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E vissero “per un certo periodo di tempo” felici e contenti: la fine della relazione.

Con la fine della relazione, la perdita della figura amata comporta numerose conseguenze psicologiche, tra cui la tendenza a cambiare il contenuto della propria visione di sé stessi (Slotter et al, 2010); sembrerebbe, in altri termini, che molte persone soffrano non solo per aver perso l’altro, ma anche per aver perso un po’ di sé.

Di Naomi Aceto

Pubblicato il 30 Nov. 2011

Aggiornato il 31 Gen. 2012 09:52


La fine della relazione sentimentale e le sue conseguenze per la psiche e la percezione che abbiamo di noi stessi.

Separazione - Immagine: © Athanasia Nomikou - Fotolia.com -

All’interno di una relazione di coppia, il concetto che ognuno ha di sé, è necessariamente influenzato dalla presenza dell’altro nella propria vita. Quando si è coinvolti in un rapporto d’amore, la vita si coniuga in prima persona plurale: il noi diventa l’imperativo che commuta l’io in una pluralità capace di dissolvere il confine tra il sé e l’altro. Conseguentemente, la condivisione diventa la regola e i partner si spartiscono amici, attività, piaceri e interessi, costruendo, in tal modo, idee condivise su sé stessi, l’altro e la loro relazione.

Ma cosa accade ai due nel momento in cui la relazione finisce?

Molte persone tendono ad assumersi tutta la responsabilità della rottura, criticando se stessi e colpevolizzando i propri atteggiamenti, altre invece, reagiscono al dolore con rabbia, accusando l’altro di tutto e infangando la memoria di una relazione che, nonostante l’epilogo, avrà indubbiamente avuto anche aspetti positivi.

La perdita della figura amata comporta numerose conseguenze psicologiche, tra cui la tendenza a cambiare il contenuto della propria visione di sé stessi (Slotter et al, 2010); sembrerebbe, in altri termini, che molte persone soffrano non solo per aver perso l’altro, ma anche per aver perso un po’ di sé.

La sofferenza spinge alcuni individui a chiudersi in sé stessi e il pensiero che mai più si potrà vivere una relazione del genere o trovare una persona speciale come quella perduta, spiana la strada verso la depressione. Analogamente, si muovono nella stessa direzione, anche coloro che fingono di non soffrire e raccontano a loro stessi che in fin dei conti, quella persona non era così importante o così rara come pensavano. In sintesi, le più comuni risposte psicologiche conseguenti alla fine di un rapporto sembrano essere: paura, disprezzo, rabbia, senso di vuoto, rancore, timore del rifiuto, autocommiserazione e riduzione dell’autostima.

Quindi come affrontare in modo “sano” la rottura di una relazione?

Innanzitutto non bisogna mai pensare che una relazione terminata, corrisponda a “tempo perso”. Un popolare proverbio francese sostiene che il tempo può distruggere solamente ciò che si è costruito senza tempo, dunque più le relazioni sono state durature e importanti, più consentono a chi le ha vissute, di crescere, arricchirsi ed evolversi, diventando parte indissolubile del proprio essere. Le relazioni permettono agli individui di scoprire parti di loro stessi che non conoscevano prima, di comprendere cosa si vuole ritrovare in un nuovo rapporto e che cosa ci si augura di non ripetere.

In secondo luogo, per superare una rottura, è necessario prendersi cura di sé stessi, soffermandosi su ciò che si vuole nel “qui e ora”, in modo tale da poter vivere appieno il presente, lasciando aperto il cuore al futuro e a progetti di vita prima non realizzati.

Dunque, rimuginare sulla causa della rottura, al fine di trovare necessariamente un colpevole, conduce, solo a una riduzione della chiarezza del concetto di sé. Le relazioni, di qualunque natura esse siano, sono frutto di una co-costruzione, di conseguenza, un’eventuale rottura, è ineluttabilmente dettata dalla co-responsabilità di entrambi i membri della coppia.

Tuttavia, lo stress emozionale che gli individui sperimentano in seguito alla rottura di un rapporto, il più delle volte, non permette di ragionare con tanta lucidità, se non altro, non nell’immediato. Sarà allora vero che il tempo è l’unica soluzione? Baudelaire suggerisce che il solo modo di dimenticare il tempo è impiegarlo e dunque impieghiamolo questo tempo, ma in maniera propizia e senza esagerare, si rischia altrimenti di rimanere imprigionati in un loop maniacale!

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Slotter, E.B.; Gardner, W.L.; Finkel, E.J. (2010). Who Am I Without You?  The Influence of Romantic Breakup on the Self-Concept. Personality and Social Psychology Bulletin, 2010; 36 (2).
  • Bergmann S.M. (1992). “Anatomia dell’ amore” . Einaudi, Torino, 1992.

 

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