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Non sono un algoritmo. Cosa rivela di noi l’interazione uomo-robot? (2018) di Claudio Lombardo – Recensione del libro

Non sono un algoritmo di Claudio Lombardo esamina la terza generazione di robot, dotata di intelligenza artificiale, e l'interazione tra uomo e robot (HRI)

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 26 Nov. 2018

Non siamo algoritmi. Non lo siamo noi umani, non lo sono i robot. O, almeno, non sono solo quello. E, soprattutto, lo saranno sempre meno..

 

Per definizione un robot è una macchina in grado di svolgere un compito. Può essere o meno antropomorfa e può avere diversi gradi di autonomia rispetto all’uomo. Se inizialmente con i robot di prima generazione si aveva a che fare con macchine in grado solamente di eseguire sequenze prestabilite di operazioni, si è passati poi a quelli cosiddetti di seconda generazione capaci non solo di eseguire ciò per cui erano stati programmati, ma anche di farlo in presenza di fenomeni non previsti a priori, attuando quindi una prima rudimentale forma di problem solving autonomo.

Non sono un algoritmo – i robot di terza generazione

Attualmente siamo nella terza generazione, definita così perché si tratta di robot che possiedono un’intelligenza artificiale, capaci quindi di risolvere nuovi problemi su differenti domini in maniera molto più raffinata e potente. Può trattarsi di compiti che l’uomo non vuole più svolgere, come quelli meccanici e ripetitivi, fino ad arrivare a compiti complessi che l’uomo da solo non può compiere (si pensi alla potenza di calcolo in tempi rapidissimi dei moderni calcolatori).

Le speculazioni sull’interazione uomo robot (HRI) sono sorte di pari passo con la nascita dei primi modelli della cibernetica nella metà del Novecento, quando era già chiaro che lo sviluppo di queste macchine avrebbe posto nuove domande tra gli scienziati, non solo di natura prettamente matematica ma anche filosofica, etica, psicologica. Cosa pensiamo e come reagiamo quando interagiamo con un robot? E quali aspetti vanno sviluppati e come per arrivare a un livello ottimale di interazione?
Questa interazione non può interessare solo l’ algoritmo perché, come tutte le interazioni, è fatta di riconoscimento e riproduzione di emozioni adeguate, sguardo, prossemica, di verbale e non verbale.

Se classicamente la cibernetica e lo studio delle intelligenze artificiali si sono focalizzati sulla modularità e su aspetti oggettivi del comportamento nella sua interazione con l’ambiente, adesso si sottolinea l’importanza di ampliare la ricerca su fattori soggettivi, interni al sistema stesso, nello sviluppo di una teoria della mente nel robot.

La mente come ripartita in moduli e come tale studiata e riprodotta nelle intelligenze artificiali. La cibernetica e i primi studi in questo ambito sono partiti da qui, dallo studio e dallo sviluppo di ‘sezioni’ di intelligenze, tipicamente logico-matematiche, per sviluppare per comparazione modelli del funzionamento cognitivo nell’uomo. E’ stata questa un’esigenza e una prerogativa calata nel contesto culturale dell’epoca e nello sviluppo tecnologico allora disponibile. Ma col passare del tempo e con l’evolversi delle tecnologie i computer si sono sempre più raffinati non solo nell’ambito della potenza di calcolo e della risoluzione di specifici task ma anche in una visione olistica di macchina come robot, come riproduzione del sistema-uomo nella sua interezza. Come Lombardo sottolinea diverse volte, la chiave di lettura che si mostra più efficace è leggere gli sviluppi tecnologici alla luce di cosa caratterizza l’interazione umana e partendo da questo andare a costruire un sistema robotico credibile, che non sia solo cognitivamente potente ma anche in grado di avere qualcosa che si avvicini molto alla coscienza così come noi la intendiamo.

Non sono un algoritmo: l’interazione uomo-robot (HRI)

Perché l’interazione risulti naturale è necessaria la comprensione di qualcosa di più profondo dei pattern delle espressioni facciali o di indici fisiologici alla base di manifestazioni corporee. E’ necessaria una comprensione degli scopi e delle motivazioni delle persone, qualcosa che l’umano coglie mettendo insieme il proprio patrimonio genetico, cognitivo, culturale. E’ necessaria una teoria della mente (ToM).

La ricerca quindi si muoverà nella direzione di uno sviluppo parallelo su diversi piani, andando ad integrare il mentale ed il sociale, il linguaggio e la cultura.

In primis, andrebbe sviluppata una robotica interna. Essa rappresenta la riproduzione dei sistemi interni: così come nell’uomo sistemi interni generano e producono risposte fisiologiche (es. produzione di ormoni) così il robot dovrebbe essere in grado di generare dei propri stati interni. A questa si dovrebbe affiancare una robotica mentale, ovvero la riproduzione della vita mentale interna, tutto ciò che riguarda immagini e rappresentazioni mentali, ricordi, pensieri, sogni, allucinazioni, previsioni, pianificazione a livello consapevole e cosciente, insomma tutto ciò che viene generato ed esperito internamente. Ancora, bisognerebbe creare robot in grado di sviluppare relazioni soddisfacenti con l’ambiente e gli organismi viventi (robotica sociale). La robotica linguistica invece riguarda lo sviluppo di linguaggio e di attribuzione di senso delle parole in relazione al contesto. Infine, la robotica culturale. Essa rappresenta l’altro nell’apprendimento e tutto ciò che si impara nel confronto con gli altri in relazione all’ambiente.

Le nuove tecnologie diverranno presto parte integrante della nostra vita quotidiana. La riflessione sulla teoria della mente (ToM) e su quali aspetti evolutivamente, geneticamente e culturalmente risultano determinanti per una interazione efficace e significativa ci fornisce anche la risposta su come rendere la relazione uomo robot efficace.

Non da ultimo il contributo di Lombardo è anche quello di aver largamente attinto a diversi lavori provenienti da diverse discipline (ingegneria, informatica, scienze sociali e umanistiche), fornendo molti spunti per approfondire specifiche tematiche, mettendo insieme diverse voci che dirige lungo il filo conduttore e l’obiettivo del suo lavoro: ricordarci da dove parte la ricerca nell’ambito dell’interazione uomo robot, dove siamo adesso e cosa ci aspetta in futuro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lombardo, C. (2018). Non sono un algoritmo. Cosa rivela di noi l'interazione uomo-robot?. Casa Editrice Kimerik.
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Un campo emergente denominato Interazione Uomo-Robot (HRI) ci illumina sui meccanismi relazionali rispondendo alle domande più complesse: perché siamo portati a trattare il robot come un nostro simile, provvisto di emozioni e di una mente?

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