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La consapevolezza cosciente: Necessaria o Accessoria?

Esiste una funzione della nostra consapevolezza cosciente (conscious awareness) nel processamento dell’informazione oppure è soltanto un sottoprodotto epifenomenico, certamente significativo, ma senza alcun ruolo funzionale?

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 13 Dic. 2011

Aggiornato il 04 Apr. 2022 18:15

Lo strano caso della scacchiera infornata: il ruolo della consapevolezza percettiva nell’elaborazione delle informazioni.

Conscious Awareness - State of Mind - Immagine: © Cyborgwitch - Fotolia.com

Esiste una funzione della nostra consapevolezza cosciente (conscious awareness) nel processamento dell’informazione oppure è soltanto un sottoprodotto epifenomenico, certamente significativo, ma senza alcun ruolo funzionale? La questione da sempre ha portato a dibattere psicologi, filosofi e neuroscienziati. Un nuovo studio della Hebrew University di Gerusalemme e pubblicato su Psychological Science si avventura nella questione, ponendosi l’obiettivo di verificare se la funzione cardine della consapevolezza cosciente percettiva sia quella di integrare diversi input percettivi, quali un insieme di caratteristiche e oggetti costituenti una scena complessa, verso una esperienza percettiva unitaria, coerente e significativa.

Per verificare tale ipotesi, è stata utilizzata una tecnica di rivalità binoculare per indurre una “soppressione percettiva”: ai partecipanti venivano presentate a un occhio alcune fotografie di azioni umane, mentre contemporaneamente l’altro occhio vedeva lo sfarfallio di colori che distoglieva l’attenzione del soggetto, così che non fosse consapevole per diversi secondi delle scene che venivano presentate al primo occhio. Entro due condizioni sperimentali, sono state mostrate in un caso fotografie di scene raffiguranti azioni umane abituali, come per esempio un giocatore di basket che salta al canestro con in mano una palla; nell’altro caso i soggetti venivano presentate immagini più inusuali, per esempio un giocatore di basket che salta al canestro con in mano un’anguria. I soggetti a loro volta dovevano indicare, il più velocemente possibile, il riconoscimento di qualche porzione o dettaglio delle scene loro proposte. Tale procedura ha consentito la misurazione del tempo con cui le scene, siano esse normali e insolite, “vincevano la competizione” contro lo sfarfallio colorato presentato all’altro occhio, sfondando quindi il muro della consapevolezza visiva conscia.

Dai risultati è emerso che le scene inusuali – una casalinga che inforna una scacchiera- sfuggivano prima alla soppressione percettiva, accedendo quindi più rapidamente alla consapevolezza cosciente rispetto a scene normali e abituali – la nostra casalinga che inforna una torta.

Quindi, anche prima che i partecipanti fossero consapevoli dell’esistenza della scena stessa, la relazione semantica tra le diverse componenti della scena complessa era già stata elaborata: sembrerebbe che l’integrazione percettiva degli oggetti all’interno di una scena complessa, non sia prerogativa della consapevolezza percettiva ma possa essere raggiunta anche senza di essa.

Possiamo relegare dunque la consapevolezza conscia a mero epifenomeno, bene di lusso non strettamente necessario? Estremamente rischioso, dato che tale i risultati della ricerca ci dicono che quando ci troviamo di fronte a esiti non previsti e anomali di tale integrazione, quali eventi, situazioni, scene semanticamente insolite e sconosciute, a livello percettivo la consapevolezza conscia entra in gioco rapidamente per rendere conto dell’enigma.

 

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Linda Confalonieri
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Redattrice di State of Mind

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