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Scampoli (2018) di R. Lorenzini: storie di vita simili a tagli di stoffa elegante, ma di misura insufficiente per un abito intero – Recensione del libro

Scampoli è un libro nel quale Roberto Lorenzini ci racconta alcuni personaggi e le loro storie, che non ce la fanno a diventare una vita e ricordano per questo tagli di stoffa di misura insufficiente per un abito intero: degli scampoli. Pezzi troppo belli per gettarli, ma troppo piccoli per bastare da soli.

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 23 Mag. 2018

Lorenzini nel libro Scampoli tratta diversi temi all’interno di una cornice narrativa ricca di intrecci mai scontati: l’incommensurabilità dei piani esistenziali; la costruzione soggettiva della realtà; l’avvicendarsi del caso nella vita di ognuno; gli amori che fioriscono e sfioriscono all’improvviso e che fanno da contrappunto all’esistenza altrimenti asfittica; la morte, signora di ogni destino, implacabile e presente nello svolgersi della vita dei protagonisti.

 

La trama si snoda in alterne e parallele vicende che si aprono improvvisamente alla comprensione quando il senso del racconto sembra ormai perduto, come quei raggi di sole che appaiono nei cieli plumbei dei paesi del nord Europa dopo un temporale.

I testi nascono dai racconti dei pazienti che Lorenzini ascolta “…a bocca aperta, con l’attesa incantata di un bimbo che aspetta una meravigliosa fiaba”. Le storie sono:

scampoli che non ce la fanno a diventare una vita e ricordano … tagli di stoffa elegante, ma di misura insufficiente per un abito intero: pezzi troppo belli per gettarli, ma troppo piccoli per bastare da soli.

Così troviamo Rosa e Mario, che celebrano 25 anni di vita insieme e si accorgono che presi dal timore di ferirsi non si sono mai incontrati restando per tutti quei lunghi anni due sconosciuti.

Un padre gonfio dei successi professionali e della sua ricchezza e un figlio trascurato e negletto, una mela marcia che si toglie la vita e rimuove un ingombro sul percorso luminoso del genitore.

Claudio che rappresentandosi inadeguato cerca l’affermazione, il successo attraverso lo studio e la carriera lavorativa. Dopo averli ottenuti si ritrova in una stanza d’ospedale a fare la dialisi insieme a una donna affascinante conosciuta per caso qualche tempo prima. I due si innamorano, scoprono il presente, un tempo che non è promessa di altro, ma già realizzazione e dopo aver vissuto le loro stagioni da formiche si trasformano in cicale e assaporano finalmente con consapevolezza il piacere dell’esistenza.

Ed ancora ritroviamo un racconto che narra di una guerra combattuta con un’arma singolare: oscurando le stelle del cielo produce l’estinzione dei comunisti, sognatori e idealisti, mentre non nuoce ai pragmatici, cinici capitalisti. Chi vuole difendersi può riprodurre a casa artificialmente un cielo stellato e cercare conforto nell’abbraccio affettuoso di una “compagna”.

Si affacciano in altri capitoli Don Antonio e Alfonso, due vite parallele apparentemente contrapposte ma sottilmente embricate tra obbedienza e rivolta, amore e rabbia, fino ad essere accomunate da una fine illusoriamente drammatica; Fernando e Ilenia un emiplegico e una splendida ragazza che toccati dalla serendipidy intrecciano una stupefacente relazione; Giuseppe e Cecilia che costruiscono il loro amore nello studio medico di lui, pediatra più accudente nei confronti della mamma che del figlio. Il loro amore è poi vissuto fantasmaticamente in un letto d’ospedale dove staziona il medico per un banale incidente che gli procura la sindrome di locked in; infine Carlo, un re che a causa del suo orgoglio e della sua supponenza reitera una maledizione caduta sul suo regno quattrocento anni prima della sua reggenza.

Molto interessanti sono gli intermezzi tra un racconto e l’altro, ricchi di ironia e di paradossi. E proprio un intermezzo forse ci offre il significato profondo del testo:

“Ciò che mi tormenta non è la paura di dover morire alla mia esistenza, ma il pensiero che i desideri non si possono soddisfare, i desideri non si soddisfano mai, tutt’al più si perdono, e perdendo i propri desideri si diventa sempre qualcos’altro da se stessi”. O forse no, chissà?

Nel post scriptum Lorenzini chiude Scampoli con una nota personale, una confessione sui motivi del suo scrivere:

È una delle attività che più mi piace, quando lo faccio dimentico tutto il resto, perdo il senso del tempo e, se vengo distratto, provo irritazione.

Anche la lettura di ciò che scrive è piacevole e ricca di spunti che solo chi ascolta con rispetto e gratitudine le storie degli altri ed entra nella loro vita con discrezione per fornire aiuto riesce a trasmettere in modo così saliente.

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Antonio Scarinci
Antonio Scarinci

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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