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In passato alcune ricerche hanno studiato la connessione personalità/ effetto placebo. Recente è la effettiva correlazione tra i due fattori.
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Lo studio pilota ha avuto una durata di circa dieci anni ed è stato condotto da un gruppo di ricercatori della U-M Medical School, University of North Carolina e University of Maryland, guidato da Jon-Kar Zubieta, professore presso il Dipartimento di Radiologia e membro del Molecular and Behavioral Neuroscience Institute.
In questa ricerca cinquanta volontari sani, di età compresa tra i 19 e i 38 anni, sia di sesso maschile che di sesso femminile, sono stati sottoposti a test standard per la valutazione dei tratti di personalità.
Ai volontari fu detto che sarebbe stato loro iniettata una piccola quantità di soluzione salina ipertonica nei muscoli della mascella che avrebbe causato una sensazione dolorosa, e che a distanza di qualche minuto sarebbe stata loro somministrata una dose di antidolorifico – in realtà un placebo sottoforma di pillola di zucchero – della quale avrebbero dovuto valutare l’efficacia su un’apposita scala.
In seguito, durante la sessione sperimentale, fu monitorata l’attività cerebrale dei soggetti attraverso le scansioni di tomografia a emissione di positoni (PET).
I risultati ottenuti mostrarono che circa il 25% dell’aumento dei livelli cerebrali di oppioidi endogeni – sostanze dotate di proprietà analgesiche naturalmente prodotte dal cervello, che si ritiene rappresentino i mediatori dell’effetto placebo, e la cui sintesi sarebbe stimolata dalle aspettative positive – e la concomitante riduzione dei livelli di cortisolo nel sangue, potrebbero essere attribuiti a specifici tratti di personalità.
Le aree principalmente interessate furono la corteccia cingolata anteriore (ACC) dorsale e subgenuale, la corteccia orbito frontale, l’insula, il nucleo accumbens, l’amigdala e la sostanza grigia periacqueduttale (PAG).
La risposta ai placebo sembra essere, quindi, in stretta connessione con i tratti di personalità come la resilienza (ovvero la capacità di affrontare le avversità), la semplicità, l’altruismo o piuttosto la rabbia e l’ostilità, mentre altri non sembravano essere influenti. Infatti, coloro che avevano una maggiore capacità di resistere e superare i fattori di stress o le situazioni difficili avevano una maggiore capacità di assumere informazioni ambientali – in questo caso il placebo – e convertirle in un cambiamento a livello biologico.
Contrariamente, il neuroticismo, vale a dire la tendenza a sperimentare emozioni negative, come ansia, rabbia, ostilità, depressione, impulsività, è risultato correlato in maniera negativa all’effetto placebo; l’ostilità in particolare è risultata il migliore predittore di una sua inefficacia.
Ciò nonostante i risultati sono importanti per le loro implicazioni nel rapporto medico-paziente e potrebbero aiutare i ricercatori a comprendere i meccanismi alla base dell’efficacia di una terapia in differenti persone. Tuttavia, i dati prodotti dovrebbero essere avvalorati su un campione più ampio.
L’EFFETTO PLACEBO SULLA PSICOPEDIA DI STATE OF MIND
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BIBLIOGRAFIA:
- Peciña, M., Azhar, H., Love, T. M., Lu, T. Fredrickson, B.L. Stohler, C.S., & Zubieta, J.K. (2012). Personality Trait Predictors of Placebo Analgesia and Neurobiological Correlates. Neuropsychopharmacology. 10(1038):227.