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La natura dell’amore, l’esperimento di H. Harlow – I grandi esperimenti di psicologia

Harlow col suo esperimento ha dimostrato come il bambino si leghi alla mamma non per il soddisfacimento dei bisogni primari ma per riceverne protezione.

Di Alessia Offredi

Pubblicato il 11 Apr. 2016

Aggiornato il 16 Mag. 2016 13:19

#7: La natura dell’amore di H. Harlow (1958). Vi presentiamo una serie di articoli relativi ai più grandi esperimenti in ambito sociologico e psicologico. Per fare ciò abbiamo cercato di risalire alle fonti originarie, ai primi articoli divulgati dagli autori. In questo modo sarà più facile vivere le loro scoperte a partire dalle loro stesse ipotesi e respirare un’aria in cui, liberi (purtroppo) da vincoli etici, tutto era possibile in nome della scienza.

 

L’amore e gli studi sull’attaccamento tra madre e figlio

L’amore è uno stato meraviglioso, profondo, tenero e gratificante. A causa della sua natura intima e personale viene considerato come un argomento poco adatto alla ricerca sperimentale. Ma, qualunque siano i nostri sentimenti, la nostra missione come psicologi è quella di analizzare tutti gli aspetti del comportamento umano e animale, nelle varie sfaccettature che lo compongono. Per quanto riguarda l’amore e l’affetto, gli psicologi hanno fallito in questa missione.

Queste sono le prime parole scritte da Harlow in una pubblicazione che rimane ancora oggi pilastro portante degli studi sull’attaccamento. Alla fine degli anni ‘50, psicologi e sociologi concordavano su un principio fondamentale: alcuni dei bisogni primari (fame, sete, dolore) venivano soddisfatti dal legame con la madre e da ciò, attraverso un meccanismo d’apprendimento, derivavano amore e affetto.

L’esperimento di Harlow

Questa spiegazione convince Harry Harlow solo in parte: perché questo legame rimane, spesso profondo e intatto, anche quando la madre cessa di essere la risposta ai bisogni del piccolo? Per analizzare un meccanismo così complesso, afferma Harlow, non è possibile testare un campione di neonati, in quanto le loro capacità motorie si affinano molto tempo dopo la nascita, pertanto la loro osservazione diventa complicata. Per questo motivo, Harlow sceglie di descrivere il comportamento dei macachi, autonomi nel movimenti già a 2-10 giorni di vita e con segnali di vicinanza affettiva simili a quelli della nostra specie (allattamento, ricerca del contatto, prossimità fisica). Nel giro di tre anni, più di 60 piccoli di macaco vengono separati dalla madre a 6-12 ore dalla nascita e allevati con latte artificiale contenente sostanze nutritive adeguate per essere osservati e studiati.

La prima osservazione annotata da Harlow descrive come i piccoli vengano immediatamente attratti dai pezzi di stoffa messi nelle gabbie per renderle più confortevoli. Quando i panni vengono rimossi per essere lavati, i macachi protestano, si arrabbiano e diventano violenti. Inoltre, se nella gabbia viene riposto un oggetto, anche solo un cono di rete metallica, questi cuccioli crescono meglio rispetto a quelli che vivono in una gabbia vuota. Di fronte a questi dati, lo studioso opta per costruire una madre surrogato, con un’anima di legno ricoperta da un panno caldo, riposta nella gabbia del piccolo 24 ore su 24.

Dal nostro punto di vista, abbiamo progettato mamme scimmia migliori, nonostante questa posizione non sia universalmente condivisa dai papà scimmia.

Questa mamma non è sola, ma nella gabbia viene riposta una sagoma del tutto identica, solo non ricoperta con il panno. In alcuni casi, quest’ultima è dotata di un meccanismo per nutrire il piccolo, in altri è la “mamma morbida” ad avere anche questa funzione. Ebbene, qualunque sia la mamma capace di dare il latte, i piccoli tendono a stare con la “mamma morbida”, calda e accogliente e, se necessario, si spostano verso l’altra figura solo il tempo necessario a nutrirsi.

esperimento di Harlow

Le osservazioni

Questa è per Harlow una scoperta sensazionale, che va oltre tutto ciò che è stato detto fino a quel momento a proposito del legame madre – bambino. Non c’entra nulla il soddisfacimento della fame e della sete. Sono altre le variabili in gioco. La vera funzione dell’allattamento, afferma Harlow, è quello di assicurare un contatto continuo e intimo con la madre, allo scopo di garantire sicurezza in momenti di paura o pericolo. Spaventando i piccoli macachi con un giocattolo, essi si rivolgono sempre alla mamma ricoperta con il panno morbido, senza considerare la fonte di nutrimento. Anche l’esplorazione subisce notevoli cambiamenti a seconda della presenza o meno della madre surrogata nello spazio: quando c’è, i macachi si muovono liberamente tornando talvolta verso la madre. Se al contrario è assente, i piccoli si mostrano impauriti, restano accovacciati e iniziano a dondolare. Harlow sottopone ai macachi allevati con madri surrogate numerose altre prove, che riconfermano i dati già esposti.

Conclusioni

L’esperimento ha una forte valenza all’interno degli studi sull’attaccamento e non solo. Se da una parte mette in crisi le teorie ritenute valide all’epoca, dall’altra manifesta ricadute anche a livello socioeconomico, che Harlow identifica e descrive in conclusione al suo lavoro. Non è più verità assoluta che le madri, dopo aver partorito, debbano stare a casa dal lavoro a occuparsi dei figli. Gli uomini hanno le stesse caratteristiche necessarie a creare il legame di cui ha bisogno il neonato, perché non si tratta più di bisogno di allattamento. Addirittura potrebbe esistere un futuro, afferma Harlow, in cui allattare diventa un lusso, destinato a chi può permettersi di non lavorare.

Ma qualunque sia il corso della storia, è confortante sapere che siamo ora in contatto con la vera natura dell’amore.

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