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Somatoparafrenia

Nella somatoparafrenia si ritrova la presenza di credenze deliranti verso la parte del corpo controlaterale alla lesione cerebrale

Gerstmann indentifica la somatoparafrenia come una forma di asomatognosia in cui si ritrova la presenza di credenze deliranti verso la parte del corpo controlaterale alla lesione cerebrale.

Somatoparafrenia definizione e basi neuroanatomiche - Psicologia

Nel 1942, dopo che Babinski coniò il termine anosognosia, Gerstmann individuò tre disturbi indiretti dello schema corporeo, caratterizzati da un’esperienza anomala, esplicitata attraverso il comportamento o il linguaggio, verso una funzione o una parte del proprio corpo. Solitamente ognuna di queste tre condizioni si presenta insieme a un deficit di consapevolezza per l’emiplegia, per l’emianestesia o in uno stato di neglect, soprattutto verso la parte sinistra del corpo, quindi in corso di danno o lesione all’emisfero destro.

Uno di questi tre fenomeni è la somatoparafrenia (σώμα = corpo, παρα = dietro and φρήν = mente) che lo stesso Gerstmann indentifica come una forma di asomatognosia in cui si ritrova la presenza di credenze deliranti verso la parte del corpo controlaterale alla lesione cerebrale. Quindi in una condizione negativa in cui la persona esperisce l’assenza di un arto, si ha anche la produzione di sintomi positivi come le credenze deliranti. Nonostante tale connotazione, la somatoparafrenia non è un disturbo psichiatrico e non si presenta in comorbilità con altri disturbi di questo tipo.

Il vissuto del paziente è di non-appartenenza per cui non riconosce l’arto come proprio ma lo attribuisce a un parente, al medico o a qualcun altro. Di fronte ai tentativi di razionalizzare l’esperienza da parte di chi gli sta intorno, il paziente risponde spesso con un atteggiamento confabulatorio e di giustificazione delle sue credenze deliranti.

La somatoparafrenia non è semplicemente la conseguenza di un deficit senso-motorio ma un fallimento nella capacità di creare un collegamento tra l’esperienza senso-motoria primaria e il sé; per tale motivo è annoverabile tra i deficit specifici del senso di appartenenza del corpo.

Nei pazienti somatoparafrenici sono spesso riscontrabili diminuite capacità attenzionali, un’alterata rappresentazione del corpo e deficit propriocettivi. Secondo alcuni autori (Vallar & Ronchi, 2009) essa emergerebbe da un deficit di integrazione multisensoriale e della rappresentazione spaziale del corpo.

Un’altra ipotesi molto affascinante riguarda la dissociazione tra la percezione corporea in prima persona e in terza persona testata sperimentalmente tramite uno specchio (Fotopoulou et al., 2011). In un interessante studio i pazienti somatoparafrenici attribuivano l’arto plegico sinistro a qualcun altro nella condizione di osservazione diretta, ma il senso di ownership dello stesso arto incrementava in maniera statisticamente significativa nella condizione di osservazione allo specchio.

Quindi in base al tipo di visione (in prima persona o in terza) l’attribuzione dell’arto a se stessi o ad altri può variare. La condizione di visione in terza persona non abolisce però la somatoparafrenia, a dimostrazione del fatto che il senso di ownership rimane dominato da un’alterata rappresentazione corporea in prima persona che non può essere integrata con altri segnali. Tuttavia tali risultati suggeriscono la presenza di network neuronali (probabilmente comprendenti le aree perisilviane) deputati all’integrazione di diverse rappresentazioni coporee.

Diversi sono gli studi che hanno tentato di identificare le basi neuroanatomiche della somatoparafrenia. Molti di questi presentano campioni non molto ampi e paragonano pazienti con somatoparafrenia, con anosognosia e con neglect senza anosognosia; bisogna tener conto che le differenze tra le diversi situazioni sono molto sfumate. In due studi effettuati a 20 anni di distanza l’uno dall’altro, Feinberg (1990; 2010) identifica danni alle strutture temporo-parientali in modo trasversale alle condizioni di neglect, anosognosia e somatoparafrenia, mentre nei pazienti somatoparafrenici una lesione più estesa al lobo frontale mediale destro e alle strutture orbito-frontali.

Quindi, mentre lesioni nelle aree temporo-parietali, presumibilmente legate al neglect, sembrano essere critiche per l’insorgere della manifestazione anosognosica e somatoparafrenica, sarebbero le aree più di tipo frontale a essere determinanti per la sola somatoparafrenia. Più recentemente (Gandola et al., 2012; Romano et al., 2014) nei pazienti somatoparafrenici sono stati riscontrati non solo danni in aree corticali ma anche alla sostanza bianca nell’area della corona radiata, alla sostanza grigia sottocorticale (talamo, gangli della base, amigdala, ippocampo) e alla parte posteriore della capsula interna, tutto localizzato nell’emisfero destro.

La somatoparafrenia è un sintomo acuto e non cronico; può durare ore, settimane ma talvolta anche anni. Grazie a tecniche come la stimolazione calorica vestibolare si può ottenere una remissione, seppur temporanea, della sintomatologia (Ronchi et al., 2013).

Questi dati fanno pensare al fatto che la somatoparafrenia possa non essere solo l’esito di un danno anatomico ma un deficit funzionale transitorio che può scomparire con un’adeguata stimolazione delle componenti associate alla rappresentazione corporea. Pertanto emerge la necessità di approcciarsi alla sindrome in maniera olistica (Feinberg et al., 2014) considerando componenti cognitive, neuroanatomiche, psicologiche e non di meno motivazionali (diversi sono infatti gli studi che vedono nella confabulazione una modalità per gestire le situazioni spiacevoli creando false credenze che rendano maggiormente accettabile la realtà).

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