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Prestare soccorso per ricevere amore: la sindrome della crocerossina

La cura del partner, il vederlo salvo grazie ai propri sacrifici gratifica la crocerossina, che si sente indispensabile per il compagno e per la relazione.

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 09 Dic. 2015

La crocerossina può esistere solo se vi è qualcuno da curare, non a caso queste persone scelgono e mantengono relazioni affettive con compagni che, per diversi motivi, rivestono il ruolo di bisognosi.

Sicuramente la maggior parte delle persone conoscerà bene la favola di Peter Pan e le sue avventure insieme alla sua amica Wendy. Quest’ultima è una bimba di dieci anni, ma le condizioni di vita l’hanno portata a comportarsi come un’adulta, la quale si prende cura dell’amico Peter conservandogli amorevolmente l’ombra affinché non si sgualcisca. E non solo: accetta di accompagnare il suo Peter, bimbo spensierato e immaturo, nelle sue peripezie prendendosi cura di lui, e al contempo supporta e accudisce anche tutti i bambini sperduti dell’isola che non c’è, insegnando loro le buone maniere ed essendo contenta di far questo. Lei fa di tutto per gli altri e questo la rende felice.

Ed è proprio al personaggio di Wendy Darling, della nota favola di J. M. Barrie, che ci si è ispirati per dare un nome ad una famosa sindrome: la Sindrome di Wendy, o meglio conosciuta come Sindrome della Crocerossina. La Sindrome di Wendy colpisce soprattutto le donne (ma non ne sono immuni gli uomini) le quali mostrano comportamenti particolarmente accudenti, protettivi, orientati al compiacimento, alla soddisfazione e alla gratificazione dell’altro, là dove il focalizzarsi sui bisogni altrui è ad evidente discapito dei propri.

Questi atteggiamenti possono essere attuati verso di chiunque: genitori, figli, fratelli, amici, colleghi, ma soprattutto vengono rivolti nei confronti del proprio partner.

La crocerossina può esistere solo se vi è qualcuno da curare, non a caso queste persone scelgono e mantengono relazioni affettive con compagni che, per diversi motivi, rivestono il ruolo di bisognosi. In tutto ciò il partner diviene oggetto d’amore incondizionato, idealizzato, aiutato e soccorso, tutto questo a discapito del proprio benessere.

È da aggiungere che questi comportamenti risanatori nei confronti dell’altro vengono attuati con piena volontà e consapevolezza. Infatti il prendersi cura del partner, vederlo soddisfatto, appagato, salvo grazie ai propri sacrifici gratifica la crocerossina, la quale si sente indispensabile per il proprio compagno, ma soprattutto questi atteggiamenti vengono percepiti come essenziali affinché la relazione possa andare avanti.

Solitamente i partner ‘soccorsi’ hanno la caratteristica di essere persone un po’ complicate, per qualche motivo inafferrabili o problematiche; con i quali si instaurano relazioni che inizialmente vengono percepite come difficili. Ma è proprio in queste situazioni che la crocerossina da un senso alla sua mission: io ti aiuterò, tu starai meglio, mi sarai riconoscente e mi amerai.

Wendy ha alcune credenze che sostengono il suo comportamento (Quadrio, 1982):

  • Io sono indispensabile;
  • L’amore richiede un certo sacrificio;
  • Gli altri intorno a me non devono arrabbiarsi;
  • Gli altri vanno protetti.

Dietro i soggetti con tale sindrome si nasconde sovente una personalità Dipendente ed una conseguente paura di ritrovarsi soli.

L’idea che non vi sia nessuno da aiutare spaventa, perché viene meno un modo di sentirsi utili e di offrire benessere. Supportare e aiutare l’altro determina infatti una percezione di sé come valorosi e indispensabili, di conseguenza si viene apprezzati. Alle spalle di questi comportamenti vi è una paura di essere abbandonati o rifiutati.

La sindrome di Wendy può dipendere dall’incatenarsi di più variabili, dove sicuramente gioca un ruolo cruciale la personalità del soggetto, ma anche lo stile di vita e l’educazione ricevuta, così come i bisogni e le circostanze della vita attuale.

Si tratta di soggetti che non concepiscono l’amore come qualcosa di gratuito, piuttosto pensano di doverselo in qualche modo meritare, con azioni di cura, sentendosi indispensabili o cercando di esserlo. Come venir fuori da questa sindrome?

Va inizialmente esplorata la storia di vita di questi soggetti, per capire come si è costruita la credenza che l’amore abbia un prezzo e vada in qualche modo guadagnato. Andrebbe quindi fatto un confronto con i personali vissuti abbandonici e la paura del rifiuto; al contempo fare i conti con la consapevolezza che nulla è per sempre, e che le eventuali separazioni non sono poi così terribili.

In seguito andrebbe fatto un lavoro sulla propria autostima, relativamente al fatto che le gratificazioni esistono soprattutto quando facciamo del bene a noi stessi. Inoltre andrebbe spostato il focus di questi soggetti da i bisogni dell’altro ai propri e allo svilupparsi di emozioni positive.

Perché qualsiasi relazione è in realtà un gioco di forze a doppio senso, dove entrambi i soggetti coinvolti devono vincere per stare bene.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te.

(F. Battiato, “La Cura”)

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Nordwood R. (1989), “Donne che amano troppo”, Milano: La Feltrinelli.
  • Quadrio C. (1982), “The Peter Pan and Wendy Syndrome”, A Marital Dynamic. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, Vol. 16, N. 2, pp 23-28.
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