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Memoria Prospettica

La memoria prospettica fa riferimento ai processi e alle abilità implicate nel ricordo di intenzioni che devono essere realizzate nel futuro.

La memoria prospettica fa riferimento ai processi e alle abilità implicate nel ricordo di intenzioni che devono essere realizzate nel futuro.

Con il termine memoria prospettica si intende il ricordarsi di portare a termine quelle intenzioni che, per diverse ragioni, non possono essere realizzate nel momento stesso in cui vengono formulate, ma devono essere rimandate ad un momento successivo (Meacham e Singer, 1977).

Si tratta di una abilità che tutti noi utilizziamo quotidianamente; ricordarsi di partecipare ad una riunione, di comprare le batterie per la sveglia, di seguire una trasmissione televisiva alle nove di sera, di fare una telefonata tra venti minuti sono tutti esempi di compiti di memoria prospettica.

La memoria prospettica rappresenta un fenomeno multidimensionale, perché gli eventi mentali che entrano in gioco sono qualitativamente diversi: cognitivi, emotivi e motivazionali.

In termini generali nel processo prospettico si distinguono almeno cinque fasi (Ellis 1996):

  • 1) formazione dell’intenzione;
  • 2) intervallo di ritenzione;
  • 3) intervallo di prestazione;
  • 4) esecuzione dell’azione intenzionale;
  • 5) valutazione del risultato.

La prima fase fa riferimento alla codifica del contenuto dell’azione futura (il cosa), dell’intenzione (la decisione di fare qualcosa) e del contesto di recupero (il quando, cioè il momento giusto per eseguire l’azione). Ad esempio supponiamo che la nostra azione sia quella di voler chiamare l’amico Marco alle ore 18. Nel nostro esempio questa fase corrisponde al momento in cui decidiamo che alle 18 chiameremo Marco.

La seconda fase fa riferimento all’intervallo tra il momento della codifica dell’intenzione e l’inizio dell’intervallo potenziale di prestazione; questi intervalli possono variare notevolmente, sia nella durata (possono durare da pochi minuti a diverse ore o giorni) sia nel contenuto. Durante l’intervallo di tempo che separa la formulazione dell’intenzione dalla sua esecuzione (fase di delay), generalmente il soggetto è coinvolto in altre attività che assorbono le risorse cognitive di chi deve realizzare l’intenzione precedentemente pianificata. Questa fase comprende tutte le attività (ad es: studiare, lavorare, chiamare altri amici ecc) che noi svolgiamo tra il momento in cui decidiamo di chiamare Marco e il momento in cui recuperiamo la nostra intenzione.

La terza fase si riferisce all’intervallo di prestazione, cioè al periodo di tempo durante il quale l’intenzione deve essere recuperata. Di solito, il recupero dell’informazione è collegato a una situazione ben precisa e i fattori che influiscono sulla probabilità che un’azione futura venga ricordata con successo sono diversi.

Per prima cosa, è necessaria una corrispondenza tra un contesto di recupero già codificato e la situazione attuale (quello che in inglese viene definito con il termine matching). Affinché una data situazione sia riconosciuta come familiare e legata a qualche esperienza precedente, è sufficiente una sovrapposizione delle caratteristiche codificate con quelle percepite (Mandler, 1980).

Ma perché si recuperi il contenuto dell’intenzione e si svolga correttamente l’azione non basta la sensazione di familiarità generata dall’apparizione dell’evento-target, ma è necessario anche ricordarsi cosa fare esattamente. Quindi è necessario che venga riattivata la componente prospettica, e che l’attenzione si sposti dall’attività che stiamo svolgendo al compito prospettico. Nel nostro esempio questa fase corrisponde all’interruzione dell’attività che stiamo svolgendo intorno alle ore 18 (ad esempio: studio o lavoro) e recupero di ciò che ci eravamo prefissati di fare, ovvero chiamare Marco. Se una sola fase di questo processo viene “saltata”, si va incontro al parziale o totale fallimento prospettico: “ricordo che dovevo fare qualcosa alle 18, ma non ricordo cosa” oppure “ricordo che devo chiamare Marco ma non ricordo l’ora”.

La quarta fase riguarda la realizzazione dell’intenzione, che si ha solo se si inizia ad eseguire l’azione. L’esecuzione dell’azione intenzionale implica non solo che il soggetto ricordi che qualcosa deve essere fatto in un determinato momento e in cosa consiste questo qualcosa, ma che decida di eseguire l’azione. Nel nostro esempio questa fase consiste nell’effettiva esecuzione della telefonata a Marco.

Infine si valuta il risultato confrontando il contenuto retrospettivo (fase 5).

Una cattiva prestazione prospettica però può derivare da altri fattori, come ad esempio la mancanza di abilità o di conoscenze necessarie per affrontare la prestazione; inoltre, possono intervenire degli eventi che interrompono l’azione in corso e allora è necessario ristabilire oppure ripianificare l’azione iniziale attraverso una nuova codifica. Può capitare infatti di avere un imprevisto che ci obbliga a modificare la nostra organizzazione e in questo caso a rimandare la telefonata all’amico.

A cura di Alice Mannarino. 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Mandler, G. (1980). Recognition: The Judgment of Previous Occurrence, Psychological Review, 87, 252-271.
  • Meacham, J.A., Singer, J. (1977). Incentive effects in prospective remembering, The Journal of Psychology, 97, 191-197.
  • Ellis, J.A. (1996). Prospective memory or the realization of delayed intentions: A conceptual, framework for research. In M. Brandimonte, G.O. Einstein, M.A. McDaniel (a cura di), Prospective memory: Theory and applications, 1-21
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