dai mezzi di comunicazione di massa tradizionali -imbavagliati e maldestri-, delusi da vent’anni di Berlusconismo conditi da un’opposizione patetica, gli italiani hanno sposato i social media con un entusiasmo e un’energia prodigiosa.
Basti pensare al movimento Cinque Stelle, nato nelle piazze e coordinato sulla rete, che è stato in grado di organizzare e coordinare i due V day. Come Shirky non si stanca mai di ripetere, gli strumenti forniti dai social media non sono un rimpiazzo per l’azione politica nel mondo reale, quanto un potentissimo strumento per coordinarla. Il movimento NO TAV, nato in Val di Susa, è stato in grado grazie alla rete di raccogliere proseliti e simpatizzanti da tutte le regioni di Italia e persino dall’estero. L’informazione ufficiale ha provato in tutti i modi a rappresentare il problema TAV come una disputa tra stato centrale e pochi montanari retrogradi contrari al progresso. Il coordinamento in rete ha invece evidenziato come la Val di Susa e il progetto suicida della TAV fossero un problema strategico di portata nazionale, che riguarda l’intero paese e in cui la soluzione deve essere concertata trovando un accordo tra istituzioni e popolazione.
Ma l’esempio più lampante del potere politico dei social media l’abbiamo avuto il 12 e 13 giugno 2011. A inizio anno il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e Italia dei Valori hanno promosso un referendum abrogativo per annullare le leggi sulla privatizzazione dell’acqua pubblica, sulla reintroduzione del nucleare in Italia e sul Legittimo Impedimento.
La copertura mediatica riguardo al referendum è stata imbarazzante: i giornali ne hanno parlato pochissimo, le televisioni ancora meno. La maggioranza ha tentato mosse barbine per invalidare il referendum e si è addirittura arrivati al parossismo: il 4 giugno il TG1 riporta la notizia della chiamata al voto per gli italiani “sbagliando” le date del quesito referendario. La rettifica arriva alla chetichella e nessuna conseguenza per il “giornalista” che aveva annunciato la notizia.
Il referendum del 12-13 giugno ha registrato la maggiore affluenza dopo quello del 1987, ed era dal 1995 che non si raggiungeva il quorum, e tutto questo è stato possibile grazie alla politica dal basso, grazie a centinaia di piccole associazioni di cittadini impegnati che si sono coordinati in rete. Ricordo l’entusiasmo di questa primavera, sul newsfeed di Facebook si poteva misurare la temperatura politica degli italiani online, il loro impegno, fosse il pigro click sul “mi piace” o lunghe ed estenuanti operazioni di viral marketing per raccogliere contatti, per allargare le mailinglist, per convincere tutti quelli già informati a farsi carico di portare a votare quante più persone fosse possibile.
Le iniziative sono state tantissime, fantasiose e commoventi, si aveva davvero l’impressione che “O adesso o mai più” o prendendo a prestito da un’altra grande iniziativa nata sulla rete: “Se non ora quando?”. Ci voleva un segnale, un segnale per “loro” e un segnale per “noi”, per rassicurarci, per misurare le nostre forze, il nostro peso e il nostro potere nell’orchestrare un cambiamento. A pochi giorni dal voto si è persino organizzato il TAXI QUORUM: chi aveva a disposizione un automobile si iscriveva a un gruppo su Facebook per offrire accompagnamento ai seggi ad anziani e invalidi. Il risultato referendario del 12 e 13 giugno ha anche rappresentato la dimostrazione della potenza di un nuovo modo di auto-organizzazione delle persone, che da sole, senza demagogia hanno riscoperto l’amore per la politica, quella di tutti i giorni. Il Quorum è passato. Grazie a Facebook, ai blog, alle reti e alle associazioni.
E poi, sembra brutto dirlo, grazie anche a Fukushima, perché non tutto il male viene per nuocere.
BIBLIOGRAFIA:
- Shirky C, (2011), “The Political Power of Social Media“, Foreign Affairs – Volume 90 Number 1 January/February 2011
- Gladwell M, (2010), “Small Change, Why the revolution will not be tweeted“, The New Yorker, 4-10-2010
- Gladwell M, Shirky C, (2011), “From Innovation to Revolution, Do Social Media Make Protests Possible?“, Foreign Affairs – Volume 90 Number 2 March/April 2011
- “Slacktivism“, Definizione su Wikipedia.
- McLuhan M, (1967), “Gli Strumenti del Comunicare” , Il Saggiatore, Milano