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L’isola dell’abbandono (2019) di Chiara Gamberale – Recensione del libro

L'isola dell'abbandono di Chiara Gamberale è un romanzo che parla di abbandono: sia come perdita che come lasciarsi andare al cambiamento

Di Laura Lambertucci

Pubblicato il 05 Giu. 2019

L’isola dell’abbandono è l’ultimo libro della scrittrice Chiara Gamberale che, come già nel precedente Per dieci minuti, torna a parlare di quando gli eventi della vita irrompono e pongono di fronte a un bivio: restare fermi nelle proprie convinzioni, abitudini, zone di comfort, oppure aprirci alla possibilità di cambiare, sviluppando potenziali che non eravamo consapevoli di possedere.

 

L’importante è che adesso – proprio adesso – lei sappia che ci sono labirinti dove, per uscire, dobbiamo mollare il filo che avevamo in mano, invece di tenerlo stretto.

L’isola dell’abbandono: mito e abbandono

Il mito greco di Arianna e Teseo, sfondo del libro, offre un’interessante metafora dell’abbandono, uno degli eventi più dolorosi che possono capitare nella vita.

Narra il mito che Teseo, uscito dal labirinto di Creta grazie ad Arianna, non rispettò la promessa di portarla ad Atene per sposarla, bensì l’abbandonò sull’isola di Naxos, da cui origina l’espressione “essere piantati in asso”. Da lì, il mito si sviluppa in molteplici varianti, di cui due versioni appaiono particolarmente interessanti: in una variante, il dio Dioniso per consolarla dona ad Arianna una corona e la rende immortale trasformandola in una costellazione (la Corona Boreale), che diventa una sorta di simbolo perenne dell’abbandono subito; in un’altra versione invece Dioniso, giunto sull’isola e innamoratosi di Arianna, la sposa e la fa diventare una dea e il diadema d’oro ricevuto come dono di nozze, lanciato in cielo, diventa costellazione.

Queste due varianti del mito sembrano rappresentare i due possibili modi di reagire all’abbandono: rimanere congelati nel dolore dell’abbandono, facendo in modo che la paura di esso continui a condizionare le nostre scelte, oppure elaborare quel dolore e imparare a gestire quella paura, aprendoci così a nuove opportunità.

L’isola dell’abbandono e la paura dell’abbandono: le origini

La protagonista del libro della Gamberale si chiama proprio Arianna ed è un’illustratrice di favole e fumetti per bambini. La paura più grande di Arianna è quella di perdere le persone che ama, paura che potremmo definire normale, se non fosse che in lei assume proporzioni tali da crearle uno stato di ansia perenne, condizionandone le scelte di vita.

Dai pochi cenni al passato di Arianna, si deduce che il padre ha lasciato la madre venticinque anni prima e, da lì, la madre ha manifestato lo stesso stato patologico di ansia, trasmesso poi alla figlia.

E’ attraverso due suoi personaggi, “l’elefantino Naso” e “la bambina con gli occhi verde alieno” del suo fumetto “Naso torna sempre”, che Arianna ci permette di comprendere meglio questa sua paura: la “bambina con gli occhi verde alieno” è felicissima quando riceve in regalo dal suo papà l’elefantino peluche Naso, ma quest’ultimo finisce per sparire continuamente; ogni volta che questo accade, disperazione e febbre a quaranta assalgono la bambina. Il papà, per farla guarire, le compra ogni volta un peluche identico che di nuovo scompare, riattivando lo stesso susseguirsi di eventi in un interminabile ciclo di abbandono-ricongiungimento-abbandono.

La bambina è

talmente paralizzata dall’idea di venire abbandonata da scegliere un amico capace di fare solo quello (…) perché se avesse scelto un amico fidato, uno che non scappava mai, allora sì che l’abbandono avrebbe potuto essere davvero tremendo. Mentre così, alla fine, pareva un gioco.

L’isola dell’abbandono a Naxos

Arianna, come “la bambina con gli occhi verde alieno” col suo peluche, sceglie come suo primo grande amore Stefano, un uomo incapace di essere presente e dall’umore labile, a cui fa più da madre che da compagna.

Del resto Arianna, fin dai tempi in cui faceva la baby sitter, assorbiva dentro di sé le difficoltà dei bambini a cui badava –

si immergeva tutta in quella innocenza, per aiutarla a proteggersi dal mondo e da se stessa, …

– così come si rifugia oggi nei suoi disegni e nella relazione con Stefano, “il compagno di giochi ideale”.

Arianna e Stefano si incontrano in un reciproco bisogno, che li incastra in una disfunzionale dinamica relazionale: da una parte, Stefano ha bisogno di Arianna per uscire dal labirinto della sua mente, dall’altra Arianna ha bisogno di legarsi a qualcuno che è incapace di essere presente, cosa che, pur facendola soffrire, le è pur sempre familiare e confortevole. La relazione tra Arianna e Stefano si trascina così per sette anni tra continui alti e bassi, in un’alternanza di momenti sfavillanti e ripetuti abbandoni da parte di Stefano, fino all’ultimo, quello più straziante: sull’isola di Naxos, dove erano andati in vacanza, Stefano “la pianta in asso” e scappa a Londra con una ragazza inglese conosciuta sul posto.

L’isola dell’abbandono e oltre

L’abbandono di Stefano a Naxos, che produce una grande sofferenza in Arianna, si tramuta tuttavia in un’occasione di svolta allorché, proprio in quell’isola, incontra di lì a poco Di (il Dioniso del mito), un uomo che invece è disposto ad esserci e ad amarla in modo autentico (“Che cosa significa amare? Significa esserci …”)

Di, in un dialogo con Arianna, usando le metafore di “Papà Trauma” e “Mamma Ossessione”, le spiega come gli eventi dolorosi che ci capitano non debbano diventare giustificazione per chiuderci e proteggerci da ogni altro dolore perché, così facendo, si rischia di proteggersi anche da quello che di bello ci può capitare e che in fondo desideriamo.

Purtroppo il palesarsi improvviso, dopo pochi mesi, dell’evento maggiormente temuto da Arianna, la tragica morte di Stefano in un incidente, non le permettono di far proprie dentro di sé le parole di Di e di continuare a vivere con lui quel rapporto fatto di presenza.

Arianna lascia Naxos e, con essa, Di e rientra a Roma dove, sentendosi disgregata in pezzi, si fa ricoverare in una clinica dove viene presa in cura dallo psichiatra e psicoterapeuta di Stefano, Damiano. Quello che, all’inizio, è solo un rapporto terapeutico diventa qualche mese dopo una relazione a cui Arianna si aggrappa e da cui nascerà un bambino, Emanuele. Damiano è un uomo che può esserci solo a metà, invischiato nel rapporto con la moglie e che, inoltre, sembra usare le conoscenze della mente di Arianna per far leva sulle sue fragilità (non a caso, uno dei significati del nome Damiano è “colui che domina”).

L’isola dell’abbandono: ritorno a Naxos

La nascita del figlio Emanuele è un evento che Arianna all’inizio vive come totalizzante e che rischia di farla rifugiare e annullare nella cura di un altro, come era già successo con Stefano. Ma l’incontro con Lidia, mamma in attesa conosciuta ad una seduta di gruppo di genitori single (e protagonista del libro Adesso della Gamberale), le dà un’occasione di potente insight:

… se non trasformeremo i nostri figli nella scusa per perdere definitivamente il contatto con quello che davvero siamo, anche se è scomodo, soprattutto se è scomodo, io penso che quando un giorno loro ci chiederanno: che cosa è successo, mamma?, come mai qui, nella mia testa, è tutto per aria? (…), be’: almeno una risposta da noi ce l’avranno (…) E magari a loro volta, quando cresceranno, sapranno che cosa vogliono, lo sapranno chiedere, sapranno dire qui mi fa male, oppure scusa, saranno liberi di dire ti amo anch’io, non ti amo più, (…).

Le parole di Lidia la invitano a ricostruire la propria identità e a trovare da sola la strada per capire quello che davvero vuole. Arianna così decide di tornare dopo dieci anni a Naxos, dove tutto le sembra finito e, allo stesso tempo, iniziato.

Il nuovo incontro con Di, oltre ad essere un momento di bilancio di vita, è anche l’incontro con il processo di cambiamento che era iniziato e subito stroncato dalla notizia della morte di Stefano. È il momento di far ripartire quel cambiamento, iniziando dal recupero del ricordo di quell’esperienza positiva vissuta con Di, che Arianna non aveva nemmeno riportato nelle lettere scritte a suo figlio prima della nascita, come se quel pezzo di vita, in cui “le è sfuggito il filo di mano”, fosse rimasto blindato dentro di sé. La sfida per Arianna ora è imparare ad abbandonarsi alla vita con fiducia per

avere la sensazione di vivere, perchè, anche se ogni tanto è faticoso, comunque ne vale la pena,

insegnamento da trasmettere anche a suo figlio.

L’isola dell’abbandono è un romanzo sia sull’abbandono come evento doloroso, sia sull’importanza di abbandonarsi alle trasformazioni a cui i grandi eventi (come anche una nascita) ci chiamano, non congelandoci nella paura di perdere il controllo. Nessuno infatti può sfuggire all’abbandono nelle sue varie forme – dall’essere lasciati fino alla perdita di una persona cara – tuttavia, dal dolore dell’abbandono, se lo si accoglie e si decide di viverlo, può scaturire occasione di ripartenza, di rinnovata forza e consapevolezza di sé.

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SCRITTO DA
Laura Lambertucci
Laura Lambertucci

Psicologa clinica, Psicoterapeuta in formazione

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Gamberale, C. (2019). L'isola dell'abbandono. Feltrinelli Editore.
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