
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e il disturbo bipolare si presentano spesso insieme (Franke et al., 2018; Brancati et al., 2021; Sandstrom et al., 2021; Edinoff et al., 2021). In questo articolo vedremo quali sono gli aspetti di sovrapposizione tra questi due disturbi e perché è un tema importante nella letteratura scientifica.
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (in inglese attention deficit hyperactivity disorder, da cui deriva l’acronimo di uso comune ADHD) è inserito nella sezione dei disturbi del neurosviluppo nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; APA, 2014), ovvero il luogo in cui sono catalogate tutte le malattie mentali. Questa sezione raccoglie tutte le condizioni che esordiscono precocemente, quindi che compaiono nelle prime fasi dello sviluppo del bambino.
L’ADHD è una sindrome caratterizzata da livelli di disattenzione, di disorganizzazione e/o di iperattività-impulsività che compromettono il funzionamento sociale, scolastico e/o lavorativo e non corrispondono al livello di sviluppo previsto per l’età (APA, 2014). La disattenzione e la disorganizzazione comportano, per esempio, l’incapacità di mantenere l’attenzione prolungata su un compito, l’apparente mancanza di ascolto e la perdita di oggetti. L’iperattività-impulsività implica la difficoltà nel controllare l’impulso ad agire e nel regolare il proprio livello di attività, ciò si traduce in attività eccessiva, agitazione, incapacità di rimanere seduti, intromissione delle attività altrui, incapacità di attendere (per esempio, il proprio turno per parlare).
Il DSM-5 (APA, 2014) definisce tre tipologie di questo disturbo, in base alle caratteristiche prevalenti nel bambino. È detto sottotipo combinato il caso in cui sono presenti sia i sintomi di inattenzione, sia quelli di iperattività-impulsività, il sottotipo inattento nei casi in cui è presente solo l’inattenzione, ma non l’iperattività-impulsività e, infine, il sottotipo iperattivo-impulsivo nei casi in cui sono soddisfatti i criteri diagnostici per iperattività-impulsività, ma non quelli per l’inattenzione.
L’ADHD è un disturbo comune nell’infanzia (Polanczyk et al., 2014) e circa 50-65% dei bambini con ADHD continuerà a soddisfare i criteri diagnostici per ADHD nell’età adulta (Edinoff et al., 2021; Asherson et al., 2016). Tuttavia, i sintomi cambiano e si evolvono nel tempo: l’iperattività sembra diminuire, mentre la disattenzione e i problemi emotivi prevalgono o si accentuano (Chang et al., 2013; Larsson et al., 2011). I sintomi tipici che possono essere osservati nell’adulto con ADHD sono: difficoltà di concentrazione e disattenzione, tendenza a vagare con la mente, difficoltà a rispettare le scadenze, comportamento impulsivo, irrequietezza e difficoltà a regolare le emozioni innescate da stimoli esterni (Asherson et al., 2016).
La traiettoria di sviluppo dell’ADHD nell’arco della vita è caratterizzata da un alto grado di comorbidità (ovvero di compresenza; Franke et al., 2018) con altri disturbi; tra quelli che si verificano più spesso insieme negli adulti rientra il disturbo bipolare (Torres et al., 2015).
Il disturbo bipolare
Il DSM-5 (APA, 2014) prevede un’apposita categoria diagnostica per il disturbo bipolare. Questo disturbo è di tipo cronico ed è caratterizzato dall’oscillazione dell’umore, dell’energia e del funzionamento; nello specifico si alternano episodi di mania o ipomania e depressione
Gli episodi maniacali comportano umore elevato, espanso o irritabile, accompagnato da aumento di energia/attività e sintomi come autostima ipertrofica (ovvero eccessivamente alta), diminuito bisogno di sonno, loquacità eccessiva, fuga di pensieri, distraibilità e impulsività. Questi episodi hanno una durata di almeno una settimana e tipicamente comportano manifestazioni psicotiche, ospedalizzazioni e grave compromissione del funzionamento lavorativo e psicosociale.
Gli episodi ipomaniacali sono definiti dalle stesse caratteristiche degli episodi maniacali, ma si differenziano in termini di gravità; hanno una minore durata (circa 4 giorni), non implicano aspetti psicotici, ospedalizzazioni e non inficiano gravemente sul funzionamento lavorativo e psicosociale dell’individuo.
Gli episodi depressivi implicano tristezza e perdita di interesse o piacere. In aggiunta, sono accompagnati da sintomi come variazione di peso, disturbi del sonno, scarsa energia o affaticamento, scarsa concentrazione, agitazione o rallentamento psicomotorio, sentimenti di autosvalutazione o colpa e suicidalità. Questi episodi persistono per almeno due settimane.
In base alla combinazione di queste tre caratteristiche centrali sono state definite 3 tipologie di disturbo (APA, 2014). Per la diagnosi di disturbo bipolare I è richiesta la presenza di almeno un episodio maniacale; invece, per il bipolare II, almeno un episodio ipomaniacale e un episodio depressivo. Il disturbo ciclotimico è caratterizzato da un pattern di fluttuazione cronica dell’umore tra episodi di elevazione dell’umore e sintomi depressivi; questi sintomi perdurano per almeno due anni e non raggiungono i criteri soglia per la diagnosi degli episodi sopra esplicati ma comportano comunque sofferenza e compromissione del funzionamento psicosociale.
I disturbi bipolari hanno un’età media di insorgenza precoce. Attualmente, la definizione di disturbo bipolare nei bambini (detto disturbo bipolare pediatrico) è oggetto di un dibattito aperto in letteratura. Nello specifico, la controversia verte sull’effettiva continuità del disturbo bipolare pediatrico con il disturbo bipolare adulto, nonché sulla possibilità che i sintomi spiegati dal disturbo bipolare pediatrico possano essere spiegati meglio da altre diagnosi, come quella di ADHD (Duffy et al., 2020; Carlson et al., 2014).
Caratteristiche cliniche
Nella letteratura delle scienze psicologiche sono state evidenziate alcune sovrapposizioni tra i sintomi di ADHD e il disturbo bipolare (Florian, 2009; Comparelli et al., 2022). Queste riguardano, in particolare, le caratteristiche di episodi ipomaniacali propri del disturbo bipolare II, come iperattività, distraibilità, mancanza di inibizione, irrequietezza, pensieri veloci, eloquio rapido, loquacità e irritabilità.
Messaggio pubblicitario La sovrapposizione dei sintomi potrebbe rendere difficile la differenziazione tra i due disturbi, sebbene i sintomi caratterizzanti l’ADHD siano persistenti (quindi continui nel tempo), al contrario dei sintomi del disturbo bipolare che invece sono episodici (Edinoff et al., 2021; Nierenberg et al., 2005; Zaravinos-Tsakos e Kolaitis, 2020). Infatti, alcuni studi suggeriscono che il 20% dei casi di bambini con ADHD ricevono anche una diagnosi di disturbo bipolare pediatrico (Franke et al., 2018; Edinoff et al., 2021). Inoltre, per i bambini con ADHD sembrano essere maggiori le probabilità di ricevere una diagnosi di disturbo bipolare successivamente nel corso della vita (Edinoff et al., 2021).
In aggiunta, sembra che il disturbo bipolare in comorbilità con l’ADHD presenti un decorso della malattia più severo, un esordio precoce, un intervallo più breve fra gli episodi e un più breve periodo di stato di equilibrio dell’umore (detto periodo eutimico; Nierenberg et al., 2005).
Dato che la sovrapposizione di alcuni criteri diagnostici non è sufficiente a spiegare la comorbilità tra questi due disturbi (Milberger et al., 1995), è possibile che le caratteristiche cliniche simili siano dovute a fattori di rischio genetici e ambientali condivisi. Li vediamo nei prossimi paragrafi.
Caratteristiche genetiche
Come anticipato, a spiegare la comorbilità tra disturbo bipolare e ADHD potrebbero intervenire anche fattori genetici (Comparelli et al., 2022).
Infatti, sembra che i parenti dei pazienti con disturbo bipolare abbiano avuto una probabilità significativamente più alta di ricevere diagnosi di ADHD e fra i parenti dei pazienti con ADHD il disturbo bipolare si è presentato più frequentemente; il rischio era circa due volte più alto in entrambi i casi (Fraone et al., 2012).
L’esistenza di una familiarità suggerisce una vulnerabilità genetica per entrambe le malattie (Comparelli et al., 2022). Infatti, sono stati trovati fino a 33 loci (ovvero la posizione di un gene all’interno di un cromosoma) coinvolti sia nella sindrome da ADHD che nel disturbo bipolare (O’Connell et al., 2021; Fahira et al., 2019; Hitomi et al., 2019; MacArthur et al., 2017).
Fattori di rischio ambientali condivisi
I fattori di rischio aggiuntivi condivisi sono correlati ai periodi prenatale, perinatale e dell’infanzia.
L’abuso di sostanze da parte della madre espone i bambini ad entrambe queste condizioni cliniche; tuttavia, uno studio ha indicato che questo fattore di rischio può essere associato con i sintomi di ADHD, ma non con la presenza di una diagnosi clinica (Marangoni et al., 2016; Sciberras et al., 2017).
L’esposizione allo stress materno durante il primo trimestre di gravidanza è stata associata al rischio di sviluppare il disturbo bipolare (Marangoni et al., 2016) e la stessa associazione è stata osservata anche per l’ADHD (Manzari et al., 2019). Tuttavia, questo risultato potrebbe anche essere attribuito a fattori genetici, in quanto le madri che soffrono di disturbo bipolare o ADHD potrebbero sperimentare maggiore stress durante la gravidanza e nel periodo successivo al parto (Perez Algorta et al., 2018).
È stato osservato che gli individui che hanno vissuto situazioni avverse e traumi nell’infanzia hanno maggiori probabilità di sviluppare ADHD e disturbo bipolare (Brown et al., 2017). Nel caso del disturbo bipolare questi fattori sembrano aggravarne il decorso (Agnew-Blais et al., 2016).
I fattori genetici sembrano essere i principali fattori responsabili della persistenza dei sintomi di ADHD durante l’adolescenza (Shaw et al., 2021); i problemi di comportamento e le co-diagnosi sembrano svolgere un ruolo importante per lo sviluppo futuro di disturbo bipolare (Faedda et al., 2014).
Traiettorie evolutive
Il decorso clinico dell’ADHD è caratterizzato dallo sviluppo di comorbilità con altre condizioni psichiatriche nella transizione dall’infanzia all’adolescenza (Biederman et al., 2010).
Molti studi hanno valutato la traiettoria di sviluppo ADHD–disturbo bipolare (Brancati et al., 2021; Nierenberg et al., 2005; Faedda et al., 2014; Rydén et al., 2009).
Uno studio recente (Brancati et al., 2021) ha stimato che circa 10-12% degli individui con ADHD successivamente riceverà diagnosi di disturbo bipolare; questa transizione avviene tipicamente durante l’età evolutiva.
Da un punto di vista retrospettivo, Nierenberg e colleghi (2005) hanno stimato una prevalenza nel corso della vita del 9,5% di comorbilità di ADHD e disturbo bipolare negli adulti.
Inoltre, è stato stimato come la combinazione di ADHD e ansia aumenti di 30 volte il rischio di sviluppare il disturbo bipolare nel corso della vita (Meier et al., 2018).
Secondo Brancati e colleghi (2021), la disregolazione emotiva può essere considerata come una dimensione psicopatologica che facilita la progressione da ADHD a disturbo bipolare. Tra gli aspetti che elevano il rischio di progressione da ADHD a disturbo bipolare rientrano: una storia familiare di disturbo bipolare, l’età avanzata, la presenza di un disturbo depressivo maggiore, disturbi d’ansia, disturbo dello spettro dell’autismo, disabilità intellettiva, disturbo del comportamento dirompente, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta, comportamento antisociale, disturbo da uso di alcol, e disturbi di personalità (Faedda et al., 2014; Chu et al., 2021; Purper-Ouakil et al., 2017; Meier et al., 2018).
I trattamenti
Il tema della comorbilità, il problema della differenziazione diagnostica e le evidenze rispetto alle traiettorie evolutive di questi due disturbi, ad oggi, lasciano molti interrogativi aperti, a cui la ricerca nelle scienze psicopatologiche ha l’ambizione di fornire chiarimenti, con l’obiettivo di stabilire strategie di trattamento appropriate. Infatti, il trattamento dell’ADHD e del disturbo bipolare in co-diagnosi, indipendentemente dalla fase della malattia, rimane una sfida irrisolta, poiché attualmente i dati sulla risposta al trattamento degli individui con diagnosi di ADHD in comorbilità con il disturbo bipolare sono molto limitati (Comparelli et al., 2022). Inoltre, nella pratica clinica, la maggior parte dei pazienti adulti che presentano sintomi di ADHD e disturbo bipolare tende ad essere trattata solo per il disturbo bipolare (Klassen et al., 2010). Tuttavia, l’uso dei farmaci solitamente impiegati per la terapia farmacologica del disturbo bipolare in pazienti con ADHD e disturbo bipolare potrebbe essere problematico, producendo alti tassi di non risposta al farmaco o effetti collaterali (Comparelli et al., 2022).
È proprio per queste difficoltà nel trattamento che si rende necessaria una migliore caratterizzazione clinica e dello sviluppo di questi due disturbi attraverso studi specifici.
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