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L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello (1985) di Oliver Sacks – Recensione

Nel libro Oliver Sacks, professore di Neurologia, racconta le sue esperienze cliniche affrontando la malattia mentale sotto l'aspetto umano più profondo.

Di Redazione

Pubblicato il 13 Mag. 2015

Aggiornato il 15 Mag. 2015 16:38

Francesca Rigobello

Parlare delle malattie è un intrattenimento da Mille e una notte: in L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Oliver Sacks professore di Neurologia alla Albert Einstein College of Medicine di New York, racconta le sue esperienze cliniche affrontando la malattia mentale sotto l’aspetto umano più profondo.

Nella prefazione l’autore si descrive:

Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall’aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l’uomo cade radicalmente in preda alla malattia. 

 Nelle 24 storie di cui si compone l’opera, viene posta l’attenzione sulla realtà del paziente, non solo in quanto sofferente, bensì come individuo in lotta per conservare la propria identità. L’autore riflette in maniera intima e alle volte ironica e surreale l’aspetto più profondo della malattia, creando situazioni paradossali.

Il saggio è diviso in quattro sezioni: Perdite, Eccessi, Trasporti e Il mondo dei semplici, le cui storie sono accostate a particolari sindromi e disfunzioni quali sindrome di Tourette, di Korsakov, di Conard, atassie, agnosie, afasie, amnesie.

La prima storia, che dà il titolo al libro, racconta del dottor P., musicista affetto da prosopagnosia, ovvero l’ incapacità di dare significato visivo alle cose, confondendo la testa di sua moglie per il suo cappello. Qui viene a crearsi una situazione quasi comica, il dottor P, ignaro del suo problema, conduce le sue attività quotidiane canticchiando…

Penso che la musica avesse preso per lui il posto dell’immagine. Invece di un’immagine corporea aveva una musica corporea: ecco perché era in grado di muoversi e agire con tanta disinvoltura, ma si bloccava completamente, confuso, se s’interrompeva la musica interiore.

Così anche in Ray dai mille tic, si descrive il caso particolare di un ragazzo di ventiquattro anni affetto dalla sindrome di tourette i cui tic, movimenti incontrollati, e le improvvise esclamazioni, avevano reso la sua vita molto difficile. La terapia indicata dal Dottor Sacks aveva previsto l’utilizzo dell’aloperidolo, portando il paziente ad un notevole miglioramento ma imponendolo a dei ritmi troppo ponderati, privandolo di energia ed entusiasmo, di esuberanza e di gioia. Così Ray decise, insieme al medico, di sospendere l’utilizzo del medicinale durante il fine settimana per potersi sfogare:

Voi normali che nel vostro cervello avete sempre i trasmettitori giusti al posto giusto, e al momento giusto, avete sempre a disposizione tutti i sentimenti tutti gli stili: gravità, esaltazione, tutto quello che il momento richiede. Noi tourettici no: siamo costretti all’esaltazione della nostra sindrome e costretti alla serietà quando prendiamo l’aloperidolo. Voi siete liberi, avete un equilibrio naturale: noi dobbiamo cavarcela come meglio possiamo con un equilibrio artificiale.

 Molto intensa è la storia della disincarnata, Christina una donna colpita da un’ infiammazione alle radici dei nervi cranici e spinali perde completamente la propriocezione ovvero la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio. La donna mantenne la capacità di muoversi attraverso la vista; osservandosi infatti riusciva a compiere piccoli spostamenti goffi:

Questa propriocezione è come se fosse gli occhi del corpo, il mondo in cui il corpo vede se stesso. E se scompare, come è successo a me, è come se il corpo fosse cieco. Il mio corpo non può ‘vedere’ se stesso se ha perso i suoi occhi , giusto? Così tocca a me guardarlo, essere i suoi occhi. Giusto?

L’utilizzo del linguaggio scientifico accompagna il lettore alla scoperta delle malattie nuerologiche e dei comportamenti che ne derivano, stimolando la curiosità del lettore e allo stesso tempo mantenendo scorrevole la lettura.

 

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