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ECED 2011: La lotta contro i PRO-ANA o la lotta PRO-SELF? Dove dirigere le risorse?

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 16 Set. 2011

Aggiornato il 27 Nov. 2015 16:16

Villa La Pietra. Licenza d'uso: Creative Commons - Owner: http://www.flickr.com/photos/thessaly/Nel suggestivo scenario di Villa La Pietra di Firenze ha inizio il congresso ECED 2011 (European Council of Eating Disorders). La prima sessione plenaria viene introdotta con la formula del debate, un confronto tra due posizioni contrapposte rispetto un tema con due contendenti a sfidarsi a colpi di dialettica e argomentazioni scientifiche. La platea di professionisti si confronta e al termine dichiara la sua posizione a favore di una o dell’altra tesi, eleggendo nei fatti un vincitore. Il clima però non è quello della sfida ma di un confronto aperto e stimolante, ironico ma non sarcastico, e soprattutto coinvolgente.

Il tema del debate odierno è tanto nuovo quanto preoccupante. Si parla di siti web PRO-ANA(a favore dell’anoressia), un fenomeno nuovo e ancora poco conosciuto dai professionisti. Si tratta di un flusso di informazioni che sfrutta i nuovi strumenti telematici e che sostiene un disturbo mentale pericoloso come l’anoressia quasi fosse un credo, una filosofia, un ideale di vita cui assurgere. Sandra Sassaroli modera il dibattito tra i due professionisti. Erik van Furth nelle vesti del proponent, colui che ha suggerito la tematica, sostiene che la progettazione di campagne contro i movimenti on-line PRO-ANA sia un dovere per i professionisti della salute mentale. Dall’altra parte David Clinton si oppone all’idea di investire risorse in questa direzione.

Erik van Furth inizia la sua presentazione mostrandoci quanto può essere profondo e disarmante il lato oscuro di internet. Il fenomeno PRO-ANA nasce da siti web che con stile propagandistico invitano le ragazze a inseguire il sogno di essere anoressiche e suggeriscono una serie di tips (trucchi) su come diventarlo in breve tempo o su come non farsi scoprire dagli altri. Ma ormai il fenomeno supera anche questi confini: su twitter e su altri social network numerose ragazze anoressiche o sostenitrici del movimento PRO-ANA si scambiano informazioni, si tengono in contatto, si sostengono nel lungo percorso di mantenimento del disturbo. Le foto dei loro profili e i nickname utilizzati (es: liveforthin, loveyourbones, thinspiration) lasciano il segno su noi osservatori. Una rete peraltro in continua crescita; nel solo 2008 c’è stato un incremento del 470% nel numero di siti PRO-ANA presenti nel web. Tuttavia non conosciamo ancora l’impatto concreto del fenomeno. La letteratura scientifica al momento ci dice che questi siti possono essere percepiti come fonti di sostegno emotivo (“loro mi comprendono”) o anche come gruppo di riferimento per il proprio senso di identità personale. Questo delicato e complesso meccanismo psicologico può portare allo sviluppo, all’incremento o al mantenimento del problema.

Erik van Furth sembra quindi avere vita facile a sostenere la sua causa. Un po’ per l’impatto emotivo che queste immagini e questi messaggi generano in noi auditori, un po’ per la consapevolezza clinica di come certi messaggi possano rinforzare questa lotta di estremo controllo delle pazienti anoressiche. Chiude il suo intervento con un messaggio chiaro: “Noi abbiamo il dovere di fare campagne contro i PRO-ANA e possiamo contrastarli”. L’esito del dibattito a quel punto sembra scontato, quasi come se si fosse già detto tutto ciò che si doveva dire sull’argomento.

Ma David Clinton non è venuto per ricoprire un ruolo passivo. Esce dalla dialettica movimentata del suo avversario e introduce una riflessione più distaccata e razionale. Innanzitutto, non sappiamo effettivamente quanto siano dannosi, o almeno quanto possa essere esteso il loro danno. Secondariamente, non possiamo pensare di bloccare la rete, rischieremmo di farle iniziare una lotta senza fine con l’unico esito di spostare i PRO-ANA in un livello sotterraneo e meno conosciuto. Terzo, se anche ne parliamo male, potremmo arrivare a promuoverne la conoscenza, in qualche modo a pubblicizzarli. Infine, tutte queste risorse spese nella lotta contro i PRO-ANA sono risorse tolte alla cura e alla prevenzione. Clinton sostiene si debba fare altro, lavorare PRO-SELF più che contro i PRO-ANA. L’argomentazione è chiara. è importante conoscere il fenomeno, scoprire perché le persone cercano e scelgono di frequentare  questi siti, quale bisogno soddisfano, attraverso quale percorso psicologico i siti PRO-ANA vengono percepiti come un soddisfacente supporto emotivo. Questo però ci deve servire per mettere in atto delle strategie più efficaci di una spietata (quanto persa in partenza) lotta alla loro scomparsa. E’ più auspicabile l’idea di usare la conoscenza e la comprensione del fenomeno per migliorare la prevenzione, creare comunicazione positiva sui nuovi media, rendere le informazioni sul trattamento più accessibili, allargare il trattamento ad alcuni aspetti cruciali che sostengono i PRO-ANA (es: il senso di identità). Non possiamo essere cacciatori di ciò che c’è di sbagliato su internet poiché ci porterebbe ad azioni inutili e a dimenticare le priorità.

Chiude Clinton e si apre il dibattito acceso e interessante, con un sapore costruttivo e molte argomentazioni oggettivamente comprensibili, a favore di ambo le parti. La cronaca vuole che alla fine, come nelle partite più emozionanti, il pronostico venga ribaltato a favore dell’oppositore (66 voti contro 44). Al di là dei disaccordi restano tuttavia messaggi condivisi. A livello individuale, l’importanza di esplorare il comportamento su internet dei nostri pazienti, anche quando non sembra esserci alcun apparente riferimento con il disturbo. A livello più generale occorre conoscere e capire questo fenomeno e i tasti psicologici che preme.

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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