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Benefici della Pratica della consapevolezza: cambiare il modo di vedere la realtà e se stessi

La pratica della consapevolezza consiste in un'osservazione non giudicante del presente al fine di prendere consapevolezza della transitorietà degli eventi.

Di Stefania Prevete

Pubblicato il 22 Nov. 2016

Aggiornato il 09 Gen. 2017 13:02

La consapevolezza è un’osservazione non giudicante ed è dunque la capacità della mente di osservare senza criticare. In questo modo è possibile vedere ogni cosa senza condanna e senza meravigliarsi di nulla. Inoltre, la consapevolezza è “osservazione partecipante” ossia il meditante è sia osservatore dei propri stati emotivi che partecipante, cioè nello stesso tempo le prova, le esperisce.

La pratica della consapevolezza: in cosa consiste

Secondo l’ottica Buddhista, noi esseri umani viviamo in un modo particolare, considerando le cose come permanenti anche quando esse non lo sono. Non siamo difatti abituati a percepire le cose in continua evoluzione, in continuo cambiamento, come in realtà sono.

Con la Meditazione vipassana, è possibile coltivare un modo speciale e diverso di guardare la vita: vederla così come esattamente è. Questo è un modo particolare di percepire chiamato “Consapevolezza“. Questo processo della Consapevolezza è molto diverso dunque dal modo abituale di conoscere ed esperire la realtà, cui siamo abituati. In genere infatti guardiamo le cose attraverso uno schermo di concetti e pensieri e scambiamo questi oggetti mentali per la realtà. In questo modo trascuriamo quasi tutti gli stimoli sensoriali che riceviamo, nonostante le risposte percettive siano intrinseche alla struttura stessa del sistema nervoso, per consolidare nella mente nient’altro che oggetti mentali.

La meditazione può invece insegnare ad esaminare, con grande precisione, tutto il processo della percezione. Esercitando la Consapevolezza si diviene sempre più consci di ciò che realmente è la vita. E’ un’educazione mentale che consentirà di fare un’esperienza del mondo completamente nuova. Non solo ci si renderà conto di cosa realmente sta accadendo intorno a noi ma consentirà, allo stesso tempo, una progressiva scoperta di se stessi. Si potrà dunque essere in grado di percepire le cose così come sono e dunque in continuo movimento, cambiamento.

La pratica della consapevolezza è detta vipassana bhavana. Vipassana deriva da “passana” che significa percepire, vedere e “vi” che ha una serie di significati tra i quali “in profondità”. Potrebbe dunque essere tradotto come “guardare all’interno delle cose con chiarezza”. Bhavana deriva da bhu che significa diventare, crescere, coltivare ed è sempre usata con riferimento alla mente per cui può essere tradotta come “coltivare la mente”. Tale coltivazione si ripromette di favorire un modo particolare di vedere le cose capace di generare profonda comprensione della realtà. Nel processo di percezione normalmente la fase della consapevolezza è molto veloce, tanto che è difficile osservarla. E’ quello stato di consapevolezza presimbolico e di brevissima durata che consiste nel mettere a fuoco la vista e la mente sull’oggetto, senza ancora oggettivarlo.

La consapevolezza è un’osservazione non giudicante ed è dunque la capacità della mente di osservare senza criticare. In questo modo è possibile vedere ogni cosa senza condanna e senza meravigliarsi di nulla. Inoltre, la consapevolezza è “osservazione partecipante” ossia il meditante è sia osservatore dei propri stati emotivi che partecipante, cioè nello stesso tempo le prova, le esperisce.

 

Le attività della consapevolezza e le finalità

La consapevolezza comprende tre attività fondamentali: il ricordarci quello che stiamo facendo, farci vedere le cose così come sono e farci vedere la natura profonda di tutti i fenomeni. Quando la mente si distoglie da ciò che stiamo facendo è infatti la consapevolezza a ricordarci cosa stavamo facendo. Essa non aggiunge altro a ciò che si percepisce, non distorce nulla. E’ grazie ad essa che dunque ci si rende conto della vera natura profonda dei fenomeni ed in particolare delle tre caratteristiche insegnate dal buddhismo sull’esistenza umana: “anicca” l’impermanenza, “dukka” l’insoddisfazione e “anatta” l’assenza di un io. La consapevolezza è il metodo col quale è possibile investigare queste verità universale col fine di farci conoscere un livello di realtà più profondo.

A questo livello di indagine più profondo, accessibile all’osservazione umana, ci si rende conto che:
– tutte le cose sono transitorie;
– qualsiasi cosa nel modo è insoddisfacente;
– non esistono entità immutevoli o permanenti, si tratta solo di processi.

La consapevolezza rappresenta così il cuore della meditazione ed è proprio in virtù dello sviluppo della consapevolezza meditativa che cambia il modo di percepire la vita: la realtà stessa viene percepita nel momento presente, nell’attimo stesso in cui accade. In questo stato percettivo ci si rende conto di come nulla resta uguale a se stesso per due momenti consecutivi. Tutto è in costate trasformazione. Ogni cosa nasce, cresce e muore, senza alcuna eccezione. Tutto è in continua trasformazione: sorge, aumenta, diminuisce e svanisce. Le esperienze piacevoli, come quelle spiacevoli, sorgono e svaniscono senza alcun controllo e non durano in eterno. Quest’impermanenza non è tuttavia causa di dolore ma solo il normale succedersi delle cose. Mentre si continua ad osservare questi cambiamenti ci si accorge di come tutto si tiene insieme, ci si rende conto della intima connessione tra tutti i fenomeni mentali, sensoriali ed affettivi. Ogni pensiero ne genera un altro, le sensazioni ed i desideri sono tutti collegati.

Il modo abituale di percepire e vedere la realtà e noi stessi è spesso causa di malessere e disagio. Di continuo ci ritroviamo a lottare per cacciare via situazioni spiacevoli e avvertiamo un profondo senso di fallimento e malessere perchè ciò non è sempre possibile. Allo stesso modo non possiamo aspettarci che le esperienze piacevoli durino in eterno ed anche questo diventa talvolta fonte di disagio. Dunque questa nuova concezione può consentire l’osservazione di ogni cosa, compreso il dolore psichico, come tale: qualcosa che sorge ed inevitabilmente tende a svanire.
Ecco dunque il beneficio della pratica della consapevolezza: cambiare il modo di vedere la realtà e se stessi.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Henepola Gunaratana, La Pratica della Consapevolezza. Astrolabio Ubaldini Edizioni, 1995.
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