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Le cure materne fanno crescere, anche il cervello

Di Michela Muggeo

Pubblicato il 18 Lug. 2011

Aggiornato il 01 Ago. 2012 15:17


 

Che l’interazione della mamma con il proprio figlio sia fondamentale per la sopravvivenza e lo sviluppo del bambino è cosa tanto nota da apparire scontata, ma sono in pochi a sapere che questi scambi precoci hanno importanti conseguenze anche sullo sviluppo cerebrale.

Peculiarità intrinseca al nostro cervello è quella di essere diviso in due emisferi – destro e sinistro- con caratteristiche funzionali separate. Come molti studi dagli anni ’90 a oggi hanno oramai confermato, le basi di tali asimmetrie hanno origine già durante il periodo fetale, per poi continuare a svilupparsi durante tutta l’infanzia. Non si tratta però di un puro meccanismo biologico. Al contrario: sarebbe la capacità del neonato di sintonizzarsi con la mente di altre persone, e in particolare di chi si prende cura di lui, che si rivela fondamentale per la maturazione dei circuiti cerebrali. Sarebbe infatti l’ambiente affettivo primario in cui è immerso il bambino a influire sia in senso positivo che in senso negativo sulla comparsa del primitivo emisfero destro in via di sviluppo; nelle interazioni faccia a faccia, infatti, il bambino utilizza proprio la produzione della corteccia destra della mamma, la quale regola le emozioni che andranno a loro volta a modulare l’emisfero destro del piccolo. Questo significa che il neonato, già dai primi giorni di vita, modula le sue emozioni in base a quelle che vede espresse dalla madre ed è proprio da tali interazioni con il caretaker che dipende lo sviluppo dei primitivi circuiti cerebrali. Questo processo diventa sempre più complesso e matura nel primo anno di vita con il crescere del bambino e con l’intensificarsi degli scambi affettivi con la madre. Solo intorno ai 18 mesi, invece, si ha la maturazione dell’emisfero sinistro, collegato allo sviluppo del linguaggio, alle funzioni esecutive e alle abilità astratte.

In uno studio di Davidson e collaboratori sono stati analizzati i tracciati elettroencefalografici di bambini di 10 mesi alla separazione dalla madre. I dati mostrano un’evidente asimmetria frontale nell’EEG sia durante la fase di interazione con la madre che durante la separazione. In particolare i bambini che piangono molto alla separazione dalla madre mostrano un aumento dell’attivazione frontale destra durante questa fase in misura significativamente maggiore rispetto ai bambini che invece non piangono. Sembra possibile affermare, quindi, che già nel primo anno di vita, l’attivazione frontale destra sia associata ad affetti negativi, a paura e ansia. Come confermano altri studi, ad esempio, in madri depresse si è riscontrata una significativa riduzione delle capacità di condividere stati affettivi positivi. Queste donne e i loro figli presentano una forte diminuzione dell’attività frontale destra, e se la depressione persiste dopo il primo anno di vita del bambino, i bambini possono continuare a esprimere tali pattern di attivazione frontali.

Ecco perché storie di traumi precoci costituiscono un ambiente inibente la crescita e la maturazione dell’emisfero destro. Studi di brain imaging hanno dimostrato, infatti, che l’emisfero destro si attiva quando vengono richiamate alla mente le memorie emotive, mentre a livello del linguaggio queste memorie possono essere del tutto inaccessibili.

Davidson, R. J., & Fox, N. A. (1989). Frontal brain asymmetry predicts infants response to maternal separation, Journal of Abnormal Psychology, 98, 127-131.

Schore, A. N., (2001). The Effects of Early Relational Trauma on Right Brain Development, Affect Regulation, & Infant Mental Health, Infant Mental Health Journal, 22, 201-269.

Trevarthen, C., (1996). Lateral asymmetries in infancy: implications for the development of the hemisphere, Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 1996, 20(4), 571-576.

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