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Disturbi Specifici dell’Apprendimento: verso un’integrazione degli interventi logopedici e psicologici

I disturbi specifici dell' apprendimento comprendono la dislessia, la disgrafia, la discalculia e si associano spesso a disagi emotivi e comportamentali

Di Maria Grazia Flore, Guest

Pubblicato il 28 Nov. 2016

Aggiornato il 26 Lug. 2017 13:38

Quando si parla di Disturbi Specifici dell’ Apprendimento (DSA), ci si riferisce alla dislessia, alla disgrafia, alla discalculia e alla disortografia.

Dott.ssa Maria Grazia Flore, Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Annalisa Peruzzi, Logopedista

I disturbi specifici dell’ apprendimento: la segnalazione

La diagnosi di disturbo dell’ apprendimento viene di solito eseguita solo al termine del secondo anno di scuola primaria, anno in cui tale disordine diventa più evidente grazie all’esposizione della letto-scrittura, nonostante sia, però, già presente dalla nascita e legato a disfunzioni del sistema nervoso centrale. Solitamente sono le maestre, durante le attività scolastiche, ad avvertire le prime difficoltà e disagi nel bambino. E’ loro dovere quindi, informare il genitore al più presto per fargli prendere contatto con il Neuropsichiatra Infantile, colui che si occuperà della vera e propria diagnosi, sulla base della quale il logopedista ed eventualmente lo psicologo, opereranno da quel momento in poi.

C’è da precisare che i bambini con disturbi specifici dell’ apprendimento, hanno un quoziente intellettivo nella norma e tutte le abilità, esclusa quella deficitaria, presentano uno sviluppo regolare.

I disturbi emotivi e comportamentali correlati ai disturbi specifici dell’ apprendimento

Quando un bambino si ritrova a fronteggiare un DSA, l’atteggiamento dei docenti, dei compagni di classe e della famiglia hanno un grande peso nel determinare evoluzioni positive o negative del suo vissuto psicologico. Le ricerche hanno messo in luce che i Disturbi specifici dell’ Apprendimento si presentano associati a disturbi emotivi e comportamentali che, se sottovalutati, possono costituire un fattore di rischio per un futuro disagio psicologico (Mugnaini et al. 2008).

Innanzitutto, un primo problema si può presentare quando ancora non c’è la diagnosi: in questo caso infatti sia il bambino che la famiglia e la scuola, si ritrovano nella confusione di un basso rendimento scolastico senza capirne il motivo.

In questa prima fase gli insegnanti si interrogano sull’impegno del bambino, sulle sue condizioni familiari, lamentano scarso impegno e disinteresse, talvolta problemi di comportamento in classe. Essi trovano anche difficoltà a spiegarsi perché il bambino che tra i pari sembra non avere particolari difficoltà, mostra poi rifiuto o problematiche quando gli si chiede di leggere e di scrivere (Stella, 2001).

I genitori sono confusi e spesso oscillano fra comportamenti severi e punitivi con inviti all’impegno e lunghi periodi in cui attendono sperando che il tempo possa portare ad un miglioramento della situazione. All’inizio in genere tendono a dare ragione all’insegnante e si associano all’idea che la difficoltà del loro bambino dipenda dallo scarso impegno o da un’insufficiente dose di esercizio.

In questa fase il bambino si sente incompreso sia in famiglia che a scuola e lui stesso comincia a dubitare delle proprie capacità. Questo può essere molto destabilizzante e provocare un abbassamento dell’autostima, disagio psicoaffettivo, un sentimento di inferiorità nonché senso di colpa, soprattutto se si sente giudicato pigro e svogliato (Gagliano 2008). Le interpretazioni e le azioni degli adulti portano, in questi casi, ad un’aggravarsi della situazione.

Quando la diagnosi è stata effettuata, e se il disturbo non viene trattato adeguatamente, le manifestazioni psicologiche della sofferenza possono assumere varie forme, anche opposte tra loro: da un lato il bambino può presentare un comportamento ritirato, chiuso in se stesso, di evitamento del confronto; questo complesso di reazioni si possono definire di tipo depressivo o inibitorio. Nella modalità di reazione opposta invece si possono presentare sentimenti di rabbia che portano a comportamenti disturbanti, opposizione alle insegnanti e aggressività col personale scolastico e con i pari, cosa che può innescare un circolo vizioso all’interno della classe. Talvolta lo stesso bambino può presentare i due diversi tipi di comportamento in momenti diversi (Ryan, 2006).

Dalle ricerche di Laghi et al. (2010) e Prior (2004) è emerso che nei bambini con dislessia si può sviluppare una sintomatologia ansioso-depressiva in quanto potrebbe scattare il meccanismo dell’anticipazione del fallimento. Dagli studi di Palladino et al. (2000), emerge inoltre che i bambini con dislessia sperimentano una sofferenza che li espone al rischio di restare intrappolati in circoli viziosi, in cui fallimenti, lo scarso investimento sulle attività scolastiche e la demotivazione vanno a potenziarsi vicendevolmente.

Considerando che è proprio durante i primi anni di scuola che i bambini si trovano ad affrontare il conflitto tra una positiva immagine di sé e i sentimenti di inferiorità (Erickson, 1987), il modo in cui riusciranno a sviluppare sentimenti positivi che li porteranno a sentirsi efficaci avrà ripercussioni sulla loro vita.

Diventa estremamente importante quindi che la scuola e la famiglia vadano ad agire tenendo conto sia del disturbo e del miglioramento del profitto scolastico, ma anche degli aspetti emotivi del bambino. In questo modo si possono ottimizzare i risultati e prevenire che il bambino sviluppi una bassa autostima, disturbi ansioso depressivi e una sottostima delle sue capacità.
Per prevenire o intervenire su tali aspetti problematici sarebbe dunque molto utile che genitori e insegnanti usufruissero di una consulenza psicologica, i cui effetti benefici andrebbero a ricadere sul minore.

I disturbi specifici dell’ apprendimento secondo la logopedia

Per quanto riguarda la logopedia, è la scienza che si occupa di tutti i disturbi della sfera comunicazionale: dai disturbi della voce ai disturbi specifici dell’ apprendimento e del linguaggio; il logopedista quindi abilita e/o riabilita tutto ciò che concerne la comunicazione. La logopedia viene spesso ed esclusivamente associata al ritardo del linguaggio o ad uno sviluppo deviante di questo, principalmente in età evolutiva prescolare. In realtà, questo tipo di trattamento, è rivolto sempre più a quei bambini che, se pur avendo già intrapreso il proprio cammino scolastico, manifestano a poco a poco difficoltà sempre maggiori rispetto ai coetanei.

Una scarsa coordinazione grafo-motoria ed oculo-manuale, un mancato orientamento, una carente integrazione spazio-temporale e l’incapacità di eseguire correttamente le numerose attività quotidiane, sono tutte forme che potrebbero, a lungo andare, evolversi in un disturbo dell’ apprendimento vero e proprio.

In presenza di uno o più Disturbi Specifici dell’ Apprendimento, il logopedista non solo definisce un piano di trattamento al quale attenersi, ma principalmente fornisce gli strumenti necessari, con l’obiettivo primario di far comprendere al bambino le proprie potenzialità e affrontare al meglio le difficoltà riscontrate. Per ovvi motivi il percorso riabilitativo si baserà su attività ludiche come principale strumento terapeutico. Il gioco durante la terapia diventa lo specchio di come percepisce la realtà che lo circonda e grazie a questo si possono osservare gli aspetti fondamentali che poi andranno a determinare il pensiero logico e quindi il linguaggio scritto e orale.
Per questa ragione, è opportuno che questi “compiti”, come altri, vengano costantemente stimolati e incanalati dall’adulto, sia esso il genitore, l’insegnante o l’educatore.

In conclusione, quando viene effettuata una diagnosi di Disturbo dell’Apprendimento, sarebbe auspicabile seguire sia un trattamento logopedico che, in alcuni casi, un percorso psicologico che si prenda cura degli aspetti emotivi che i Disturbi specifici dell’ apprendimento comportano per il bambino e la famiglia. E’ fondamentale altresì che tutte le figure di riferimento del bambino, genitori e insegnanti, lavorino nella stessa direzione, in modo che al bambino arrivino indicazioni, compiti e messaggi univoci e coerenti.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Erickson E. (1987). I cicli della vita. Armando Editore, Roma.
  • Ferraboschi L., Meini N. (1995). Recupero in ortografia. Edizioni Erickson, Trento.
  • Gagliano, A., Germanò, E., Calarese, T., Magazù, A., Grosso, R., Siracusano, R.M., Cedro, C. (2008). La comorbilità nella dislessia: Studio di un campione di soggetti in età evolutiva con disturbo di lettura. Dislessia, 4 (1), pp. 27-45.
  • Grandi L., Stella G. (2011). Come leggere la dislessia e i DSA. Edizioni Giunti Scuola, Firenze.
  • Laghi F., Musetti A., Terribili M., & Curatolo P. (2010). Disturbi specifici di apprendimento in età scolare e sintomatologia ansioso-depressiva. Dislessia, 7, 313-323.
  • Palladino, P., Poli, P., Masi, G., Marcheschi, M. (2000). The relation between metacognition and depressive symptoms in preadolescents with learning disabilities: Data in support of Brokowski’s model. Learning Disabilties Research and Practice 15(3): 142-8.
  • Prior M., Smart D. & Oberklaid F. (1999). Relationship between learning difficulties and psychological problems in preadolescent children from a longitudinal sample. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 38, 429-426.
  • Ryan M. (2004). Social and emotional problems related to dyslexia. International Dyslexia Association. Retrieved 19 October 2006, www.IDonline.org/article/19296.
  • Schindler O., Vernero I. (2012). Storia della logopedia. Edizioni Springer, Berlino.
  • Stella G. (1996). La dislessia: aspetti clinici, psicologici e riabilitativi. Franco Angeli, Milano.
  • Stella G. (2001). In classe con un allievo con disordini dell’apprendimento. Fabbri Editori, Milano.
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