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La motivazione a essere attivi ed i comportamenti impulsivi.

Chi si pone in un’ottica motivazionale fortemente attiva tesa verso il cambiamento paradossalmente si spianerebbe la strada per non riuscire

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 15 Mar. 2012

– Rassegna Stampa – 

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze PsicologicheUn nuovo studio pubblicato su Motivation and Emotion sembrerebbe suggerire che chi si pone in un’ottica motivazionale fortemente “attiva” (e probabilmente doverizzante) tesa verso il cambiamento paradossalmente si spianerebbe la strada per non riuscirci.

In un primo esperimento ai soggetti sperimentali sono state mostrate parole che suggerivano l’idea di essere attivi (come ad esempio “iniziare”, “attivo”, etc.) oppure l’idea di essere meno attivi e più tranquilli (“fermarsi”, “stop”, “pausa”). A seguito di questa esposizione concettuale, i ricercatori hanno valutato l’autocontrollo dei soggetti misurando il loro desiderio di ottenere una immediata ricompensa economica al posto di una somma di denaro maggiore ma dilazionata nel tempo; similmente in un secondo esperimento, dopo il priming verbale già descritto veniva misurata l’impulsività dei soggetti attraverso un gioco al computer.

In entrambi gli esperimenti, i soggetti che erano stati sottoposti al priming “attivo” avevano maggiori probabilità di effettuare scelte impulsive a scapito di obiettivi a lungo termine e mostravano un minor controllo dell’impulsività rispetto a coloro che erano stati sottoposti a parole che si riferivano a un minore attività e maggior tranquillità.

A livello naif si sente dire spesso che le persone per mantenere l’autocontrollo devono attivamente imporsi con la volontà e attivamente combattere contro le tentazioni; questi esperimenti sembrano suggerire che i tentativi di motivare sé stessi a essere attivi nel far fronte alle tentazioni può incrementare la propensione verso comportamenti impulsivi; secondo gli autori motivarsi a un atteggiamento più calmo e meno teso al cambiamento sarebbe più funzionale a evitare decisioni impulsive (forse lasciando più spazio all’utilizzo del pensiero nell’associazione stimolo-azione). Indubbiamente sarebbe interessante riproporre lo studio sperimentale su un campione clinico di pazienti con difficoltà nella regolazione degli impulsi.

 

 

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Redattrice di State of Mind

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