Si respira aria di grandi cambiamenti in Italia, su tutti i fronti e, tra una manovra e l’altra, ecco pronto il decreto sulla chiusura dei manicomi criminali (OPG).
Si tratta di un passo storico, emblematico che sarà ricordato nel tempo, esattamente come è successo nel 1980 con la legge Basaglia che portò alla chiusura dei manicomi, posti in cui la gente perdeva ogni dignità.
Partiamo dalle origini. Alla fine dello scorso secolo la drammatica condizione delle carceri gravate da promiscuità e affollamento, aveva evidenziato l’urgenza di mettere mano, al più presto, a un progetto legislativo che autorizzasse l’apertura di manicomi criminali. Gli antropologi criminali individuarono in questi istituti la soluzione al problema della delinquenza e lo strumento per attuare la difesa sociale. L’istituzione dei manicomi criminali rappresentò l’affermazione del giudizio che la delinquenza è malattia e la pena sta nella cura. Il delinquente per definizione è quasi sempre un anomalo o un ammalato: un pazzo. Questo concetto era il principio guida degli antropologi, dei clinici, degli alienisti dello scorso millennio, infatti, il criminale era considerato oggetto di custodia e cura e non solo di semplice repressione. Qualche anno dopo i manicomi giudiziari furono denominati stabilimenti speciali per condannati incorreggibili. E così si diede inizio all’apertura di una serie di strutture mai riorganizzate o riesaminate e quindi, dimenticate.
Il Senato, in questi giorni, ha dato il via libera al decreto cosiddetto “svuota carceri”, ampio provvedimento in cui ci si occupa anche delle condizioni dei manicomi criminali, posti in cui i pazienti sono lasciati a se stessi e versano in condizioni di totale squallore.
La legge, fatta e approvata al Senato, stabilisce tempi e regole ben precise che andrebbero a regolamentare l’individuazione di nuove strutture atte ad accogliere queste persone, reiette dalla società. Il termine temporale sancito è il 31 marzo del 2013.
Di conseguenza, si è pronti a mettere le mani in un ambito sociale dimenticato, proprio perché rappresenta l’ambiente in cui è presente del rifiuto umano e sociale. Infatti, ad oggi, la collettività si è relazionata a questa tipologia di malessere e di disagio attraverso l’abbandono.
Sono passati solo alcuni mesi da quando la Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale entrò nel manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto (Me). “Davanti a noi – racconta il senatore Ignazio Marino, presidente della commissione – uno spettacolo imbarazzante. Le lenzuola sporche, i muri scrostati dall’umidità, la muffa, i materassi accatastati, gli uomini lasciati senza cure e costretti in condizioni disumane. Il primo uomo che ho visto era nudo, legato con delle garze, sdraiato su un letto. Era in queste condizioni da cinque giorni”. Il presidente della repubblica, Napolitano, ha acconsentito a questo provvedimento, perché, sostiene, solo affrontando il problema potremmo non vergognarci più di questo squarcio di realtà.
“Nessuno, sia chiaro – ha risposto il ministro Severino – ha mai pensato di mettere in libertà potenziali serial killer o persone pericolose. I detenuti, se pericolosi, saranno custoditi in luoghi in cui ci sarà vigilanza ma, rispetto ad oggi, si privilegerà la cura. Non saranno certo liberi”. Poco più della metà dei pazienti rinchiusi nei manicomi criminali, sono internati perché ritenuti socialmente pericolosi. Tutti gli altri non sono stati liberati perché non avevano un progetto terapeutico, una famiglia che li accogliesse o una Asl che li potesse assistere. E’ come se fossero rifiutati dai “loro” territori perché mancano le risorse.
Qui nasce la domanda: dove andranno a finire? Ma non è l’unico interrogativo a cui sarà necessario dare delle risposte.
Nonostante i dubbi, le domande, la confusione e le esitazioni, il provvedimento ha già superato lo scoglio del Senato e, gli addetti ai lavori, sperano possa proceda senza intoppi. La soluzione sarà, dunque, costruire strutture sanitarie in ogni Regione, composte da team di psicologi, psichiatri e personale medico pronto ad affrontare le esigenze dei malati autori di reato.