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Inconscio non rimosso (2018) di Giuseppe Craparo – Recensione del libro

Inconscio non rimosso di Giuseppe Craparo offre spunti di riflessione su come intendere oggi questo costrutto teorico. L'Autore ne ripercorre la storia e si interroga su quale può esserne l'impiego clinico moderno e sulla possibilità di integrarlo con le recenti scoperte neuroscientifiche

Di Stefania Vinci

Pubblicato il 18 Nov. 2018

Aggiornato il 24 Giu. 2019 13:20

Il costrutto dell’ Inconscio Non Rimosso è un’elaborazione teorica della psicoanalisi che si costituisce, in questo decisivo periodo storico-scientifico, quale fondamentale area di riflessione, elaborazione e integrazione teorico-clinica per le Scienze della Mente.

 

L’inconscio non rimosso è un tema solo accennato da Freud ma poi approfondito da studiosi post freudiani, teorici dell’Attaccamento e dell’Infant Research.

Inconscio non rimosso: storia del costrutto

Gli studiosi hanno convenuto sull’importanza che l’ inconscio non rimosso riveste sia nella comprensione della fenomenologia riferibile alle gravi psicopatologie, sia nella preziosa funzione di riformulazione della Teoria della Mente e dunque della pratica clinica. Giuseppe Craparo, coerentemente ai vari contributi, ha proposto l’ inconscio non rimosso non tanto come un nuovo costrutto teso a soppiantare l’inconscio freudiano, ma come una funzione psichica con sue caratteristiche pre-riflessive e pre-verbali.

Prima di addentrarsi nella discussione dell’ inconscio non rimosso e dunque nelle imprescindibili variazioni prospettiche della valutazione e dell’intervento clinico conseguenti, Craparo ripercorre la complessa panoramica storico-concettuale entro cui esso si inserisce. L’Autore, utilizzando una stilistica essenziale e diretta, puntuale nelle testimonianze teoriche, dispiega il composito quadro delle sue considerazioni attraverso un’equilibrata alternanza di sequenze descrittive, riflessive e dialogiche dalle quali emerge la dialettica, per alcuni ritenuta inconciliabile, tra lo sguardo clinico e quello di ricercatore.

Nella prima parte del libro, si definisce l’inconscio secondo Freud, quale istanza psichica che si contraddistingue per la sua dinamicità. Il termine dinamico, mutuato dalla fisica applicata all’inconscio, va inteso in due modi (Auchinloss, 2015): in rapporto a forze motivazionali latenti e in rapporto alla rimozione che nega l’accesso alla coscienza di rappresentazioni inaccettabili. Craparo ripercorre i numerosi sforzi compiuti, tesi a verificare l’esistenza dell’inconscio al fine di rendere dimostrabile, secondo i canoni della Scienza, ciò che sembrava relegato a un istanza più mistica che scientifica. Per i neopositivisti l’inconscio era una mera congettura che precede financo la formulazione delle ipotesi (Wittgenstein,1965. p.126). Karl Popper (1934) fu altrettanto critico: riconoscendo come criterio discriminante la Scienza dalla pseudoscienza non la verificabilità (come per i neopositivisti) ma la falsificabilità, ritiene che il limite della teoria psicoanalitica sia il fatto di sostenersi su congetture impossibili da confutare sia sul piano logico che su quello empirico.

L’ Autore riporta dunque le testimonianze degli studiosi che si sono contrapposti a Popper, sostenendo che la scientificità in una teoria dipenda tanto dalla sua attitudine a produrre nuovi modelli esegetici, quanto dalla sua capacità di reinterpretare i modelli antichi in funzione di una esperienza acquisita (Elisabeth Roudinesco, 1999, p.128). Le scienze umane, in particolare, sono tese alla comprensione dei comportamenti umani individuali e collettivi a partire da tre categorie fondamentali: la soggettività, il simbolismo, la significazione (Ib. pag.120). Una posizione questa non dissimile dai sostenitori dell’Ermeneutica per i quali la psicoanalisi non può essere associata alle Scienze Naturali ma alle Scienze Umane proprio in virtù dell’importanza accordata alla soggettività e al significato che l’individuo attribuisce alla sua esperienza e alla realtà. Agli attacchi rispetto alla scientificità della psicoanalisi, gli psicoanalisti, in generale, hanno risposto o sostenendo che essa non è equiparabile alle scienze esatte, svincolandosi dal necessità di operazionalizzazioni che sminuirebbero la complessità della psiche, oppure avvalorando la necessità di rilanciare la psicoanalisi facendola dialogare con discipline considerate scientificamente più accreditate, come ad esempio le Neuroscienze. Erik Kandel sostiene, a tal proposito, che le Neuroscienze rappresentino un’opportunità di rinnovamento sia concettuale che sperimentale.

Inconscio non rimosso e neuroscienze: è possibile un’integrazione?

Il testo Inconscio non rimosso ripercorre infatti i contributi delle Neuroscienze alla comprensione dell’inconscio e la domanda che Craparo pone è se sia utile riferirsi all’inconscio rimosso (a cui dedica la prima parte del libro) oppure sia più utile riformulare l’inconscio rimosso secondo le scoperte neurobiologiche, che lo farebbero coincidere con una memoria procedurale implicita e sostanzialmente non rimossa. Uno dei vettori critici che hanno caratterizzato il lavoro del libro è proprio diretto a comprendere se e in che modo sia possibile attuare l’integrazione delle scoperte neuroscientifiche con i principi della psicoanalisi, conferendole caratteristiche di scientificità che le sono mancate, o se questo non comporti il rischio di ibridazione del campo di indagine, con il conseguente depauperamento della conoscenza in luogo di un suo incremento.

Considerazioni teoriche si intervallano a valutazioni sul lavoro analitico: l’Autore auspica che questo si costituisca non come un mero disvelatore ma proteso alla creazione di un campo psichico che funga da contenitore, affinché si possa fronteggiare il materiale rimosso; in questo l’analista procede nel rispetto di quel punto di “opacità quale elemento costitutivo della soggettività del paziente…” che “non va abolito bensì salvaguardato”. L’opacità rappresenta la dimensione originaria su cui si organizza l’inconscio. E’ possibile verificare l’opacità e l’inconscio? Craparo risponde che l’inconscio è di per sé non verificabile, rappresentando un modo di intendere la realtà psichica, servendosi di un linguaggio specifico attraverso cui rimandare l’idea di un’Origine (una realtà ultima e inconoscibile secondo il linguaggio Bioniano); rispetto a questa non possiamo altro che operare delle deduzioni a partire dall’osservabile. Inconscio, opacità e complesso psichico non delegittimano, però, la possibilità di verificare l’efficacia della psicoanalisi.

Craparo riporta la descrizione sui tre tipi inconscio:

  • Inconscio Cognitivo, relativo ad aspetti legati a processi impliciti di elaborazione delle informazioni mentali
  • Subconscio, riproponendo dunque la teorizzazione di Janet relative alla dissociazione strutturale (disaggregazione)
  • Inconscio Rimosso nella sua natura relazionale e simbolico-verbale.

Le tecniche di Neuroimaging iniziano a consentire un sostanziale supporto all’ individuazione dei substrati neuronali di alcuni processi mentali e pertanto preziosa è anche la parte dello scritto dedicata all’esposizione delle teorie di Le Doux, Schore, Solms e Ansermet & Magistretti. I quadri esplicativi da loro proposti convergono, sostanzialmente, nel delineare la natura affettiva dell’inconscio, collocando l’inconscio rimosso nell’emisfero sinistro più che in quello destro dove, invece, si collocherebbe l’inconscio non rimosso (pre-verbale e pre-riflessivo).

Inconscio non rimosso: la concezione di Craparo

Freud aveva suggerito l’opportunità di estendere l’inconscio a una parte dell’apparato psichico più primitiva dell’inconscio dinamico che sembra essere in relazione con l’esperienza sensoriale associata alla percezione della realtà esterna. Craparo sottolinea il potenziale euristico di tale riflessione, non solo per l’articolarsi della Teoria della Mente ma anche per le conseguenti valutazioni, sul piano clinico, del trattamento delle patologie pre-edipiche. L’inconscio non rimosso disegna un nuovo vertice di osservazione, che intravede la possibilità di trattamento anche per quei pazienti (Borderline e Psicotici) nei quali, non il rimosso e il ritorno del rimosso, ma la compromissione delle capacità di mentalizzazione e di regolazione emotiva rappresentano il fulcro del loro (dis)funzionamento mentale. L’Autore si sofferma, dunque, sui modi di concepire l’inconscio non rimosso da parte di psicoanalisti di assoluto valore del passato e del presente come Jung, Bion, Matte Blanco, Sandler, Atwood, Storolow e De Masi, accomunati dal concettualizzare l’inconscio non rimosso come affettivo, pre-verbale, pre-riflessivo. Come lo interpreta Craparo? Secondo quattro aspetti fondamentali: la sua natura relazionale; la sua natura pre-riflessiva e preverbale; il suo rapporto con l’essere umano come essere parlante (parlessere); il suo rapporto con la rimozione.

Corpo e inconscio non rimosso sono significativamente interrelati, non solo per il precoce sviluppo dell’ inconscio non rimosso ma anche perché è in tale incontro che le esperienze emotive (memorie somatiche) vengono elaborate per poi passare a livelli successivi dell’apparato psichico. La maturazione dell’ inconscio non rimosso è segnata dalle esperienze infantili, in particolare dallo sperimentare una sintonizzazione adeguata da parte del caregiver. In questa prospettiva, il corpo rappresenta uno schermo in cui persistono le tracce dei vissuti sensoriali del soggetto lungo tutto l’arco della vita. Il corpo è biologico, affettivo e simbolico e questi tre modi di intenderlo non sono antinomici ma rappresentano tre lenti da utilizzare sinergicamente nell’osservazione terapeutica perché è in ognuno di essi che il paziente racconterà l’esperienza di sé, della sua realtà relazionale e della relazione terapeutica stessa.

Il mondo affettivo è inoltre regolato dall’attività onirica essendo

il sogno la via regia che conduce sia alla conoscenza dell’inconscio rimosso che dell’inconscio non rimosso.

Quando la regolazione fallisce, stati non rappresentati si veicolano attraverso il corpo, svincolati da una rappresentazione psichica che consente ulteriori elaborazioni attraverso la consapevolezza dello stato di veglia.

Lavoro particolarmente denso di contributi, la seconda parte del libro Inconscio Non Rimosso, rappresenta un ambizioso tentativo di sintesi di un quadro storico-concettuale estremante complesso. Complessità alla quale si aggiunge l’enorme quantità di informazione che la crescita esponenziale della Tecnologia e della Neuroimaging sta aggiungendo al campo ipotetico relativo funzionamento mentale. Riccardo Williams, nell’eccellente prefazione al libro, fa riferimento al rischio di ibridazione, che si corre allorquando ci si trova di fronte ad un cospicuo bagaglio di contenuti, risultante da approcci caratterizzati da svariati livelli di eterogeneità fra loro. Integrare non sempre produce un incremento della conoscenza: può comportare una perdita se si “svende” la peculiarità di un’ottica in ragione di un presunto comune denominatore.

Una visione integrata e non depauperata della conoscenza della mente è possibile? In che modo tradurre questo nel lavoro clinico-terapeutico? Secondo le mie personali riflessioni una possibile procedura per ridurre il rischio di ibridazione si potrebbe individuare in un intimo gioco delle distanze di osservazione da parte dello studioso. In una particolare critica dialettica che riflette e astrae. In terapia si tradurrebbe in una particolare dinamica che prevede un equilibrio tra simmetria e asimmetria della relazione. Questo particolare gioco vettoriale è d’altronde la modalità che caratterizza l’onestà intellettuale di Craparo. Con questo libro egli ha fornito ai lettori un’esposizione preziosa, particolarmente ricca ma non ancora satura, essendo aperta alla sfida che la costruzione di un modello integrato del funzionamento mentale richiede.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Craparo, G. (2018). Inconscio non rimosso. Riflessioni per una nuova prassi clinica. Edizioni Franco Angelif
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