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Oncologia – Tumori

La comunicazione della malattia tumorale rappresenta un evento traumatizzante, un cambiamento non solo fisico ma anche mentale.

Aggiornato il 20 set. 2023

La comunicazione che si ha un tumore

La comunicazione della malattia tumorale rappresenta uno degli eventi più stressanti che alcune persone si trovano a dover affrontare nel corso della loro vita, un cambiamento non solo fisico ma anche mentale: cambia il modo di percepire e sentire il proprio corpo, cambia la percezione che si ha del mondo, cambiano le relazioni sociali e interpersonali.

Si tratta di una fase molto delicata e difficile sia per il paziente che per i suoi familiari: di fronte alla parola “cancro” la primissima reazione è avvertire un senso di confusione, sbandamento, un vero e proprio shock. Il cancro è una parola che evoca emozioni angoscianti, rimanda a uno scenario altamente catastrofico nell’immaginario collettivo, ad una “condanna a morte”.

I sentimenti suscitati sono molto intensi, come un senso di irrealtà, diniego, incredulità, disorientamento, rabbia. In seguito diverse domande invadono la mente del paziente: “Perché è successo proprio a me?”, “Cosa mi accadrà adesso?”, “Sarò in grado di affrontare la malattia?”.

Il modo di reagire al proprio stato di salute o di malattia, così come lo sviluppo, il decorso e la prognosi stessa della malattia oncologica sono influenzati dall’interazione di diversi fattori: di tipo biologico, psicologico e sociale. Ogni paziente vive e affronta la malattia in modo soggettivo e unico: si attiva un processo di adattamento alla nuova condizione fisica, che comporta una trasformazione radicale nella vita del paziente.

Oncologia: la crisi emotiva e il coping

Il modo di gestire la “crisi emotiva” generata dalla diagnosi medica, l’atteggiamento di fronte all’evento spesso traumatico influenzerà il tipo di adattamento psicosociale alla malattia. L’atteggiamento e lo stile di coping utilizzato andranno ad influenzare non solo la qualità di vita successiva alla diagnosi, ma anche la compliance ai trattamenti medici e il decorso biologico della malattia (Putton et al., 2011).

Tra i pazienti oncologici sono state rilevate diverse strategie di coping nell’affrontare lo stress legato alla malattia neoplastica. Le principali strategie individuate da Burgess (1988) sono:

  • Hopelessness/helplessness, caratterizzato da elevati livelli di ansia e di depressione, dall’incapacità di mettere in atto strategie cognitive finalizzate all’accettazione della diagnosi, dalla convinzione di un controllo esterno sulla malattia;
  • Spirito combattivo, contraddistinto da moderati livelli di ansia e di depressione, da numerose risposte comportamentali attraverso le quali il paziente cerca di reagire positivamente e costruttivamente alla situazione, dalla convinzione di un controllo interno sulla malattia;
  • Accettazione stoica, con bassi livelli di ansia e depressione, attitudine fatalistica, dalla convinzione di un controllo esterno della malattia;
  • Negazione/evitamento, in cui appaiono del tutto assenti sia le manifestazioni ansioso-depressive, sia le strategie cognitive, nella convinzione da parte del paziente di un controllo sia interno che esterno della malattia.

La negazione/evitamento si riscontra in modo rilevante proprio durante la fase diagnostica della malattia e risulta associata a bassi livelli di stress emozionale (Watson et al., 1984). La negazione di malattia è stata definita come un meccanismo di difesa che permette di prendere le distanze da una realtà minacciosa e preoccupante, “un rifiuto conscio o inconscio di una parte o di tutto il significato di un evento per allontanare la paura, l’ansia o altri affetti spiacevoli” (Hackett et al. 1968). Un paziente può negare la diagnosi, la prognosi o la gravità della malattia, oppure può ignorare o dimenticare quello che il medico gli ha riferito con la diagnosi, oppure rifiutare di aderire al trattamento proposto. 

Esistono quindi sette tipi di negazione che si articolano lungo un continuum graduale:

  1. la negazione del significato personale della minaccia percepita;
  2. la negazione dell’urgenza;
  3. la negazione della vulnerabilità o della responsabilità;
  4. la negazione delle emozioni correlate;
  5. la negazione del significato affettivo;
  6. la negazione della presenza di un’informazione minacciosa,
  7. la negazione di ogni tipo di informazione.

Quale funzione ha la negazione di malattia sul decorso della patologia oncologica? Dagli studi presenti in letteratura emerge come il meccanismo difensivo svolga un ruolo adattivo nelle fasi iniziali della malattia perché protegge il paziente dalla paura, dallo sconforto che si provano di fronte alla diagnosi medica.

Oncologia – l’aderenza al trattamento

La tempestività della diagnosi di cancro e la compliance (aderenza) al trattamento medico sono determinanti nell’aumentare le probabilità di una risoluzione positiva della malattia oncologica, per questo è necessario assistere psicologicamente il paziente sin dal momento della diagnosi, come già si sta facendo in diversi ospedali italiani dove sono presenti psicologi che affiancano il medico.

La negazione o il diniego potrebbero compromettere l’aderenza del paziente alle prescrizioni mediche, ai farmaci, agli esami di laboratorio, ai controlli clinici e tutto ciò ha un a grande rilevanza clinica: la paura, le pressioni sociali, il senso di responsabilità ma anche la cultura di appartenenza sono tutti fattori che potrebbero essere collegati con la negazione di malattia (Phelan et al., 1992).

Cosa può fare lo psicologo per aiutare il paziente ad affrontare la malattia? La “sindrome psiconeoplastica” (Guarino, 1994) riguarda una serie di dinamiche psicologiche profonde, scaturite dalla diagnosi di cancro, e può presentarsi come una costellazione di sintomi psicopatologici la cui intensità dipende dall’interazione di diversi fattori: la personalità del paziente, le esperienze passate, l’età, le relazioni interpersonali presenti e passate, la presenza di un contesto sociale e familiare supportivo, la gravità e il tipo di tumore stesso. I sintomi psicopatologici maggiormente presenti, come precedentemente visto sono: senso di paura e stress, ansia, depressione, alterazione immagine di sé e del corpo, aggressività, rabbia, ostilità, senso di colpa, di invidia, di ingiustizia e uso massiccio del meccanismo di difesa della negazione e rimozione.

Lo psicologo clinico può fare molto all’interno dell’équipe medica riconoscendo i bisogni del paziente e aiutandolo ad affrontare il grande percorso di cambiamento fisico e psicologico che dovrà inevitabilmente affrontare con la malattia. In una prima fase di  sostegno psicologico il paziente viene aiutato a elaborare il trauma conseguente alla diagnosi di tumore e a sostenere il “peso della malattia”. In questa fase lo psicologo potrà aiutare il paziente a gestire la malattia, a incoraggiare l’espressione e la comunicazione delle emozioni coinvolgendo anche i familiari, a sviluppare modalità più adattive di affrontare la malattia, a dare un senso a quanto accaduto, a ridare un senso di speranza e ottimismo verso il futuro.

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