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Ascoltare con tutti i sensi: Riflessioni sull’ascolto pluri-sensoriale in psicoterapia

L’importanza dell’ascoltare “con tutti i sensi” il paziente e ciò che accade dentro la relaziona psicoterapica

Di Maria Maddalena Viola

Pubblicato il 29 Dic. 2017

Aggiornato il 03 Set. 2019 14:58

Recuperando le riflessioni offerte da Resnik (2005) circa l’importanza dell’ascoltare “con tutti i sensi” il paziente e ciò che accade dentro la relaziona psicoterapica, ritengo che sia molto stimolante poter pensare all’ascolto come ad una traccia musicale che per essere udita trova canali espressivi spesso alternativi e/o complementari al canale uditivo, e che dunque permettono l’attivazione di diversi centri sensoriali: olfatto, tatto, vista. Canali ricettivi ed espressivi che passano attraverso il delicato rapporto che esiste tra corpo e psiche.

 

Già Freud aveva considerato il corpo come una cerniera tra lo psichico e la materia fisica, qualcosa che il soggetto è, ma anche qualcosa che il soggetto guarda, tocca, odora, ammira o disprezza. In tal senso, il corpo diviene tetro comunicativo principale, un corpo che parla e che a volte svolge le operazioni conflittuali proprie della psiche, come nelle manifestazioni psicosomatiche.

L’ascolto del corpo e del livello comunicazionale non verbale, pertanto, appare un canale di comprensione centrale tanto quanto quello verbale, poiché i due livelli condividono e generano, sin dalla nascita del soggetto e della sua soggettività, la dimensione psichica; del concetto di sé corporeo non a caso si sono occupati diversi autori, che a partire dai contributi di Winnicott relativi alle funzioni di holding e handling materno (1965), hanno colto il nesso profondo che esiste tra corpo-psiche e intersoggettività.

La fondazione del corpo è legata all’intersoggettività, e l’insediamento della mente nel corpo viaggia attraverso di essa (Panizza, 2008), poiché è attraverso lo scambio comunicativo, l’ascolto multisensoriale reciproco, che si pongono le basi per l’interiorizzazione di un modello intrapsichico che permette il transito tra sé come soggetto che riflette e sé come oggetto su cui riflette, favorendo così l’integrazione mente-corpo. Resnik pone l’accento su un aspetto centrale relativo al discorso sul corpo “L’Io psichico ha un suo habitat che è il corpo, e il corpo è un corpo vissuto nella misura in cui è abitato dalla psiche”, ma la dimensione di vitalità a cui l’autore fa riferimento, quando parla dei pazienti in analisi, ritengo che debba nutrirsi e venire ulteriormente rigenerata attraverso l’incontro con la mente-corpo dell’analista che a sua volta deve essere altrettanto viva e disponibile all’ascolto multisensoriale del paziente. La comunicazione è intersoggettiva, e questo è un assunto che la scuola psicoanalitica moderna ha avvalorato e ormai ha fatto proprio come concetto di base, ma ciò che oggi necessita di ulteriore attenzione è l’idea che anche l’ascolto sia intersoggettivo, nelle sue diverse forme espressive; l’odore del paziente, a cui Bion ha dedicato alcune raffinate riflessioni, riprese nel testo da Resnik (2009), non può non prescindere dall’odore che lo stesso analista emette e sul quale il paziente può fantasticare, e lo stesso vale per i suoni, le smorfie, i movimenti corporali, al loro rapidità o lentezza, etc…un paziente dunque non più “ingenuo” ma capace anche egli di respirare continuamente i movimenti dell’analista (Panizza, 2008)

A tal proposito, è possibile ampliare la riflessione sull’ascolto analitico, mettendo in luce i diversi canali di ascolto, alternativi allo sguardo, che il setting da lettino attiva tanto nel paziente quanto nell’analista, seppur non si può non tenere conto di una grossa asimmetria, ovvero il paziente non vede l’analista mentre l’analista guarda il paziente, e ancora il paziente sa di essere visto dall’analista che a sua volta sa di non essere visto dal paziente. Cosa rimane dunque al paziente? L’udito e le sensazioni olfattive e cenestesiche, che permettono l’attivarsi di meccanismi associativi, regressivi e stati di rêverie che si intrecciano a quelli propri dell’analista generando un campo terzo (Ogden, 1997) nel quale gli stessi canali di ricezione e comprensione subisco delle trasformazioni che danno avvio al processo analitico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ogden, T. (1997). Rêverie  e interpretazione. Astrolabio, Roma, 1999.
  • Panizza, S. (2008). La prospettiva relazionale in psicoanalisi. Franco Angeli, Milano.
  • Resnik, S. (2009). Ferite, cicatrici e memorie. Borla, Roma.
  • Winnicott, D. W. (1965). Sviluppo affettivo e ambiente. Armando editore, 2013.
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