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Perché non possiamo fare a meno di sbadigliare?!

Di fronte allo sbadigliare, le spiegazioni ingenue che ci diamo possono essere tante: dal sonno alla fame, dalla cattiva digestione alla noia, dal tentativo di “risvegliarsi” ed essere più vigili al messaggio, più o meno implicito, al nostro interlocutore che non si ha più voglia di ascoltare.

Di Irene Giardini

Pubblicato il 02 Gen. 2012

Quando gli animali sbadigliano assumono un volto umano. [Karl Krauss]

Sbadigliare - Immagine: © Eric Isselée - Fotolia.comDi fronte allo sbadigliare, le spiegazioni ingenue che ci diamo possono essere tante: dal sonno alla fame, dalla cattiva digestione alla noia, dal tentativo di “risvegliarsi” ed essere più vigili al messaggio, più o meno implicito, al nostro interlocutore che non si ha più voglia di ascoltare.

Tuttavia non esiste, ad oggi, una spiegazione univoca sulla funzione di questo riflesso. Secondo i ricercatori Gary Hack e Andrew Gallup, questo comportamento potrebbe avere una funzione di controllo nella regolazione della temperatura del cervello. Il cervello, così come il computer, funzionerebbe meglio se “raffreddato”. Ma come è possibile? Sbadigliare permetterebbe alle pareti del seno mascellare di espandersi e contrarsi come un soffietto, immettendo così aria nel cervello abbassandone di conseguenza la temperatura.

Dai dati raccolti in un recente studio condotto da Gallup su due gruppi di volontari, si evince che si sbadiglia sensibilmente meno in estate che in inverno. Questi dati spiegherebbero la funzione di controllo della temperatura del cervello: quando, infatti, la temperatura esterna è inferiore a quella corporea, cioè d’inverno, gioverebbe lo sbadiglio: l’aria fresca inalata sarebbe un toccasana per il cervello che, scambiando aria con l’esterno, si “sentirebbe” immediatamente rigenerato; quando invece la temperatura è simile non ci sarebbero particolari vantaggi e l’organismo inibirebbe questo comportamento.

In un altro studio condotto sui ratti, Gallup ha scoperto che la temperatura cerebrale s’innalzava poco prima dello sbadiglio e poi iniziava a calare fino a raggiungere la temperatura pre-sbadiglio, il che suggerisce che lo sbadiglio sia attivato da un incremento della temperatura cerebrale e che ne favorisca il raffreddamento. Gli stessi dati sono stati ritrovati anche in uno studio condotto su due donne che soffrono di attacchi di continuo sbadiglio. Se consideriamo buona questa funzione dello sbadiglio, allora non ci dovremmo meravigliare quando non possiamo fare a meno di sbadigliare anche in assenza di un reale motivo.

I ricercatori sottolineano anche gli importanti risvolti medici che possono avere questi dati; infatti, lo sbadiglio troppo ricorrente in soggetti che soffrono di emicrania può essere prodromo del dolore e in soggetti che soffrono di epilessia può anticipare gli attacchi epilettici. Il numero di sbadigli potrebbe essere, quindi, un ulteriore indice da considerare per la valutazione del quadro sintomatologico dei pazienti. “L’eccessivo sbadigliare sembra essere sintomatico in condizioni che fanno aumentare la temperatura del cervello e/o del cuore, come ad esempio danni al sistema nervoso centrale e la privazione del sonno”, sottolinea Gallup. Tuttavia gli stessi ricercatori sono prudenti ed evidenziano che, nonostante i dati raccolti, ci si muove ancora in un territorio per gran parte inesplorato.

Questa, infatti, è solo una delle ricerche sulle funzioni dello sbadiglio e forse viene anche spontaneo a questo punto chiedersi come spiegare il “fenomeno” del contagio dello sbadiglio. Infatti, se vediamo o sentiamo qualcuno sbadigliare, difficilmente riusciamo a resistere alla tentazione di lasciarci prendere da un lungo e rumoroso sbadiglio. Ma perché? Uno studio condotto da Elisabetta Palagi e Ivan Norscia ha evidenziato che il contagio dello sbadiglio è associato al legame empatico tra le persone. Lo studio mostra che il contagio e la risposta allo sbadiglio, in termini di tempo di latenza, è direttamente proporzionale alla vicinanza affettiva; quindi è maggiore nei parenti e negli amici stretti fino ad arrivare ad una risposta quasi nulla negli sconosciuti. Il contagio sembra essere ridotto nei soggetti che presentano disturbi legati alla sfera dell’empatia.

Ma forse anche la lettura di questo articolo ha provocato in voi il desiderio di un lungo e “ristoratore” sbadiglio… e chissà, magari vi ritroverete nel paese delle meraviglie con Alice.

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Norscia I.,Palagi E.. Yawn contagion and empathy in Homo sapiens. PLoS ONE 2011, 6(12): e28472.
  • Shoup-Knox M., Gallup A.C., Gallup G.G. & McNay E.C. (2010). Yawning and stretching predict brain temperature changes in rats: support fot the thermoregulatory hypothesis. Frontiers in evolutionary neuro science,2.
  • Gallup, A. C., & Gallup, G. G. Jr. (2008). Yawning and thermoregulation. Physiol. Behav. 95, 10–16.
  • Gallup, A. C., and Gallup, G. G. Jr. (2007). Yawning as a brain cooling mechanism: nasal breathing and forehead cooling diminish the incidence of contagious yawning. Evol. Psychol. 5, 92–101.

 

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