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Multitasking

L’essere umano ha risorse attentive limitate e occuparsi di due o più compiti simultaneamente può compromettere la qualità della sua prestazione. Il multitasking permette secondo alcuni di affrontare i molteplici compiti quotidiani in maniera efficace, secondo altri invece non manca di conseguenze negative.

Il fenomeno del multitasking fa riferimento all’insieme di atteggiamenti e comportamenti che portano la persona a essere impegnata in due o piu’attività o compiti differenti contemporaneamente. Il multitasking sembra essere ormai una conseguenza inevitabile del contesto sociale e culturale attuale.

Multitasking: caratteristiche ed effetti positivi e negativi del fenomeno

Il multitasking è un fenomeno complesso, che richiede un alto livello di attenzione per poter svolgere due attività contemporaneamente. Spesso viene attivato in maniera inconsapevole, rapida e veloce. Il termine multitasking (dall’inglese task, compito) origina dall’informatica, secondo cui il multitasking è la capacità di un sistema operativo di eseguire più compiti simultaneamente. L’attività multitasking viene eseguita da processi cognitivi che gestiscono le singole attività e determinano come, quando e con quali priorità vengono eseguite.

Il multitasking come fenomeno di massa è stato inoltre favorito dalla velocità con cui si sono diffusi i dispositivi tecnologici sia in ambito lavorativo che privato, per cui oggi si parla di media multitasking, definibile come lo svolgimento di due o più compiti, uno dei quali implica l’uso di un mezzo tecnologico (Lang & Chrzan, 2015). Laptop, smartphone e tablet hanno reso le comunicazioni istantenee, i compiti più veloci ed in generale hanno semplificato molti aspetti della nostra vita quotidiana, creando però un ambiente di enorme distraibilità.

È proprio da questa constatazione che emerge il bisogno di studiare il multitasking e le ripercussioni che può avere sulle funzioni cognitive di un individuo, al fine di valutarne le conseguenze (positive/negative) sull’apprendimento (es: scuola, università) e sulla qualità delle prestazioni (es: la produttività di un lavoratore in un’azienda).

In termini di differenze di genere, l’American Sociological Review ha pubblicato i risultati di un ampio studio che ha trovato importanti differenze nella percezione, e nella tolleranza, che donne e uomini (e più nello specifico nel ruolo di genitori, madri e padri) hanno allo svolgimento di più lavori contemporameamente. I risultati mostrano che sono le madri quelle che più frequentemente svolgono più di un lavoro e che rispetto ai padri vivono il multitasking più negativamente. Le differenze riscontrate tra madri e padri sembrano dipendere non solo alla quantità di compiti svolti ma soprattutto alla qualità di questi. Inoltre vi è una differenza tra madri e padri in come il multitasking viene vissuto: per la maggior parte delle donne il multitasking è un’esperienza negativa e stressante, che le fa sentire in conflitto sopratutto quando lavorano sia fuori che dentro casa. Per i padri invece è quasi sempre un esperienza positiva.

In ambito di psicologia sperimentale, il multitasking fa riferimento al “Paradigma del doppio compito”, una procedura sperimentale usata in psicologia sperimentale e in neuropsicologia. Esso consiste nel richiedere ai partecipanti dell’esperimento di svolgere due compiti simultaneamente: se la prestazione ai due compiti è inferiore a quella che si otterrebbe svolgendo uno solo di essi, significa che i due compiti interferiscono tra loro, e questo implica che essi “competono” per le stesse risorse all’interno del sistema cognitivo. Se al contrario, i due compiti vengono svolti altrettanto bene simultaneamente o separatamente, si deduce che essi fanno affidamento su risorse cognitive differenti. Per esempio, cantare una canzone e guidare l’automobile sono due attività che possono essere svolte contemporaneamente in modo efficace, mentre cantare una canzone e leggere sono compiti che interferiscono tra loro in termini di risorse e funzioni cognitive inficiandone la prestazione. In tal senso le risorse cognitive sono limitate e devono essere suddivise e/o selezionate tra le diverse attività, e un eccessivo impiego di risorse in situazioni di dual-tasks o multi-taks possono esitare in condizioni cognitive overload o sovraccarico cognitivo.

Gli effetti del multitasking sul funzionamento mentale e cerebrale

La letteratura scientifica si divide tra chi ritiene che il multitasking abbia una serie di effetti negativi, anche a livello cerebrale, e chi invece ne rivendica vantaggi e benefici.

Gli effetti negativi del multitasking

Numerosi i ricercatori che denunciano in particolare gli effetti negativi del multitasking sul nostro funzionamento mentale e cerebrale.

Secondo tale prospettiva, le risorse attentive del nostro sistema cognitivo sono limitate e dunque un carico eccessivo di materiale da elaborare può condurre a un decremento nella performance di più compiti eseguiti simultaneamente. Lo svolgimento di un compito presuppone un controllo cognitivo che può essere soggetto a interferenze ambientali, quindi la capacità di rimanere concentrati sugli stimoli target escludendone altri, inibendo inoltre certi tipi di risposte inappropriate, è la condizione necessaria per una corretta esecuzione.

Tra i ricercatori che hanno dimostrato un effetto negativo del multitasking vi è Sandra Bond Chapman, fondatrice del Center for brain health dell’Università di Dallas, la quale riporta tra i principali effetti del multitasking sul nostro cervello un significativo aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. La ricercatrice spiega tale dato come il risultato del fatto che il nostro cervello sa far bene una cosa alla volta: i neuroni, se devono sorvegliare molte attività contemporaneamente, non riescono a spartirsi i compiti e li tengono tutti sotto controllo, millisecondo per millisecondo, commutando il proprio impegno dall’uno all’altro. Risultato: un superlavoro che produce risultati modesti e imprecisi.

Stessa risposta sembra provenire dai ricercatori dell’Università di Sussex, i quali hanno studiato gli effetti del multitasking in particolare in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie, causa oggi della maggior parte delle attività che svolgiamo in multitasking. Lo studio, pubblicato sulla rivista PLoS ONE, è il primo a trovare un collegamento tra multitasking e mutazioni nella struttura del cervello. Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che le persone che usano spesso varie forme di media contemporaneamente avevano in effetti una minore densità di materia grigia nell’area cerebrale della corteccia cingolata anteriore (ACC), coinvolta nell’elaborazione del pensiero e nel controllo emotivo, rispetto a coloro che invece utilizzavano un solo dispositivo per volta. Tale scoperta ha collegato il multitasking ad una ridotta capacità di attenzione, ad un maggior rischio di depressione ed ansia, ed a risultati inferiori a scuola.

Uno studio di Ophir e collaboratori (Ophir et al., 2009), ha mostrato quanto l’utilizzo costante del media multitasking conduca a un considerevole decremento dell’attenzione e quindi ad una maggiore probabilità di distrarsi e di peggiorare le prestazioni in compiti che implicano il controllo cognitivo. Nello specifico, i ricercatori hanno reclutato un campione di soggetti suddividendoli in due gruppi, uno costituito da individui che si servono in modo eccessivo del media multitasking (heavy media multitaskers), l’altro formato da individui che ne fanno uso moderatamente (light media multitaskers). In un secondo momento ad entrambi i gruppi è stato chiesto di sottoporsi ad una serie di compiti volti a valutare alcuni domini cognitivi (allocazione/filtraggio dell’attenzione, switching, memoria di lavoro). I risultati ottenuti confermano quanto un uso esagerato del media multitasking induca un calo notevole nella qualità delle prestazioni dal momento che i soggetti “heavy” sono risultati essere maggiormente suscettibili alla distrazione (difficoltà nel discriminare stimoli rilevanti da quelli irrilevanti per l’esecuzione del compito), mostrando problemi nello spostare l’attenzione da certe informazioni ad altre e nell’inibire risposte inappropriate, riportando inoltre un deficit nella gestione di rappresentazioni multiple nella memoria di lavoro.

Gli effetti positivi del multitasking

Di tutt’altro avviso un recente studio intitolato “Limiti di capacità della memoria di lavoro: l’impatto del multitasking sul controllo cognitivo negli adolescenti” di Sarayu Caulfield e Alexandra Ulmer (2014), che ha evidenziato come adolescenti che usano in contemporanea diversi dispositivi multimediali per tanto tempo potrebbero trarre in realtà notevoli benefici dallo svolgere attività in multitasking, con un miglioramento anche del proprio rendimento scolastico. Dai risultati è emerso come i partecipanti che dedicano più tempo alle attività mediali e svolgono più attività in contemporanea presentano dei risultati migliori nei compiti con distrattori e risultati peggiori nei compiti senza distrattori. Risultati opposti sono stati registrati nei partecipanti che dedicano poco tempo allo svolgimento di più attività mediali in contemporanea. Questo studio suggerisce come i nativi digitali (essendo esposti fin da piccoli ad un ambiente mediale multitasking) potrebbero aver sviluppato una memoria di lavoro maggiore che implica prestazioni migliori nei ambienti con più distrattori rispetto ad ambiti in cui ci si debba focalizzare su un solo compito.

Un ulteriore filone di studi sta prendendo in considerazione gli effetti della combinazione di compiti motori e compiti cognitivi, ovvero un multitasking che coinvolga due tipologie differenti di attività (per l’appunto motorie e cognitive). In una ricerca condotta su persone anziane che dovevano completare compiti cognitivi mentre pedalavano su una cyclette è stato osservato un rilevante miglioramento nella velocità della pedalata senza che ciò andasse a discapito della prestazione ai compiti cognitivi. Lo studio ha coinvolto 28 pazienti con malattia di Parkinson e 20 anziani in salute che hanno dovuto completare 12 compiti cognitivi in due diverse situazioni: mentre erano seduti in una stanza tranquilla e mentre pedalavano. La difficoltà dei compiti che dovevano svolgere andava dalla semplice richiesta di pronunciare la parola “go” nel momento in cui era presentata una stella blu fino al compito più difficile in cui dovevano ripetere una lista sempre più lunga di numeri in ordine inverso rispetto a quello in cui erano stati presentati. Nel frattempo un sistema di rilevazione del movimento registrava la velocità della pedalata. È stato quindi osservato che la velocità di pedalata dei partecipanti aumentava all’incirca del 25 percento mentre eseguivano semplici compiti cognitivi, con il miglior aumento durante i primi 6 compiti più semplici, mentre poi rallentava man mano che i compiti diventavano più difficili. Nello specifico il compito più difficile riportava i partecipanti alla velocità cui pedalavano prima di iniziare i compiti cognitivi.

La ragione dell’effetto facilitante del multitasking probabilmente coinvolge numerosi fattori che dovranno essere approfonditi in futuro, tuttavia il gruppo di ricerca ha ipotizzato come probabile spiegazione l’interazione degli effetti dei meccanismi di arousal cognitivo e fisiologico. La conseguenza a livello cerebrale è un rilascio di dopamina, norepinefrina ed epinefrina che migliorano la velocità e l’efficienza del cervello, in particolare nei lobi frontali. Questi effetti aumentano la disponibilità di risorse cognitive supplementari che facilitano la performance sia nei compiti motori che in quelli cognitivi con effetto di rinforzo reciproco. Di conseguenza quando l’aumento di risorse attentive dovuto all’attività motoria e cognitiva si incontra con la domanda combinata dei due compiti la performance può essere mantenuta senza alcun costo in entrambi. Il costo per il doppio compito si manifesta solo quando l’arousal addizionale non fornisce risorse sufficienti, viceversa quando la domanda è minore di quella prevista possiamo avere un vantaggio nei due compiti, esattamente come è stato rilevato. I risultati ottenuti dallo studio in oggetto suggeriscono quindi la possibilità di combinare attività cognitive semplici ed attività motoria per massimizzare gli effetti di miglioramento in entrambe.

Conclusioni

In conclusione, dunque, gli studi e le ricerche sul multitasking ci lasciano aperti a diverse interpretazioni di questo fenomeno, nella cui valutazione non possiamo trascurare un’adeguata considerazione anche dei fattori socio-culturali.

Nonostante sia largamente dimostrato dalla ricerca scientifica che l’essere umano possiede risorse attentive limitate e che occuparsi di due o più compiti simultaneamente può compromettere la qualità della prestazione, il multitasking viene oggigiorno considerato un modo efficace di approcciarsi ai molteplici compiti a cui l’individuo viene sottoposto quotidianamente.

Non è ancora possibile stabilire con certezza se l’efficacia del multitasking sia un mito da sfatare o meno. È presumibile che questa modalità di lavoro abbia effetti altamente dannosi quando tutti i compiti richiedono la stessa quantità di attenzione e che invece la prestazione non risenta di alcun effetto negativo se i compiti secondari sono meno impegnativi rispetto al compito principale. Sarà dunque opportuno proseguire con la ricerca al fine di stabilire gli effetti del multitasking e come essi varino a seconda delle condizioni prese in esame.

 

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