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Sognare: è possibile anche “a mente vuota”

Una ricerca ha rivelato come sia possibile sognare anche in condizioni di “mente vuota”, cioè in condizioni caratterizzate da un Deficit di Auto-Attivazione

Di Francesca Vinciullo

Pubblicato il 26 Set. 2013

Aggiornato il 04 Feb. 2019 12:01

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Una recente ricerca coordinata da Isabelle Arnulf e colleghi (The Sleep Disorders Unit – Université Pierre et Marie Curie – UPMC) ha rivelato come sia possibile sognare anche in condizioni di “mente vuota”, cioè in condizioni caratterizzate da un Deficit di Auto-Attivazione (AAD).

Questa sindrome neuro-fisiologica è causata da un danno bilaterale ai gangli della base, ed è caratterizzata da una severa apatia, assenza di attivazione spontanea dei pensieri e di comportamento autodiretto.

In questo situazione, le normali attività quotidiane sono difficili da compiere e necessitano dell’aiuto di un caregiver per essere svolte.

L’assenza di consapevolezza dei propri pensieri, infatti, causa una severa riduzione delle normali funzioni quotidiane. Il nucleo di questa patologia è costituito, quindi, dalla mancanza di pensiero cosciente, per cui la sensazione esperita è di non avere alcun pensiero.

Questo studio vuole indagare la capacità di sognare di questa categoria di soggetti e confermare l’ipotesi sperimentale per cui il sogno è causato da processi bottom-up. L’ambito teorico di riferimento è caratterizzato dalla disputa tra teorie top-down e bottom-up del sogno.

La prima postula che i sogni vengano prodotti dalle strutture cerebrali deputate alla memoria, procedendo a ritroso verso gli elementi sensoriali, attraverso l’immaginazione.

La seconda afferma che siano le strutture del tronco encefalico a elicitare i movimenti oculari e l’attivazione della corteccia che avviene durante la fase REM, per mezzo degli elementi immaginativi, visivi e sensoriali del sogno.

Il campione sperimentale è costituito da 13 pazienti affetti da AAD e 13 soggetti del gruppo di controllo, appartenenti alla popolazione normale. Vennero registrati i loro sogni lungo l’intero arco della settimana. Successivamente, vennero osservate sia le registrazioni della fase del sonno sia quelle della fase onirica. In una prima fase,  i ricercatori valutarono la durata del sonno dei soggetti, la struttura e  l’architettura dei sogni. Durante la seconda fase di valutazione, invece, i ricercatori svegliarono i pazienti durante la seconda fase REM del sonno, ed ancora dopo 10 minuti dall’inizio della successiva fase REM del ciclo seguente.

Venne chiesto loro che cosa stessero sognando prima di essere svegliati. Le risposte furono valutate sulla base di indicatori quali la bizzarria, la complessità del sogno ed il livello di elaborazione. Quattro dei 13 soggetti affetti da AAD riferirono di aver sognato dopo essere stati svegliati durante la fase REM, nonostante mostrarono assenza di pensiero cosciente durante la veglia. I sogni riferiti erano privi di elementi emotivamente complessi e bizzarri, a differenza di quelli riportati dal gruppo di controllo.

Nonostante la semplicità del materiale onirico, il contenuto risultò interessante. Uno dei pazienti affetti da AAD riferì di un sogno in cui si radeva la barba, operazione, questa, mai intrapresa nella vita reale senza l’aiuto di un caregiver, a causa di una grave forma di distonia. Per quanto riguarda le misurazioni delle fasi del sonno, non vennero individuate importanti differenze tra i due gruppi, ad eccezione di un 46% di pazienti affetti da AAD che mostrarono la completa assenza di fusi del sonno, cioè di particolari treni di onde che compaiono all’inizio dello stadio 2 del sonno e perdurano per tutta la durata del sonno non-REM. L’assenza di questi fusi evidenzia il ruolo centrale del pallidum e del corpo striato durante questa fase.

Questi risultati confermano la tesi secondo cui la capacità di sognare scenari non complessi sia possibile anche in assenza di pensieri in fase di veglia e avvenga attraverso la stimolazione delle strutture del tronco encefalico, quindi attraverso un processo bottom-up, mentre la complessità dei sogni tra origine dai processi cerebrali superiori. 

 

LEGGI: 

SOGNI – NEUROSCIENZENEUROPSICOLOGIA

SONNO REM E SOGNO? LA TEORIA DI HOBSON

 

BIBLIOGRAFIA 

  • Semenescu, S. L., Uguccioni, G., Golmard, J.-L., Czernecki, V., Yelnik, J., Dubois, B., Forgeot d’Arc, B., Grabli, D., Levy, R., & Arnulf, I. (2013). Can we still dream when the mind is blank? Sleep and dream mentations in auto-activation deficit. Brain, DOI: 10.1093/brain/awt229.

 

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Francesca Vinciullo
Francesca Vinciullo

Dottore Magistrale in Psicologia Clinica

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