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Rassegna Stampa: Martedì 8-11-2011

Di Serena Mancioppi

Pubblicato il 08 Nov. 2011

rassegna stampaMetanfetamine (e Cannabis) e insorgenza di Schizofrenia

La metamfetamina, meglio conosciuta come “speed”, e altri stimolanti di tipo anfetaminico sono il secondo tipo più comune di droga utilizzato in tutto il mondo. Nel primo studio a livello mondiale nel suo genere, gli scienziati del Centro di Toronto per la Salute Mentale e Dipendenze (CAMH) hanno raccolto le prove a sostegno del fatto che chi fa uso massiccio di metamfetamina ha un maggiore rischio sviluppare schizofrenia rispetto al resto della popolazione. Questa scoperta si è basata su un ampio studio che ha confrontato il rischio di sviluppare una patologia schizofrenica in un gruppo sperimentale composto da persone che facevano abuso di metanfetamina, rispetto a un gruppo di controllo che non faceva uso di droghe, ma anche rispetto ad altri gruppi composti da consumatori di altre sostanze, come cannabis, alcol, cocaina o oppiacei. I ricercatori hanno scoperto che le persone ricoverate per dipendenza da metanfetamine, che non avevano avuto una diagnosi di schizofrenia o di sintomi psicotici, avevano un rischio da 1,5 a 3,0 volte superiore di ricevere, in seguito, una diagnosi di schizofrenia, rispetto ai gruppi di pazienti che facevano uso di altre sostanze. Ma non è tutto: l’aumento del rischio di schizofrenia per i consumatori di metanfetamine era simile a quella di grandi utilizzatori di cannabis. Il rapporto sarà pubblicato online, ancora prima che su carta, l’8 novembre 2011 dal Journal of Psychiatry, la rivista ufficiale della American Psychiatric Association.


La Paternità e i suoi effetti sugli uomini con comportamenti a rischio

Sull’ultimo numero del Journal of Marriage and Family sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che suggerisce che la paternità può essere un’esperienza trasformativa anche per gli uomini responsabili di comportamenti ad alto rischio. I ricercatori dell’Oregon State University e dell’Università di Houston hanno osservato come la criminalità maschile, l’uso di tabacco, alcool e marijuana siano cambiati nel tempo in più di 200 ragazzi considerati a rischio. Precedenti studi avevano già messo in evidenza come il matrimonio negli uomini abbia un effetto positivo sui comportamenti a rischio, ma l’effetto della paternità non era ancora stato valutato. I ricercatori hanno scoperto che gli uomini che diventano padri tra i 20 e i 30 anni riducono sensibilmente i comportamenti criminosi, l’uso di alcol e di tabacco, rispetto a quelli che hanno avuto il primo figlio in età adolescenziale o comunque entro i 20 anni. Il potere metamorfico della paternità sembra quindi dipendere fortemente dal momento evolutivo nel quale arriva il primo figlio: neo padri non troppo giovani si sono dimostrati più disponibili, e pronti, a modificare stili di vita dannosi. Questo per i ricercatori è un dato importante perché permette di identificare una finestra temporale durante la quale è possibile intervenire efficacemente nel caso di situazioni familiari a rischio a causa dei comportamenti paterni dannosi.

Un precedente articolo degli stessi autori: The timing of entry into fatherhood in young, at-risk men

 

Terza età e Memoria: dimenticarsi degli Stereotipi

Secondo i ricercatori del Laboratorio di invecchiamento cognitivo e di memoria alla Tufts University, è tipico tra gli anziani essere vittima dei comuni stereotipi sulla perdita di memoria durante la vecchiaia; questo li indurrebbe implicitamente a considerare le proprie prestazioni mnestiche come progressivamente compromesse a causa dell’età. Nel corso di una verifica sperimentale i ricercatori hanno detto a un gruppo di partecipanti (sia gli anziani che giovani) che la loro memoria sarebbe stata testata e che era tipico per gli anziani avere prestazioni molto inferiori a quelle dei giovani adulti. Un altro gruppo veniva invece testato in un compito di riconoscimento di parole, ma, per minimizzare l’enfasi sul fatto che si trattasse di un compito di memoria, veniva detto ai partecipanti che stavano svolgendo un test di lingua invece che un compito di memoria. I risultati dell’esperimento indicano che i soggetti anziani, che erano stati informati prima dello svolgimento sulle differenze nelle prestazioni tra giovani e anziani, avevano effettivamente prestazioni peggiori di quelli a cui non era stata data questa informazione. Sembra proprio che gli stereotipi sulla perdita di memoria legata all’avanzare dell’età possano generare profezie in grado di autodeterminarisi.

 

Risonanza Magnetica come strumento diagnostico in psichiatria

All’Istituto di Psichiatria, King College di Londra in collaborazione con il Dipartimento d’Informatica dello University College è stato condotto un importante studio sulla corretta applicazione di algoritmi informatici all’analisi di scansioni MRI. L’uso di algoritmi per quantificare il rischio di ulteriori episodi di malattia è uso comune in medicina cardiovascolare e oncologica, ma in psichiatria non erano disponibili fino ad ora risultati sperimentali affidabili. I risultati di questo nuovo studio indicano che l’algoritmo, applicato alle scansioni cerebrali registrate al primo episodio di psicosi, è stato in grado di prevedere correttamente in 7 casi su 10 il successivo decorso della malattia. Questo sembra essere il primo passo verso l’introduzione dell’uso di immagini cerebrali in psichiatria, addirittura inserendo la procedura in indagini cliniche di routine. Nel caso di esordi psicotici potrebbe essere un modo veloce e affidabile per fare previsioni e ottimizzare i trattamenti nei casi più gravi, evitando contemporaneamente la somministrazione a lungo termine di farmaci antipsicotici in pazienti con forme molto lievi.


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Serena Mancioppi
Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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