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Motivazione e soddisfazione lavorativa: l’importanza di questi fattori secondo la visione di Herzberg

Dalle ricerche di Herzberg emerge che vi sono due tipi di fattori che incidono sulla soddisfazione lavorativa: i fattori igienici e i fattori motivanti.

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 06 Ott. 2015

Aggiornato il 18 Ott. 2018 16:59

Dalle ricerche di Herzberg emerge che vi sono due tipi di fattori che incidono sulla soddisfazione e sull’insoddisfazione lavorativa: i fattori igienici e i fattori motivanti.

 

Cosa si intende con il termine “Motivazione”?

Sono molti gli autori che tempi addietro hanno analizzato questo costrutto, elaborando una serie di valide teorie a proposito.
Una definizione completa e condivisa in letteratura di “Motivazione” è la seguente: “Forza motrice che porta un individuo a comportarsi in un determinato modo al fine di raggiungere uno scopo” (Westen, 2002).

Il concetto di motivazione è stato sovente esteso al mondo del lavoro.
Tutti i comportamenti umani sono determinati da un perché, da un motivo.
E ovviamente anche le attività lavorative intraprese dall’individuo hanno uno scopo ben preciso.
Bisogna però tener presente che la motivazione al lavoro non è rappresentata (come molti credono) esclusivamente dalla remunerazione economica; perché infatti anche il collaborare verso il raggiungimento di un risultato professionale, il sentirsi parte di un gruppo, ricevere le giuste gratificazioni sono degli obiettivi lavorativi.
Non bisogna dimenticare poi che la motivazione diviene fondamentale affinché i lavoratori diano il meglio di sé nello svolgimento delle proprie mansioni, perché solo i soggetti che credono in quel che fanno, che perseguono il proprio obiettivo con lo spirito giusto, saranno quelli che forniranno performance lavorative migliori.

Ed è proprio per questa ragione che risulta essere fondamentale che i lavoratori siano motivati nei confronti della propria professione, affinché sia garantito lo sviluppo costante e lineare dell’organizzazione in cui sono coinvolti i lavoratori stessi.
L’esponente più importante che ha analizzato il concetto di “Motivazione” è sicuramente Abraham Maslow (cit. in Westen, 2002), il quale colloca i bisogni umani in una gerarchia piramidale, i cui gradini sono i seguenti:
– bisogni fisiologici, legati alla sopravvivenza immediata;
– bisogni di sicurezza fisica ed emotiva;
– bisogni di affiliazione, amore e appartenenza;
– bisogni di stima di sé;
– bisogni di autorealizzazione.

Secondo questa teoria nel momento in cui un bisogno viene soddisfatto non è più motivante, piuttosto l’individuo tenderà a perseguire un obiettivo collocato su un gradino più alto della gerarchia. Inoltre nessun bisogno potrà mai essere motivante se non viene prima soddisfatto un bisogno di ordine inferiore ad esso.

La teoria di Maslow ha avuto un gran peso applicata ai contesti lavorativi, ma il contributo che offre è insufficiente a stabilire linee guida e strategie utili a soddisfare intere organizzazioni. Questo per vari motivi: ogni individuo percepisce e soddisfa i propri bisogni in modo differente; l’intensità con cui i bisogni si manifestano varia da individuo a individuo; non va poi tralasciato il fatto che ciascun bisogno subisce rilevanti influssi culturali (Tancredi, 2008).

Un’importante teoria motivazionale che prende come riferimento la “Gerarchia dei Bisogni” di Maslow e che ha trovato maggiore applicazione in ambito organizzativo è la teoria “motivazione-igiene” di Herzberg (cit. in Tancredi, 2008).
Secondo questo autore il compito dell’organizzazione è quello di stimolare, individuare e rendere operanti i fattori motivazionali positivi dell’individuo attraverso il lavoro stesso.
Egli ha condotto una serie di studi nel 1959 e, ricollegandosi alla teoria elaborata da Maslow, indagò il modo in cui si sviluppano i bisogni di stima e di autorealizzazione del lavoratore.

Dalle sue ricerche emerge che vi sono due tipi di fattori che incidono sulla soddisfazione e sull’insoddisfazione lavorativa: i fattori igienici e i fattori motivanti.
I fattori igienici si collegano al contesto ambientale del lavoro e alla sua retribuzione. Esempi di essi potrebbero essere lo stipendio, le relazioni interpersonali con pari e superiori, l’ambiente fisico di lavoro, le condizioni di sicurezza, le procedure di impresa. Per l’autore questi fattori non sono direttamente motivanti, ma se non sono presenti inducono una certa insoddisfazione. Sicuramente si tratta di elementi indispensabili al fine di ridurre il malcontento lavorativo, ma per poter ottenere una motivazione durevole nei confronti del proprio lavoro è opportuno che siano presenti i cosiddetti fattori motivanti, ossia il raggiungimento di risultati significativi, il riconoscimento dei risultati raggiunti, il livello di responsabilità, le possibilità di avanzamento professionale. Fattori insomma relativi al soddisfacimento di bisogni di livello superiore.

La distinzione tra questi due fattori sta nel fatto che i fattori igienici sono inerenti al “contesto” lavorativo, mentre i fattori motivanti riguardano i “contenuti” del lavoro in sé.
La teoria di Herzberg è infatti nota come “Teoria del fattori duali”, e sfida l’erronea convinzione che se una persona risulta insoddisfatta di qualche aspetto del proprio lavoro, come ad esempio potrebbe essere la retribuzione economica, bisogna far sì che tale aspetto venga modificato per accrescere la motivazione.
Ma non è esattamente così, in quanto insoddisfazione lavorativa non equivale a scarsa motivazione, così come una diminuzione di insoddisfazione non si tradurrà nella comparsa di soddisfazione che indurrà i lavoratori ad operare con il giusto stimolo.
Per ottenere una soddisfazione positiva sarebbe opportuno che si agisca non sui fattori igienici, ma sui fattori motivanti e quindi relativi al contenuto del proprio lavoro (Ostinelli, 2005).

Herzberg asserisce che soddisfazione e insoddisfazione lavorativa non sono due valori positivi e negativi, l’uno l’opposto dell’altro, bensì due dimensioni distinte che si muovono su due piani paralleli.
Qualora siano assenti i fattori igienici sarà sicuramente presente un certo malcontento, ma se sono presenti riducono il livello di insoddisfazione senza accrescere la motivazione.

I fattori motivanti migliorano invece effettivamente la prestazione, modificando la natura stessa del lavoro, rendendolo più stimolante e gratificante. Riguardano infatti quegli elementi relativi al soddisfacimento di bisogni superiori e di conseguenza portano ad una maggiore produttività.
L’assenza di questi fattori non determina insoddisfazione, ma non consente nemmeno di fare quel cosiddetto “passo in più”, di avere la giusta motivazione.

Questa teoria è al giorno d’oggi molto attuale, e sarebbe per cui opportuno che le organizzazioni, per stimolare la giusta motivazione professionale dei lavoratori, si adoperino nel conseguire le seguenti condizioni organizzative (Tancredi, 2008):
1. Continuo aggiornamento legato ai contenuti dei lavori di ciascuno;
2. Allargamento dell’area di responsabilità individuale;
3. Aumento delle capacità di assumersi i rischi delle proprie mansioni;
4. Creazione di un clima volto a conseguire una reale crescita psicologica al di là dei legami con i colleghi e con l’organizzazione.

Concludendo si può quindi asserire che “non insoddisfazione”, e quindi lavoro senza evidenti malcontenti, non equivale a lavoro “stimolante”, motivante, in grado di dare quella spinta in più nel raggiungere gli obiettivi preposti con lo stimolo giusto.

Herzberg sostiene che le persone possono essere classificate secondo due atteggiamenti: “ricercatori di motivazione”, alla ricerca di soddisfazione intrinseca al lavoro, e “ricercatori di igiene”, alla ricerca di benessere economico, ambiente fisico confortevole, tranquilla collaborazione tra colleghi.
Ricollegandosi per cui alla teoria di Maslow, solo la prima categoria di individui è avviata verso una piena maturazione psicologica che porterà poi alla giusta autorealizzazione professionale.
Ed il lavoratore che si sente effettivamente realizzato sarà al contempo anche colui maggiormente soddisfatto e disposto a dare sempre il meglio di sé nello svolgimento dei propri compiti, favorendo in questo modo anche l’organizzazione nella quale si trova ad operare.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Bonazzi G. (2008), “Storia del pensiero organizzativo”, Milano: Franco Angeli.
  • Decastri M., Tomasi D., Hinna A. (2004), “Motivazione Organizzazione d’azienda – Materiali di studio”, Roma: Aracne.
  • Hackman J R., Oldham G. R. (1976), “Motivation through the Design of Work: Test of a Theory”, Organizational Behavior and Human Performance, N. 16, pp 250 – 279.
  • Ostinelli G. (2005), “Motivazione e comportamento: le variabili psicologiche necessarie per raggiungere obiettivi”, Trento: Erickson.
  • Tancredi A. (2008), “La Motivazione al lavoro”, Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, Materiale didattico.  DOWNLOAD
  • Westen D. (2002), “Psicologia. La storia , i metodi, i meccanismi fisiologici e cognitivi del comportamento”, Volume 1, Bologna: Zanichelli.
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