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Ripensare la psicoterapia attraverso Madonna e Bateson

La psicoterapia attraverso Bateson, di G. Madonna, psicologo-psicoterapeuta del Servizio Sanitario Nazionale e didatta presso la sede di Napoli dell’IIPR.

Di Roberta De Martino

Pubblicato il 14 Ott. 2013

Madonna GiovanniLa psicoterapia attraverso Bateson“: è questo il titolo del lavoro di Giovanni Madonna, psicologo-psicoterapeuta del Servizio Sanitario Nazionale, nonché didatta presso la sede di Napoli dell’IIPR (Istituto Italiano Psicoterapia Relazionale).

Ciò che più colpisce del testo, ristampato quest’anno con la Casa Editrice Franco Angeli, dopo una fortunata prima edizione curata nel 2003 da Bollati Boringhieri, è che esso, lungi dall’essere una mera presentazione e illustrazione del complesso pensiero batesoniano, ne costituisce un’ interessante proposta di rilettura e sviluppo.

Tale lavoro, pur proponendo una teoria della psicoterapia, per le sue implicazioni epistemologiche si rivolge anche ai non clinici e fornisce un contributo a una pratica della psicoterapia fondata sulla sensibilità e alla sua possibilità di insegnamento/apprendimento. L’ “estetica” (della cura), menzionata nel sottotitolo, non va intesa in senso filosofico, come dottrina del bello; va invece collegata, secondo l’etimo greco, alla conoscenza sensibile, e sta a indicare il sentimento del rispetto da parte del clinico, la capacità di uscire dai percorsi usuali, di assumersi la responsabilità di sé e degli altri.

Madonna di recente, confermandosi ancora una volta come uno dei maggiori esperti del pensiero batesoniano, ha portato a compimento un secondo volume dal titolo “La psicologia ecologica. Lo studio dei fenomeni della vita attraverso il pensiero di Gregory Bateson” in cui, pensando i temi tradizionali della psicologia (la percezione, l’apprendimento, la memoria, la personalità, le emozioni…) in chiave ecologica, concepisce la psicologia come parte integrante e non separabile della più vasta ecologia della mente.

Professor Madonna com’è entrato in contatto con il pensiero di Gregory Bateson e cosa di esso apprezza e ama di più?

“Ho studiato psicologia a Roma, alla “Sapienza”, nella seconda metà degli anni Settanta. Lì qualche docente particolarmente illuminato – non ricordo chi – inserì nel programma d’esame un paio di saggi tratti da “Verso un’ecologia della mente”, che è stato pubblicato in Italia nel 1976. Mi pare si trattasse di “Verso una teoria della schizofrenia” e de “La cibernetica dell’‘io’: una teoria dell’alcoolismo”. Fu così che entrai in contatto col pensiero di Bateson. Ne rimasi affascinato per la sua capacità di mettere insieme cose comunemente ritenute molto distanti l’una dall’altra, e studiate nell’ambito di discipline diverse. La capacità di connessione è tuttora l’aspetto del pensiero batesoniano che amo di più.”

Nel suo primo testo grande spazio è affidato a un tema a lei molto caro quello della formazione… Colpisce molto laddove lei, parlando di una forma di “apprendimento a bottega”, afferma che “il didatta non può insegnare in maniera diretta ma può solo allestire le condizioni più adatte al realizzarsi dell’apprendimento” (Giovanni Madonna, “La psicoterapia attraverso Bateson. Verso un’estetica della cura”, Franco Angeli, Milano, 2013, p. 33)… Può spiegarci meglio cosa intende dire con ciò?

“Intendo dire che uno psicoterapeuta lavora principalmente con la persona che è. E i modi di essere non sono singoli elementi di comportamento. Questi, sì, possono essere insegnati e imparati, in maniera diretta e volendo farlo: funzionano sulla base delle leggi del rinforzo, per le quali gli elementi di comportamento premiati tenderanno a riproporsi e quelli puniti tenderanno a estinguersi. E i premi e le punizioni possono essere decisi e anche programmati. Ma i modi di essere possono essere concepiti come classi di comportamento. E le classi di comportamento non funzionano sulla base delle leggi del rinforzo; attengono invece alle modalità di somministrazione del rinforzo (al fatto, per esempio, che i rinforzi siano somministrati con modalità prevalentemente continua o discontinua, premiante o punitiva, eccetera). E le modalità di somministrazione del rinforzo molto difficilmente possono essere decise e programmate: attengono a loro volta ai modi di essere, ai tratti di personalità, o aspetti del carattere, che dir si voglia. E questi funzionano al di fuori della coscienza e della volontà. E allora un didatta – “a bottega”, appunto – non può che allestire le condizioni in cui più probabilmente un certo apprendimento possa, per vie imprevedibili, realizzarsi… può coltivare, non progettare e programmare.

A un tratto lei poi, parlando più nello specifico della psicoterapia afferma che lo psicoterapeuta sa di “non possedere e di non poter raggiungere la verità assoluta e sa che, insieme al suo paziente ne costruisce una” (Giovanni Madonna, La psicoterapia attraverso Bateson. Verso un’estetica della cura”, Franco Angeli, Milano, 2013, p.71  sg.), dunque il terapeuta deve rinunciare alla scoperta della verità? Non trova che ciò corra il rischio di regalare un eccessivo senso di incertezza?

Da quando, all’inizio degli anni Ottanta, c’è stato l’avvento della cibernetica del secondo ordine  –  e dell’introduzione dell’osservatore nel campo di osservazione, che essa ha comportato – che piaccia o no, nessuno studioso (fisico, medico, psicologo o antropologo che fosse) ha potuto più pretendere di conoscere le cose in maniera oggettiva ed esaustiva. Tutti si son dovuti accontentare di conoscere le cose in maniera soggettiva e parziale. Lo psicoterapeuta che si introduce nel campo di osservazione è certamente più incerto e dubitoso – e dunque più umile e tollerante – ma il fatto di sapere di non poter raggiungere la verità lo avvicina un po’ di più alla verità, anzi alla verità sulla verità, che è una verità di ordine più elevato: “vero è che non posso conoscere la verità”… più incerto, sì, ma forse anche un pochino più saggio o, almeno, meno protervo e arrogante.

Se dunque ho capito bene il modello psicoterapeutico da lei proposto “centrato sul terapeuta”, nutre l’idea di un terapeuta che “riconosca il carattere integrato del sistema che comprende lui insieme al suo paziente, che consideri il verbo “cambiare” anche nella sua accezione intransitiva e per il quale il cambiamento è coevoluzione… che non rivendicherà il merito del cambiamento del paziente, non si sentirà né vorrà sembrare un mago” (Giovanni Madonna, La psicoterapia attraverso Bateson. Verso un’estetica della cura”, Franco Angeli, Milano, p.42 sg.).

Esatto. E’ Proprio così!

Semplificando, per quanto ciò possa essere possibile, cosa a suo avviso è responsabile dell’insorgenza della patologia e cosa possiamo invece intendere per guarigione?

Umh… effettivamente è difficile dirlo con poche e semplici parole… Diciamo che la psicopatologia insorge quando c’è contrasto fra parti di una mente e disconoscimento o negazione della connessione fra le parti in contrasto. Il disconoscimento o la negazione vengono generati da “errori epistemologici”, che allontanano gli esseri umani da come funziona la natura e allestiscono le condizioni in cui la psicopatologia può attecchire. Gli errori epistemologici più comuni e dannosi sono a) Credere di percepire le cose come sono; b) Ignorare la circolarità dei sistemi e c) Tentare di controllare una parte del sistema cui apparteniamo e perfino noi stessi. Possiamo chiamarli, sinteticamente, errore dell’obiettività, errore della linearità ed errore della finalità. Questi errori, insieme e in combinazione, orientano alla separazione, in particolare alla separazione di chi li commette dal tutto più ampio che lo comprende. La separazione rappresenta l’humus sul quale la psicopatologia attecchisce e del quale si nutre.

Quanto alla guarigione, possiamo dire che attiene alla correzione degli errori epistemologici – e delle loro implicazioni – e alla riconnessione di ciò che è stato separato.

Ci parla un po’del suo ultimo libro e di cosa intenda dire quando parla di “ecologia della mente”?

L’ecologia della mente è un paradigma epistemologico proposto negli anni Settanta da Gregory Bateson. Possiamo considerarla una scienza connettiva in virtù della quale possiamo giungere all’integrazione dell’insieme dei fenomeni biologico/mentali, ovvero di una gamma molto ampia di fenomeni apparentemente assai diversi l’uno dall’altro, ma molto simili nell’organizzazione e nel funzionamento. Questi fenomeni riguardano la vita in generale: l’evoluzione, l’apprendimento, il linguaggio e tutti gli altri processi, piccoli e grandi, che innervano di sé e che costituiscono il mondo degli esseri viventi.

Col mio ultimo libro, “La psicologia ecologica” ho voluto rendere esplicita la psicologia sulla quale, con il precedente libro, “La psicoterapia attraverso Bateson”, avevo fondato la proposta di una psicoterapia sistemica. Ne “La psicologia ecologica” propongo la psicologia attraverso l’epistemologia batesoniana ovvero in termini di <<ecologia della mente>>, come parte integrante e non separabile di quella matrice epistemoplogica.

 

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BIBLIOGRAFIA:

 

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Roberta De Martino
Roberta De Martino

Psicologa - Spec. in Psicoterapia Sistemico-Relazionale

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