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La stimolazione magnetica transcranica e il sollievo di una mente plastica 

Quali sono i meccanismi cerebrali alla base del funzionamento terapeutico della TMS? Quali sono gli effetti plastici che produrrebbe nel cervello umano?

Di Jacopo Lamanna, Mattia Ferro

Pubblicato il 17 Mag. 2021

Aggiornato il 13 Mag. 2022 15:28

Molti ricercatori hanno studiato gli effetti neurofisiologici della TMS sia nell’uomo che nel modello animale, traendo molte informazioni a supporto di un ruolo centrale della plasticità neurale nell’efficacia della sua azione.

 

 Un trattamento efficace e rapido, basato su sequenze di impulsi magnetici in grado di attivare i neuroni in precise regioni della corteccia cerebrale, capace di curare la sintomatologia connessa a stati depressivi, dipendenze, ossessioni: si tratta della stimolazione magnetica transcranica (TMS), metodica non invasiva utilizzata sia in ambito clinico che nella ricerca in neuroscienze e che permette di stimolare, attraverso differenti tipologie di bobine atte alla produzione di campi elettromagnetici, il tessuto corticale al di sotto delle ossa craniche. Ma quali sono i meccanismi cerebrali alla base del funzionamento terapeutico di questa tecnica in continua evoluzione? Molti ricercatori hanno studiato gli effetti neurofisiologici della TMS sia nell’uomo che nel modello animale, traendo molte informazioni a supporto di un ruolo centrale della plasticità neurale nell’efficacia della sua azione.

Come noto, la plasticità riguarda modifiche di vario tipo a carico del tessuto nervoso, che possono essere mantenute nel tempo alterando significativamente sia la struttura che la funzione dei circuiti neurali, con ovvie conseguenze in termini di funzionamento del cervello.

Tra queste modifiche possiamo trovare alterazioni morfologiche, in cui la forma dei neuroni e il numero delle loro diramazioni può cambiare notevolmente, così come modifiche funzionali, rappresentate da una maggiore o minore capacità di trasmettere gli impulsi attraverso la sinapsi, l’unità fondamentale che supporta la comunicazione tra neuroni, nonché da una variazione del numero di questi contatti. Tutte queste modifiche sono permesse da processi biochimici e molecolari finemente regolati che hanno luogo all’interno dei neuroni e che vanno dall’aumento dei livelli intracellulari dello ione calcio all’attivazione di differenti chinasi o fosfatasi (enzimi in grado di modificare le proprietà costitutive e funzionali di proteine target tramite l’aggiunta o la rimozione di gruppi fosfato da queste), fino ad arrivare all’attivazione di specifici geni codificanti per la sintesi ex novo di proteine necessarie a rendere stabili nel lungo periodo le modifiche sopracitate.

La gran parte delle modifiche plastiche possono essere indotte da periodi di attività neuronale molto particolari: brevi attività ad alta frequenza (ad esempio 100 stimoli al secondo per 1 secondo) sono generalmente in grado di potenziare la forza delle connessioni sinaptiche, mentre regimi di attività a bassa frequenza ma protratta nel tempo (1 stimolo al secondo per decine di minuti) sono noti deprimere l’efficacia di trasmissione.

Date queste premesse, non è difficile ipotizzare che l’attività neurale indotta dai protocolli TMS utilizzati nella pratica clinica sia effettivamente in grado di causare modifiche plastiche nei circuiti cerebrali sottostanti. Tuttavia, una dimostrazione diretta e inequivocabile di questa ipotesi deve ancora essere fornita.

Ma quali sono gli effetti plastici che la TMS produrrebbe nel cervello umano? Una delle evidenze più comunemente raccolte dagli studi scientifici si basa sull’aumentata risposta motoria. Tramite il posizionamento del coil su una precisa localizzazione in uno due emisferi (ad esempio il sinistro) corrispondente alla corteccia motoria primaria (M1) è infatti possibile evocare una risposta muscolare in un arto controlaterale (ad esempio il dito della mano destra). Questo semplice test permette di calcolare la minima ampiezza dello stimolo magnetico in grado di attivare in modo significativo i neuroni piramidali della corteccia cerebrale sottostante al coil, una procedura assolutamente necessaria per calibrare l’intensità di stimolazione nei protocolli terapeutici.

Data la facilità di misurazione, molti autori hanno sfruttato queste risposte, definite appunto potenziali evocati motori (PEM), anche per studiare gli effetti potenzianti indotti dalla TMS sull’attività cerebrale. È stato dimostrato infatti che differenti protocolli di stimolazione (TMS ripetuta e TMS “theta-burst” intermittente) aumentano a lungo termine l’ampiezza del PEM (Cash et al., 2016). Un’osservazione molto interessante riguarda la possibilità di potenziare la risposta motoria TMS-indotta per uno specifico arto dopo aver applicato la TMS sulla corteccia motoria mentre il soggetto “immagina” di muovere l’arto stesso (Foysal and Baker, 2020). Ma l’applicazione dei protocolli TMS su M1 è anche in grado di migliorare l’apprendimento motorio, velocizzando ad esempio il recupero delle funzioni motorie dopo un ictus (Volz et al., 2016).

 Anche altre regioni cerebrali possono essere “potenziate” dalla TMS: un’opportuna stimolazione della corteccia visiva primaria (V1), produce un miglioramento dell’acuità visiva in soggetti affetti da ambliopia (Thompson et al., 2008).

Le osservazioni sperimentali sopra discusse sicuramente suggeriscono che alla base dell’efficacia clinica della TMS possa esserci una modifica funzionale dei circuiti cerebrali coinvolti, probabilmente attraverso aumento dell’eccitabilità e/o della forza della trasmissione sinaptica.

Tuttavia, nessuno studio effettuato ad oggi su soggetti umani è stato in grado di dirci chiaramente se i meccanismi alla base di questi cambiamenti siano gli stessi coinvolti nella plasticità sinaptica.

Quello della plasticità sinaptica è infatti un fenomeno di fondamentale importanza per il funzionamento del nostro sistema nervoso: ne regola lo sviluppo embrionale e post-natale, è alla base di funzioni complesse quali l’apprendimento e la memoria, garantisce il recupero fisiologico dopo traumi. Tuttavia, la plasticità sinaptica è anche estremamente variabile nei processi molecolari e biochimici coinvolti e nelle componenti neurotrasmettitoriali e recettoriali necessarie alla sua induzione. Per questo motivo, diversi studi hanno indagato i meccanismi alla base delle modifiche indotte dalla TMS sul sistema nervoso di modelli animali, per lo più roditori, dove le tecniche di elettrofisiologia, biochimica e microscopia che possono essere applicate permettono di raccogliere una lunga serie di variabili biologiche e di analizzare in maniera più diretta e con maggior precisione la presenza di elementi molecolari coinvolti nei processi di induzione della plasticità.

Queste indagini hanno prodotto chiare evidenze a favore dell’ipotesi che la TMS possa reclutare o rendere più efficaci fenomeni di plasticità sinaptica in molte aree cerebrali, sia direttamente che indirettamente attivate dallo stimolo magnetico.

A livello della corteccia visiva, si è osservato come la TMS ripetuta (rTMS) possa aumentare la performance visiva nei ratti precedentemente deprivati sensorialmente (una condizione che, se applicata nelle prime fasi dello sviluppo, ne limita l’acuità visiva), e che questo fenomeno è accompagnato da una riorganizzazione delle proiezioni sinaptiche e coinvolge l’attivazione di fattori trofici quali BDNF (brain derived neurotrophic factor) e di specifiche chinasi (PKC) note essere coinvolte anche negli effetti plastici (e benefici) dell’arricchimento ambientale (Castillo-Padilla and Funke 2016).

Un esempio di grande interesse è rappresentato dalla corteccia prefrontale (PFC), target di molti protocolli clinici basati su TMS: applicando la stimolazione magnetica alla PFC di ratti, è stato osservato come i livelli di BDNF vengano aumentati sia nel sito di stimolazione che nell’ippocampo, e come in quest’ultimo venga significativamente promossa anche l’espressione dei recettori sinaptici per il glutammato, un chiaro segno di plasticità sinaptica a carico di circuiti eccitatori (Gersner et al., 2011).

Tuttavia, la più grande mole di evidenze prodotte dagli studi animali a proposito del collegamento TMS – plasticità è riconducibile a studi su circuiti e aree sensori-motorie.

In questo campo, alcuni risultati molto interessanti riguardano la capacità della TMS di produrre una riorganizzazione delle cosiddette “reti perineuronali”, una sorta di matrice extracellulare specializzata, contenente proteine e carboidrati, che raccoglie e modifica strutturalmente interi gruppi di neuroni, per lo più inibitori. Si pensa che questa struttura giochi un ruolo chiave nell’aprire e chiudere i cosiddetti “periodi critici”, finestre temporali ad alto potenziale plastico che caratterizzano le fasi precoci dello sviluppo cerebrale, permettendoci ad esempio di definire e affinare le nostre funzioni sensoriali e motorie al meglio. Da alcuni studi su modello animale emerge come la TMS, agendo su queste reti, modifichi il numero e l’eccitabilità dei neuroni coinvolti (detti interneuroni “fast-spiking”, a causa delle loro alte frequenze di scarica) (Mix et al., 2015). Per questo motivo, la TMS potrebbe rappresentare uno strumento per riaprire il periodo critico permettendoci di recuperare funzionalità cerebrali sviluppatesi in modo anomalo o perse, ad esempio in seguito ad ictus o ischemie. A questo proposito è stato dimostrato sempre in modelli animali di trauma cerebrale che la TMS migliora l’efficacia della riabilitazione e che questo effetto è accompagnato da un’aumentata attività della chinasi calcio/calmodulina-dipendente II (CaMKII), una delle più note intervenire nei meccanismi intracellulari di induzione di plasticità sinaptica (Lu et al., 2015).

Recentemente, alcuni ricercatori hanno iniziato ad applicare la TMS a modelli animali di disturbi mentali che hanno mostrato ricevere benefici terapeutici da questa tecnica di neuromodulazione. Un lavoro molto interessante dimostra l’efficacia della TMS in un fenotipo murino simil-depressivo basato sullo stress cronico, nel quale, oltre ad un alleviamento dei sintomi, la stimolazione magnetica produce anche un recupero della plasticità ippocampale, seriamente compromessa dalla condizione patologica (Yang et al., 2019).

Moltissimi altri esempi si possono reperire nella letteratura scientifica preclinica che utilizza il modello animale, e che evidenziano chiari segni a favore di un ruolo della plasticità sinaptica nel sottendere i miglioramenti funzionali prodotti dalla TMS.

Si spera che nel vicino futuro questo tipo di studi possano contribuire in modo importante a definire nuovi protocolli di stimolazione TMS, ancora più efficaci e mirati, in grado di recuperare la funzionalità fisiologica dei circuiti neurali compromessi dalle molte condizioni psichiatriche e psicopatologiche che, purtroppo, ancora non trovano una soluzione completa nell’utilizzo della psicoterapia e della psicofarmacologia.

 


Glossario:

Stimolazione magnetica transcranica (TMS): La stimolazione magnetica transcranica è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica del tessuto cerebrale effettuata posizionando dei potenti magneti in prossimità della cute. Mediante questa tecnica, è possibile stimolare e studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali del cervello, provocando una alterazione della attività elettrica piuttosto ridotta e transitorio e per lo più limitata ai tessuti più esterni del cervello (corticali)

Bobina/coil: componente della TMS atta a produrre la stimolazione elettromagnetica che viene generalmente poggiata sulla testa del paziente, a contatto con la cute. Esistono differenti tipologie di coil/bobine che determinano quanto lo stimolo possa essere concentrato su una data area dello scalpo e quanto in profondità possa penetrare

Plasticità neurale: Anche detta plasticità sinaptica. E’ la capacità del sistema nervoso di modificare l’intensità degli impulsi sinaptici, di instaurare nuove sinapsi e di eliminarne alcune. Questa proprietà permette al sistema nervoso di modificare la sua struttura e la sua funzionalità in modo più o meno duraturo e dipendente dagli eventi che li influenzano come ad esempio l’esperienza

Sinapsi: La sinapsi (o giunzione sinaptica) (dal greco synapses), composto da σύν (con) e ἅπτειν (toccare), (vale a dire “connettere”) è una struttura altamente specializzata che consente la comunicazione delle cellule del tessuto nervoso tra loro (neuroni) o con altre cellule (cellule muscolari, sensoriali o ghiandole endocrine)

Chinasi: Enzimi che catalizzano il trasferimento del gruppo fosfato dall’adenosintrifosfato (ATP) ai loro substrati

Fosfatasi: Enzimi che catalizzano la rimozione dei gruppi fosfato

Eccitabilità neurale: Proprietà biofisica fondamentale dei neuroni che consiste nella capacità di generare impulsi elettrici che si propagano lungo la membrana

Brain derived neurotrophic factor (BDNF): neurotrofina che agisce su determinati neuroni del sistema nervoso centrale e del sistema nervoso periferico, contribuendo a sostenere la sopravvivenza dei neuroni già esistenti, e favorendo la crescita e la differenziazione di nuovi neuroni e sinapsi

Periodo/i critico/i: Individuano fasi circoscritte dello sviluppo in cui la maturazione del sistema nervoso è guidata dalla stimolazione ambientale e i fenomeni di plasticità neurale si manifestano ai massimi livelli

Chinasi calcio-calmodulina dipendente (CaMKII): E’ una proteina chinasi regolata dal complesso Ca2 +/calmodulina. CaMKII è coinvolto in molte cascate di segnalazione e si ritiene che sia un importante mediatore dell’apprendimento e della memoria

 


 

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