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Psicodiagnostica

La valutazione psicodiagnostica non si riduce all'ambito clinico ma trova applicazione in svariati campi: neuropsicologico giuridico lavorativo e scolastico

Aggiornato il 16 lug. 2023

Cos’è la psicodiagnostica

Con psicodiagnostica ci si riferisce a una disciplina che ha come scopo la valutazione diagnostica in termini psicologici e psicopatologici, utilizzando una vasta gamma di strumenti self-report, interviste semi-strutturate, batterie testiche psicologiche (es. neuropsicologiche, proiettive, test di intelligenza, etc.), inventari di personalità e anche tecniche di osservazione. A seconda dello scopo, dell’ambito di indagine e dei soggetti target della valutazione psicodiagnostica, si definirà l’utillizzo di strumenti, tecniche e procedure specifiche e differenziate.

La valutazione psicodiagnostica vede tra i suoi ambiti di applicazione più frequenti anzitutto l’ambito clinico e psicopatologico in relazione all’età evolutiva e all’età adulta, l’ambito neuropsicologico avente come obiettivo la valutazione del funzionamento cognitivo e neuropsichico di soggetti (spesso con diagnosi neurologiche di diverso tipo, dalle demenze, alle malattie neurodegenerative, traumi cranci, etc), l’ambito giuridico-forense, l’ambito della psicologia del lavoro e l’ambito scolastico in interazione con la psicopatologia dell’età evolutiva per la valutazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

Vale la pena inoltre esplicitare una distinzione tra la valutazione psichiatrica effettuata appunto da un medico psichiatra, dalla valutazione psicologica. Generalmente la valutazione psichiatrica viene effettuata allo scopo di identificare la sintomatologia psichiatrica e definire una diagnosi psichiatrica secondo i criteri delle classificazioni riconosciute in letteratura, quali il DSM 5 o l’ICD-10, utilizzando principalmente il colloquio anamnestico e clinico (anche se può essere integrato dall’utilizzo di alcune scale, interviste semi-strutturate, etc). La diagnosi di carattere psicologico include sicuramente la valutazione sintomatologica secondo i criteri nosografici delle principali classificazioni internazionali, ma si caratterizza come valutazione di più ampio spettro indagando a seconda del contesto e del proprio obiettivo anche aspetti e processi della personalità, struttura della personalità, atteggiamenti e modalità relazionali, funzionamento cognitivo, ecc.

Tutti gli psicologi regolarmente iscritti al relativo albo professionale (in particolare, ma non solo gli psicologi clinici) hanno una formazione tecnica di base e la relativa autorizzazione di Legge (L.56/89) per lo svolgimento dell’attività psicodiagnostica; tuttavia è consigliabile una formazione specifica post-lauream riguardo il settore specifico (es. neuropsicologico, clinico-psicopatologico, giuridico-forense, etc. ) per un ulteriore perfezionamento per lo svolgimento dell’attività psicodiagnostica.

Ambiti della Psicodiagnostica

In ambito clinico, la psicodiagnostica rappresenta lo step fondamentale per prendere decisioni strategiche fondamentali per l’efficacia del trattamento del paziente. La valutazione psicodiagnostica si inserisce infatti all’interno dell’accertamento degli aspetti strutturali della personalità, delle difficoltà psicologiche e/o dei disturbi psicopatologici del paziente. Tale step risulta essenziale per l’organizzazione dell’intervento clinico, la scelta del terapeuta, la condivisione del progetto psicoterapeutico con il paziente. Inoltre, in taluni casi l’accertamento rende il paziente più consapevole di qual è il suo problema e quali sono gli strumenti migliori per affrontarlo, in un’ottica in cui la concettualizzazione clinica del caso (che avviene secondo criteri differenti tra un approccio terapeutico e l’altro) viene condivisa con il paziente. Infatti la semplice etichetta diagnostica risulta spesso insufficiente per una pianificazione strategica ed efficace del trattamento. Oltre alla valutazione psicodiagnostica iniziale, è consigliabile effettuare delle rivalutazioni a intervalli regolari allo scopo di monitorare gli andamenti dei trattamenti in termini di cambiamenti ed evoluzioni sintomatologiche. In tale ambito è frequente l’integrazione di diversi strumenti in base alle aree da indagare: in primis il colloquio clinico, le batterie testali, i questionari self-report, test protiettivi, scale di valutazione della sintomatologia psichiatrica, test di livello, etc.

In ambito della psicopatologia dell’età evolutiva, il processo valutativo psicodiagnostico assume rilevanza fondamentale sotto molteplici punti di vista. I disturbi dell’età evolutiva (o Disturbi del Neurosviluppo) hanno la caratteristica di esordire nelle prime fasi  dello sviluppo della persona. Generalmente implicano una compromissione del funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. Tra questi riscontriamo ad esempio i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore, i disturbi dello spettro autistico, il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD), i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, etc. La valutazione in ambito della psicopatologia evolutiva è altrettanto essenziale per una comprensione esaustiva ed adeguate delle difficoltà e del funzionamento del bambino e dell’adolescente nei diversi ambiti della vita quotidiana. In taluni casi è necessaria la somministrazione di test di livello e batterie testiche specifice per valutare il funzionamento cognitivo del soggetto. Negli ultimi anni i professionisti della salute mentale che si occupano di sofferenza in età evolutiva (bambini e adolescenti) riconoscono, sia in ambito di valutazioni diagnostiche che di trattamento, la necessità di riferirsi ad un modello teorico multifattoriale che tenga conto della conoscenze delle tappe dello sviluppo normale del bambino, dei fattori di rischio e protettivi nell’insorgenza della psicopatologia, nonchè dell’individuazione precoce di stati prodromici in soggetti in età evolutiva. Generalmente il percorso di assessment psicodiagnostico con i soggetti in età evolutiva prevede colloqui con i genitori, colloqui con il bambino/adolescente, somministrazione di questionari self-report e interviste semi-strutturate con i genitori e con i bambini (in taluni casi si coinvolgono anche gli insegnanti), sedute di osservazione di gioco, valutazione del livello cognitivo e eventuali approfondimenti neuropsicologici. Lo psicologo che lavora con pazienti in età evolutiva lavora spesso in équipe multidisciplinare con il neuropsichiatra ed è esperto delle tappe di  sviluppo normale del bambino/adolescente quanto della psicopatologia. La valutazione psicologica è altrettanto importante nei casi di disabilità per la valutazione del livello intellettivo, delle capacità cognitive e delle eventuali problematiche psicologiche connesse a situazioni di disabilità fisico/psichica.

In ambito neuropsicologico, la valutazione neuropsicologica ha come scopo la misurazione delle abilità cognitive (attenzione, memoria, linguaggio, percezione, funzioni esecutive) mediante la somministrazione di test neuropsicologici di valutazione globale e di test neuropsicologici funzione-specifici. Accanto ai test, strumenti essenziali sono anche il colloquio clinico-neuropsicologico e il colloquio con il familiare accompagnatore/caregiver. Le batterie testali consentono di delineare il profilo cognitivo di un individuo adulto con lesioni cerebrali, patologie neurodegenerative, patologie psichiatriche croniche, condizioni mediche generali interferenti con il funzionamento cerebrale. Infatti, in seguito a lesioni cerebrali traumatiche, patologie vascolari, processi cerebrali degenerativi (es. demenza), patologie psichiatriche croniche o condizioni mediche generali, le abilità cognitive possono essere danneggiate e si possono osservare – in associazione ai deficit cognitivi – alterazioni comportamentali, emotive e di autonomia.

In ambito giuridico-forense, la valutazione psicologica si effettua a scopo legale, peritale o assicurativo (perizie civilistiche o penali, valutazioni del danno esistenziale, valutazione delle capacità cognitive, valutazioni di idoneità per le adozioni e gli affidamenti, etc.) In questo caso la psicodiagnostica ha quindi uno scopo legale e non clinico e l’esito del processo di valutazione psicodiagnostica viene utilizzata dall’autorità giudiziaria o da commissioni di valutazioni medico-legali.

Un altro ambito della psicodiagnostica è l’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, in particolare in riferimento alla selezione del personale e alla valutazione delle competenze dell’individuo. La psicologia del lavoro rappresenta una delle prime branche della psicologia in cui sono stati sviluppati e applicati strumenti di assessment. In tali contesti vengono utilizzati specifici strumenti psicodiagnostici quali questionari, scale di misurazione self-report, test di livello, colloqui individuali e colloqui di gruppo; tra gli strumenti di valutazione delle competenze si riscontrano forme di assessment basate su role-playing, simulazione in-basket o su scenari realistici, e di dinamiche di gruppo. Il termine Assessment Center spesso utilizzato in tale ambito psicodiagnostico fa riferimento a una metodologia di valutazione del potenziale, caratterizzata da diversi test situazionali che richiedono alla persona di eseguire uno o più compiti che si propongono di misurare variabili psicologico-comportamentali allo scopo della valutazione del potenziale, delle competenze e delle attitudini dei soggetti in un dato contesto organizzativo.

Strumenti della Psicodiagnostica

Tra gli strumenti della psicodiagnostica vale la pena anzitutto citare il colloquio nelle sue varie declinazioni in funzione del contesto di riferimento (es. il colloquio clinico-anamnestico in riferimento all’ambito clinico, il colloquio motivazionale nell’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, il colloquio neuropsicologico e così via). In ambito clinco, i colloqui possono essere impostati secondo diverse modalità di svolgimento (più o meno strutturate) in base all’approccio teorico del clinico che lo esegue. In taluni casi vengono messe a punto sedute di osservazione del comportamento, come ad esempio nell’ambito della psicologia e psicopatologia dell’età evolutiva o in ambito forense.

Alcuni tra gli strumenti più utilizzati sono le interviste semi-strutturate, i questionari e le scale self-report, i test di livello, i test neuropsicologici, i test di personalità, i test proiettivi.

I questionari e le scale self-report presenti in letteratura sono numerosissime e molto varie in termini di costrutti teorici e sintomatologia che vogliono misurare e per ambiti di applicazione; possono prevedere differenti modalità di risposta (Vero/Falso, Scala Likert, risposta multipla). Oltre che in clinica, i questionari e le scale sono estremamente utlizzati in ambito di ricerca scientifica. In tal senso è fondamentale il processo di validazione psicometrica, le standardizzazioni e tarature, nonchè il processo di validazione di questionari in lingue e culture differenti attraverso traduzioni con back-translation, riformulazione e riorganizzazione degli item, e relative procedure statistiche di adattamento e validazione. Tra gli esempi di scale per la valutazione sintomatologica ritroviamo per esempio il Beck Depression Inventory (nelle sue varie versione), il CORE outcome measure, la Symptom Checklist-90 (SCL-90), lo STAI di stato e di tratto per la valutazione dell’ansia di stato e di tratto, la Scala di Edinburgo per la Depressione Post-Natale, etc. Tali scale sono spesso utilizzate per un inziale e rapido screening ad ampio spettro su vasti campioni e popolazioni.

Nell’ambito dei test psicologici, invece possiamo riscontrare diverse categorie. I Test di Livello sono test psicologici utilizzati per misurare il livello e il funzionamento cognitivo in termini di livello intellettivo. Si tratta di test tendenzialmente molto articolati e costituiti da vari subtests, che valutano differenti tipi di capacità cognitive (mnestiche, linguistiche, attentive, coordinazione visuo-motoria, logica, comprensione verbale, etc.). Tra i più famosi e tuttora utilizzati in vari settori riscontriamo la WAIS-R per adulti, la WISC per soggetti in età evolutiva e le Matrici di Raven.

Un’ulteriore tipologia di test sono i test neuropsciologici appunto utilizzati in ambito neuropsicologico per la valutazione di eventuali difficoltà neurocognitive. Specifiche batterie testali neuropsicologiche esplorano il funzionamento neurocognitivo sia in ottica clinica che sperimentale. Tra questi possiamo ritrovare test di funzionamento cognitivo generale (es. MMSE), test per funzioni cognitive specifiche (es. per la valutazione delle funzioni frontali il Wisconsin Card Sorting Test, il test della Torre di Londra), Test per la valutazione dell’attenzione, test mnestici e linguistici, test per l’esame delle funzioni visuo-percettive, visuo-spaziali, visuo-costruttive e prassiche. Spesso i dati raccolti attraverso i test neuropsicologici, vengono integrati in ottica multidisciplinare con valutazioni mediche neurologiche e di neuroimaging.

I Test di Personalità sono strumenti clinici utilizzati per valutare costrutti e dimensioni relative alla personalità. In relazione alla valutazione della personalità, sono spesso utilizzati gli Inventari di Personalità. Si tratta di test piuttosto lunghi e vengono utilizzati a scopo di ricerca sia a scopo di valutazione clinica. Ad esempio il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI) messo a punto per diagnosticare i problemi sociali, di personalità e comportamentali nei pazienti psichiatrici. Questo test fornisce informazioni utilizzabili per la diagnosi e il trattamento del paziente, per lo screening in ambito lavorativo, per le perizie psichiatriche e in ambito militare. Per la vautazione dei tratti della personalità è molto utilizzato in setting non clinici il modello del Big Five. La valutazione della personalità attraverso il modello dei Big Five può avvenire mediante la compilazione da parte del soggetto di un questionario (strutturato attraverso la scala di Likert), oppure mediante la valutazione della condotta in un contesto di simulazione (come ad esempio l’Assessment center). Secondo questa teoria vi sarebbero 5 macrodimensioni in grado di descrivere le differenze in termini di personalità degli individui (Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Nevroticismo, Apertura all’esperienza).

Sempre nell’ambito della personalità il Millon Clinical Multiaxial Inventory indaga i profili di personalità e le diverse patologie psichiatriche tramite una serie di scale costruite in specifico sulla teoria di Millon. In relazione al DSM 5, gli Inventari di personalità per il DSM 5 (PID-5) misurano i tratti di personalità non adattivi in cinque domini: Affettività negativa, Distacco, Antagonismo, Disinibizione e Psicoticismo (sia nella versione breve costituita da 25 item sia nella versione integrale di 220 item). Inoltre, nel DSM 5 sono presenti anche le Scale di valutazione della gravità disturbo-specifiche. Possono essere somministrate agli individui che hanno ricevuto una diagnosi o che presentano una sindrome clinicamente significativa che non soddisfa appieno i criteri per una diagnosi.

I test proiettivi di personalità si fondano su presupposti teorici psicodinamici e si basano su meccanismi di tipo proiettivo. I test proiettivi prevedono la presentazione di stimoli poco o non strutturati. Tra i più noti e utilizzati vi sono il test di Rorschach, il Blacky Picture Test e il Thematic Apperception Test (TAT) . Al soggetto vengono rivolte domande aperte a seguito della presentazione di stimoli poco strutturati; le risposte del soggetto sono sottoposte al complesso processo di siglatura che prevede modalità standardizzate di codifica ed analisi delle risposte fornite. Data tale complessità in termini di siglatura si suggerisce generalmente che lo psicologo effettui training e formazione post-lauream specialistica per la somministrazione e l’interpretazione di tali test.

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