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Idealizzazione del Partner e Soddisfazione di Coppia: Illudersi Aiuta?

I soggetti che percepiscono il proprio partner come corrispondente ai propri ideali risultano più resilienti e tolleranti nei suoi confronti.

Di Alessandra Piccolini

Pubblicato il 09 Ott. 2012

Aggiornato il 05 Nov. 2012 12:14

FLASH NEWS 

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Alessandra Piccolini

I soggetti che percepiscono il proprio partner come corrispondente ai propri ideali risultano più resilienti e tolleranti nei suoi confronti. 

È opinione piuttosto diffusa che l’idealizzazione del partner e successive più o meno profonde delusioni vadano a braccetto. In effetti, non si tratta semplicemente di una teoria ingenua, ma di un concetto più volte confermato in letteratura: dopo un primo “idilliaco” periodo post-matrimoniale, l’amarezza nel constatare che la persona con cui intendiamo passare il resto della vita non corrisponde esattamente alle nostre aspettative sopraggiunge inevitabile. Le conseguenze? Insoddisfazione e deterioramento del rapporto (Huston, Caughlin, Houts, Smith, & George, 2001).

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Ma è davvero sempre così? Sandra Murray, studiosa dell’Università di Buffalo, e colleghi hanno deciso di dare una “seconda possibilità” alla tendenza, frequente in molte coppie, a crearsi un’immagine ideale del partner, più o meno fedele alla realtà (Murray, Griffin, Derrick, Harris, Aloni, & Leder, 2011). Gli autori hanno condotto uno studio longitudinale al fine di testare se l’idealizzazione del partner portasse realmente ad un deterioramento del rapporto oppure, al contrario, fungesse da fattore protettivo dall’insoddisfazione di coppia.

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Lo sappiamo tutti: il tempo è nemico delle relazioni, in particolare di quelle matrimoniali. Gli anni passano, aumentano i conflitti e i difetti dell’altro ci sembrano più evidenti e difficili da tollerare. Il presupposto da cui gli autori sono partiti è che vedere il partner sotto una luce positiva possa aiutare ad affrontare in modo più efficace questi conflitti. 

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Sono state perciò create due misure, una correlazione “percepito-ideale” (tra la valutazione data da un soggetto al suo partner e la caratterizzazione, data dal soggetto sulla base di 20 qualità prestabilite, di un ipotetico partner ideale) ed una correlazione “reale-ideale” (tra la caratterizzazione data dal soggetto dell’ipotetico partner ideale e una auto-caratterizzazione creata dal partner sulle stesse 20 qualità predeterminate). In questo modo è stato possibile da una parte identificare un “bias da idealizzazione”, e dall’altra osservare in che modo questo bias fosse relato alla soddisfazione di coppia. È stato poi valutato in che modo questa relazione variasse nel tempo (i soggetti sono stati testati sette volte, con distanza di sei mesi da un test all’altro).

Come previsto, i soggetti che percepivano il proprio partner come corrispondente ai propri ideali risultavano anche più resilienti e tolleranti nei suoi confronti. In tutti i momenti temporali in cui i soggetti sono stati testati, a maggiore idealizzazione corrispondeva maggiore soddisfazione.

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Così, al contrario, i partecipanti allo studio che riportavano un basso livello di soddisfazione alla prima misurazione erano soggetti ad un maggior declino della stessa nel corso dei mesi. Come se non bastasse, l’idealizzazione aveva effetti benefici anche sul partner “idealizzato”, promuovendo anche la sua soddisfazione all’interno del rapporto. 

Resta da chiarire perché “illudersi” funziona, e sono state sviluppate diverse ipotesi a riguardo. Innanzitutto, le persone hanno il potere di determinare il loro “destino di coppia” tramite il comportamento. In altre parole, sia i comportamenti che promuovono una relazione (ad esempio, essere supportivi) sia quelli che solitamente la indeboliscono (essere iper-critici) sono controllabili. Credere che le caratteristiche del partner riflettano i propri ideali rinforzerebbe l’ottimismo necessario ad affrontare in modo positivo ed efficace le sfide che una relazione inevitabilmente comporta (Murray & Holmes, 2011).

È anche possibile, sostengono gli autori, che sia una questione di flessibilità: se il tempo ha il potere di rivelare quanto il partner possa essere deludente, avranno più successo nelle relazioni quegli individui capaci di “aggiustare” i propri ideali, rendendoli in qualche modo sovrapponibili alle caratteristiche percepite nell’altro e rimanendo conseguentemente soddisfatti nonostante le delusioni (Kunda, 1990).

 

 

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