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Giovedì 20-10-2011

Di Flavio Ponzio, Serena Mancioppi, Linda Confalonieri

Pubblicato il 20 Ott. 2011

rassegna stampaEconomia mentale: dimenticare serve a ricordare.

Immaginate cosa succederebbe se dovessimo ricordare tutti i posti in cui parcheggiamo la macchina ogni sera quando torniamo a casa… ben presto lo spazio mnestico a disposizione nella nostra mente finirebbe e sopratutto risulterebbe interamente occupato da informazioni completamente inutili! Ciò che conta infatti è il poter ricordare dove abbiamo messo la macchina la sera prima e non tutte le sere della settimana o dell’anno, questo infatti è qualcosa che possiamo tranquillamente dimenticare, liberando spazio prezioso per la memorizzazione di informazioni aggiornate e quindi molto più utili. La notizia apparsa su Current Directions in Psychological Science descrive uno studio condotto all’University of Illinois di Chicago i cui risultati sono a sostegno dell’idea che chi è in grado di dimenticare facilmente le informazioni inutili è facilitato nel problem solving e nel memorizzare informazioni anche senza concentrazione.

 

Verità o fantasia? Le indecifrabili parole dei bambini.

Le probabilità che un adulto riesca a capire se un bambino mente o parla a sproposito sono più basse che se tirasse a indovinare. questi i risultati di uno studio apparso su Applied Cognitive Psychology che sembrano avere importanti implicazioni nelle indagini su abusi sessuali e fisici, che spesso devono fare affidamento sulle testimonianze dei bambini. Questi ultimi infatti possono intenzionalmente fornire testimonianze inesatte se indotti a mentire perché suggestionati dai contenuti delle domande poste, ma nonostante questo la credibilità di un bambino, come anche quella di un adulto, raramente è messa in discussione. La causa è nel bias della verità, un errore cognitivo che porta a sovrastimare la probabilità che gli altri siano naturalmente portati a raccontare le cose per come realmente stanno.

 

Musica: tenere il ritmo aiuta attivamente il processo dell’ascolto.

Muoverci, tenere il ritmo con le dita o con un piede mentre ascoltiamo buona musica non è solo un sintomo dell’apprezzamento ma favorirebbe anche la qualità dell’esperienza di ascolto, ampliando la nostra capacità di comprenderne il ritmo. La ricerca sottolinea la complessa relazione tra percezione e azione. Condotta da Michael Schutz della McMaster University, è stata recentemente presentata alla conferenza Acoustic Week a Quebec City,

 

Comportamenti pro-sociali e cibi dolci.

La preferenza per i cibi dolci predice atteggiamenti e comportamenti prosociali. Un nuovo articolo che sarà prossimamente pubblicato su Journal of Personality and Social Psychology propone, sulla base degli esiti di ben cinque studi, un legame tra la tendenza a preferire il gusto dolce, punteggi più elevati nel tratto di personalità della disponibilità, maggiore propensione a impegnarsi in attività di volontariato. D’altra parte tale associazione non è stata verificata in relazione alle preferenze per gli altri quattro gusti. Curioso, come le metafore che spesso utilizziamo nelle nostre conversazioni affettive possano ora trovare un riscontro empirico tra tendenze prosociali e il piacere di gustarsi un buon dolce!

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Flavio Ponzio

Direttore operativo di State of Mind

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Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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