Flaviano Canfora, Gabriele Caselli, Sandra Sassaroli.
La letteratura scientifica descrive il craving come un’esperienza soggettiva che motiva gli individui a cercare e raggiungere un oggetto o praticare un’attività (target) allo scopo di ottenere determinati effetti. Per diversi autori è considerato il cuore delle dipendenze patologiche, nonché il processo nucleare che guida verso la perdita di controllo del proprio comportamento ed è considerato un oggetto d’intervento chiave nel trattamento delle dipendenze patologiche (Frone et al., 1994; Marlatt, 1987).
Recentemente alcuni studi hanno cercato di indagare il possibile funzionamento cognitivo che alimenta o sostiene la sensazione di desiderio e l’impulso incontrollabile legato al craving (Kavanagh et al., 2004).
In particolar modo recenti ricerche hanno esplorato il modo in cui individui con disturbi da dipendenze patologiche e controllo degli impulsi pensano agli oggetti del proprio desiderio, individuando uno stile di pensiero con caratteristiche specifiche (Caselli & Spada, 2010). Il pensiero desiderante, questo è il suo nome tecnico, è una forma di elaborazione cognitiva volontaria di informazioni riguardanti oggetti e attività piacevoli e positive che avviene a due livelli interagenti:
- Verbal Perseveration: pensieri ripetitivi e automotivanti circa il bisogno di ottenere l’oggetto o di svolgere l’attività.
- Imaginal Prefiguration: immagini mentali multisensoriali dell’oggetto o attività desiderata e del contesto in cui l’individuo lo può realizzare o lo ha realizzato in passato.
Studi preliminari (Caselli & Spada, 2010) non solo mostrano che il pensiero desiderante risulta eccessivo in molti individui con problemi di controllo degli impulsi, ma sostengono che abbia caratteristiche trasversali e indipendenti dalla natura dell’oggetto del desiderio (cibo, alcool, fumo, gioco d’azzardo, attività sessuale ecc…). Questi risultati suggeriscono che alcune modalità di usare il pensiero rispetto ai nostri desideri (quelle appunto identificate dal pensiero desiderante) possono influire sull’intensità dei nostri impulsi e sulle nostre capacità di autocontrollo.
Diverse ricerche (Williams et al., 1997) inoltre associano l’intolleranza alle emozioni negative al discontrollo degli impulsi e la pongono come credenza centrale dei disturbi d’ansia. L’uso di sostanze potrebbe agire come strategia di gestione di emozioni intollerabili e attenuare i sintomi ansiogeni. Tuttavia resta ancora da definire la relazione tra pensiero desiderante, intolleranza delle emozioni e craving.
Lo studio che presentiamo ha lo scopo di valutare il meccanismo di interazione tra pensiero desiderante, intolleranza delle emozioni e la specifica influenza sull’insorgenza ed il mantenimento della dipendenza in soggetti consumatori di tabacco.
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NOTA: TUTTI I DATI SONO TRATTATI IN FORMA RIGOROSAMENTE ANONIMA.
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BIBLIOGRAFIA:
- Caselli, G., & Spada, M.M. (2010). Metacognition in Desire Thinking: A Preliminary Investigation. Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 38, 629-637.
- Frone, M. R., Cooper, M. L. & Russell, M. (1994). Stressful life events, gender, and substance use: an application of tobit regression. Psychology of Addictive Behaviors, 8, 59-69.
- Kavanagh, D.J., Andrade, J, & May, J. (2004). Beating the urge: Implications of research into substance-related desires. Addictive Behaviors, 29, 1399-1372.
- Marlatt, G.A. (1987). Craving notes. British Journal of Addiction, 82, 42-43.
- Williams, K.E., Chambless, D.L. & Ahrens, A. (1997). Are emotions frightening? An extension of the fear of fear construct. Behaviour Research and Therapy, 35(3), 239-248.