In Israele nel 2003 (tra maggio e settembre), diversi neonati furono allattati con un latte in formula che ha portato a venti ricoveri in rianimazione, con sintomi riconducibili alla patologia di Wernicke (sofferenza bilaterale ai gangli della base). Fu allora eseguito uno studio sperimentale che si proponeva di analizzare la correlazione tra carenza di tiamina e sviluppo del linguaggio.
In Israele nel 2003 (tra maggio e settembre), diversi neonati furono allattati con un latte in formula che ha portato a venti ricoveri in rianimazione, con sintomi riconducibili alla patologia di Wernicke (sofferenza bilaterale ai gangli della base). Fu allora eseguito uno studio sperimentale che divideva in due gruppi i bambini che erano stati allattati con il latte in questione (poi ritirato dal mercato) e bambini allattati al seno. I criteri per rientrare nel gruppo sperimentale erano: essere asintomatici (non rientrare tra i venti ricoverati), peso nella norma alla nascita e parto non prematuro, assunzione del latte che ha causato i ricoveri tra maggio e settembre 2003.
Questi bambini avevano all’incirca cinque anni di età. Va premesso che dopo aver analizzato il latte in questione, si è riscontrata la carenza della vitamina B1, più nota come tiamina, la quale è importantissima nel metabolismo cerebrale, nella formazione delle sinapsi e nella trasmissione sinaptica. Inoltre i bambini usciti dalla rianimazione a 2 o 3 anni mostravano un deficit specifico del linguaggio. Lo studio si proponeva appunto di appurare se la correlazione tiamina-sviluppo del linguaggio fosse concreta.
Nella prima fase venne testata la produzione di frasi relative (soggetto relative o oggetto relative) per testare la sintassi; nella seconda fase si testò la capacità di produzione delle frasi relative e nella terza la comprensione (sempre per valutare la sintassi). Risultò che nel primo compito i soggetti con carenza di tiamina avevano difficoltà solo con le frasi oggetto relative, in comprensione e ripetizione con tutte e due le tipologie di frase. Si è poi passati a testare la lessicalità con la denominazione di figure e sono stati riscontrati deficit anche in quest’area. L’unica abilità non intaccata è la semantica, dove nei test di associazione di figure e riporto di anomalie semantiche, i soggetti del gruppo sperimentale riportavano gli stessi punteggi di quelli del gruppo di controllo. L’IQ non verbale (misurato con le matrici di Raven) risultava altresì nella norma.
In sintesi il 97 per cento dei bambini con carenza di tiamina mostrava deficit sintattici e lessicali (88% lessicali e 80% sintattici), il 70 per cento circa entrambi i deficit e il 90 per cento nessun deficit semantico. Con un follow-up a 3 anni dallo studio condotto nel 2008, i bambini del gruppo sperimentale miglioravano leggermente nel lessico ma il 97 per cento presentava dislessia o altri disturbi linguistici. In sintesi, da questo studio si può trarre la conclusione che la tiamina (presente in cereali, legumi, verdura e frutta secca; non autoprodotta dall’organismo) sarebbe cruciale per uno sviluppo sano dell’abilità di linguaggio.